L’incontro fra Scholz e Putin: diplomazia e frecciate, ma tutte le opzioni sono ancora sul tavolo

Olaf Scholz e Vladimir Putin a Mosca. Febbraio 2022. Kremlin.ru, CC BY 4.0 , via Wikimedia Commons

L’incontro fra il cancelliere tedesco Olaf Scholz (SPD) e il presidente russo Vladimir Putin, tenutosi martedì a Mosca, è già oggetto di decine di analisi politiche che cercano, con difficoltà, di darne un’interpretazione univoca. Difficile riassumerlo con un giudizio: in questa fase nessun singolo incontro potrà mai essere considerato di per sé un successo. Si è trattato, senza dubbio, di un tango diplomatico giocato su spostamenti millimetrici, fra aperture alle soluzioni diplomatiche per la situazione in Ucraina e messaggi trasversali alla NATO. Scholz e Putin non si sono risparmiati qualche frecciata e qualche formale concessione e i mercati hanno mostrato di gradire, premiando l’incontro con un rafforzamento del rublo e un calo del prezzo del petrolio. Ci si potrebbe spingere fino ad affermare che entrambi i Paesi siano disponibili a disinnescare la crisi o, volendo ridimensionare l’ottimismo, che nessuno dei due Paesi ha fretta di farla detonare. Il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha parlato di “cauto ottimismo” rispetto alla volontà della Russia di cercare una soluzione diplomatica alla crisi.

Parziale ritiro delle truppe russe

Il fatto più significativo accaduto martedì al di fuori della stanza con il grande tavolo di marmo, nella quale si sono incontrati Scholz e Putin, è stato il ritiro di alcuni carri armati russi dal confine ucraino. Il video che mostra i cingolati caricati sui treni è stato diffuso dal ministero della difesa russo, smentendo l’ipotesi, fatta circolare dai servizi segreti americani, che l’invasione dell’Ucraina fosse prevista per martedì o mercoledì. La portavoce del Cremlino Maria Zakharova ha definito il ritiro delle truppe russe la prova che il fantasma della guerra non era che “propaganda” occidentale. Inoltre, sempre dal Cremlino, arriva la precisazione che il ritiro delle truppe è parte della normale procedura prevista alla fine delle esercitazioni ed era stato abbondantemente annunciato fin dall’inizio. Il ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba ha comunque affermato che un’escalation del conflitto è già stata evitata.


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Intanto, sul tavolo delle trattative, restano ancora praticamente tutte le opzioni e tutti i temi più caldi affrontati nell’incontro fra i due capi di governo. Le questioni dell’eventuale adesione dell’Ucraina alla NATO e dello status delle zone dell’Ucraina orientale attualmente controllate da minoranze separatiste filorusse sono fra le più delicate ancora aperte sullo scacchiere internazionale. “Le opzioni diplomatiche” per una risoluzione della crisi, secondo Scholz “sono lungi dall’essere esaurite”.

L’Ucraina e la NATO

Fra gli obiettivi di Mosca c’è senza dubbio quello di impedire un allargamento della NATO verso est. Da questo punto di vista, un’adesione dell’Ucraina al patto atlantico porterebbe la Russia ad avere la NATO ai propri confini, eventualità che Putin vuole scongiurare a tutti i costi e per questo chiede un impegno formale, scritto e vincolante anche per il futuro. Comprensibilmente, questo tipo di ingerenza nella politica di uno Stato sovrano non è una concessione che si possa fare a cuor leggero, poiché spianerebbe la strada a uno spostamento dell’Ucraina sotto l’influenza russa – influenza che è già dominante nelle autoproclamate (ma non ancora riconosciute) repubbliche indipendenti di Donetsk e Luhansk, nella parte orientale del Paese. In questi giorni, a Mosca si è parlato della possibilità di riconoscere formalmente queste due zone come repubbliche popolari, ipotesi che Jens Stoltenberg ha definito una “palese violazione” della sovranità e del territorio ucraino. Il rappresentante degli affari esteri dell’UE, Josep Borrell, sottolinea che, con un tale riconoscimento, la Russia violerebbe gli accordi di Minsk.

