Germania, ergastolo per genocidio: ex membro dell’Isis sviene durante la sentenza

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Condannato per infanticidio, genocidio e crimini contro l’umanità, sviene in aula quando apprende di essere stato condannato all’ergastolo. È successo a Taha A.-J, 29 anni, ex membro dell’Isis, responsabile, tra le altre cose, di aver causato la morte una bambina di appena cinque anni. La sentenza è stata emessa martedì, dalla corte d’appello del tribunale di Francoforte.

Condannata anche la moglie dell’imputato, Jennifer W.

Lo scorso ottobre, anche l’ex moglie tedesca dell’uomo, Jennifer W, ha ricevuto una condanna a dieci anni, ma dal tribunale di Monaco.
Nel 2014 era fuggita in Iraq, per sposare l’imputato e, al tempo stesso, la causa dell’Isis. Era tornata in Germania in avanzato stato di gravidanza e nel 2018 aveva cercato di scappare con la figlia, nata nel frattempo, per unirsi nuovamente alla causa. Si era fidata di un presunto “compagno di fede”, che in realtà era un informatore della polizia e che da lei ha raccolto informazioni divenute in seguito prove schiaccianti.


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Ergastolo per infanticidio e genocidio: sviene in aula

Durante la lettura del dispositivo della sentenza, l’imputato, arrestato in Grecia nel 2019 e quindi estradato in Germania, ha avuto un mancamento e per questo la procedura ha subito un’interruzione. Nella valutazione delle colpe dell’uomo ha avuto molto peso la tragica morte di una bambina, Rania.

A Fallujah, in Iraq, l’uomo aveva infatti preso in casa, come schiave, una donna yazida e sua figlia, già vendute più volte da membri dell’Isis a partire dall’agosto 2014. Le due erano state sfruttate e malmenate per tutto il tempo in cui avevano vissuto con l’imputato e  sua moglie. Poi, nell’estate del 2015, la tragedia nella tragedia.

Come punizione per aver bagnato il letto, la piccola Rania, che aveva cinque anni, era stata legata dall’imputato all’inferriata di una finestra e lasciata in cortile per ore, sotto il torrido sole di mezzogiorno. In quella stagione e in quel luogo, la temperatura è in grado di raggiungere i 50 gradi. La bambina era morta di disidratazione e di sete sotto gli occhi della madre disperata, che nel frattempo veniva minacciata da Jennifer W..

La madre della piccola Rania, Nora T., ha testimoniato contro l’imputato durante il processo. Anche Jennifer W. ha fatto lo stesso, descrivendo il suo ex marito come un violento. Questo tuttavia non le ha impedito di essere condannata, sia per non aver fatto nulla per aiutare la bambina agonizzante, sia per aver condiviso con il marito uno stile di vita criminale.

Questo è il primo processo in cui un membro dell’Isis risponde del genocidio degli yazidi

Questo processo è il primo al mondo ad aver visto un membro dell’Isis condannato per il genocidio commesso ai danni degli yazidi. Lo ha sottolineato anche il presidente della corte, Christoph Koller.

La comunità yazida è stata a lungo perseguitata e trucidata dall’Isis e gli autori di questo sistemico sterminio stanno cominciando a pagare davanti alla legge e non solo di fronte all’opinione pubblica mondiale. Precedente importante, in primis sul piano giuridico, ma anche su quello del riconoscimento internazionale.

(Fonte: dw, Tagesschau)

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