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Vladimir Putin. Kremlin.ru, CC BY 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/4.0>, via Wikimedia Commons

Il gasdotto Nord Stream 2

Olaf Scholz ha finalmente nominato il gasdotto Nord Stream 2, che è però rimasto al margine degli argomenti trattati durante la riunione. Putin ha cantato le lodi dell’ex cancelliere dell’SPD Gerhard Schröder e ha detto che grazie a lui la Germania potrà avere accesso a gas naturale molto più economico rispetto alle altre fonti di approvvigionamento e che per questo i consumatori e gli imprenditori tedeschi dovrebbero rallegrarsi. Scholz ha risposto brevemente dicendo che “Nord Stream 2 è un progetto del settore privato” e precisando che Schröder è un privato cittadino che non parla a nome del proprio Paese, mentre il futuro delle relazioni fra Russia e Germania sarà influenzato dalle decisioni internazionali che potrebbero includere sanzioni contro la Russia. In questo senso, il cancelliere si è espresso quasi con le stesse parole utilizzate a durante il suo incontro con il presidente ucraino Volodymyr Selenskyj a Kiev, confermando la tendenza a non mostrare mai le proprie carte e a non entrare nel dettaglio in contesti pubblici. Una diplomazia attuata più che spiegata, che per il momento divide l’opinione pubblica fra chi ne apprezza l’equilibrio e chi ne lamenta le poche prese di posizione.


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Deutsche Welle e RT DE: Scholz e Putin entrambi ottimisti

Le recenti tensioni fra Germania e Russia per il rispettivo oscuramento delle emittenti Deutsche Welle in Russia e Russia Today in Germania sono state affrontate in toni pacati da Scholz e Putin. Entrambi i leader hanno comunicato pubblicamente che è in corso un negoziato riservato per risolvere la questione e fare in modo che entrambe le emittenti possano tornare a trasmettere. In un primo momento, non era previsto che i giornalisti di Deutsche Welle accompagnassero Scholz a Mosca, ma poi, secondo quanto riportato dal Tagesspiegel, al giornalista dell’emittente tedesca è stato permesso di presenziare alla conferenza stampa e di porre la prima domanda, che è stata diretta a Putin: “Ci sarà la guerra in Europa?”. Putin, sul tema della guerra, si è espresso in modo ambiguo, accomunandosi a Scholz come parte di una generazione che trova “inconcepibile” la guerra in Europa, ma cogliendo l’occasione per accusare la NATO di averne scatenata una con l’intervento in Jugoslavia. Alla risposta di Scholz che motivava tale intervento con l’interesse a prevenire un genocidio, Putin ha risposto che anche quello che sta avvenendo nel Donbas (la regione di Donetsk e Luhansk) è un genocidio. Scholz non ha risposto a questa osservazione, salvo poi confutarla in una dichiarazione successiva, dopo aver lasciato il Cremlino.


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Le critiche e le frecciate

Scholz ci ha tenuto a far sapere, dopo l’incontro, che nessun argomento è stato tralasciato. Con questo si intende che oltre alle questioni più pressanti, sono stati menzionati anche altri punti critici delle scelte del Cremlino, come l’imprigionamento dell’oppositore del Cremlino Alexei Nawalny, che Scholz ha criticato, e la repressione dell’organizzazione russa per i diritti umani Memorial. Il cancelliere non si è risparmiato neanche una frecciata al presidente russo e alla sua scarsa propensione a rinunciare alla poltrona. Parlando della questione del possibile ingresso dell’Ucraina nella NATO o di un veto in tal senso, Scholz ha detto che al momento, fra i Paesi dell’alleanza atlantica, la questione “Non è all’ordine del giorno” e che “Non è un problema che probabilmente affronteremo di nuovo nei nostri uffici, finché resteremo in carica” e ha poi aggiunto “Non so ora quanto tempo il presidente pensi di rimanere in carica. In ogni caso, ho la sensazione che [il suo mandato] potrebbe durare più a lungo, ma non per sempre”.

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