La storia nera di Rummelsburg: il carcere e l’orfanotrofio che ospitarono l’orrore

Rummelsburg
Foto di Stefano Comi

Contributo e fotografie a cura di Stefano Comi (Sito ufficiale, Pagina Facebook)

La ex prigione e orfanotrofio di Rummelsburg non si trovano su nessuna guida turistica di Berlino e spesso nemmeno sulle guide a luoghi alternativi, eppure è questa una delle facce più terribili del terrore e dell’arbitrio delle due dittature che a breve distanza di tempo si impadronirono della nazione tedesca.

Rummelsburg
Foto di Stefano Comi

Il carcere e l’orfanotrofio di Rummelsburg: la gabbia per gli “ultimi” di Berlino

La storia di questo insediamento lontano dagli occhi indiscreti della città, inizia alla fine del diciannovesimo secolo, quando le autorità ritengono necessaria la costruzione di un nuovo complesso che ospiti da una parte i numerosi bambini orfani e abbandonati a se stessi, letteralmente “catturati” nelle vie di Berlino da alcune squadre speciali di militari e, dall’altra, delinquenti comuni, prostitute, senzatetto, mendicanti, vagabondi e “fannulloni”, ma anche malati cronici. Nasce così un villaggio di diciannove edifici in mattoni rossi dove le suddette categorie vengono “rieducate” e riabilitate alla vita sociale con un percorso che dura, nella regola, due anni.

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Foto di Stefano Comi

In realtà le condizioni di vita all’interno sia del carcere che dell’orfanotrofio, perennemente affollati oltre le capacità di ricezione, sono quelle di un rigido inquadramento fatto di regole disciplinari severissime. Solo durante il periodo della Repubblica di Weimar, le condizioni miglioreranno e la densità della popolazione fra le mura alte otto metri diminuirà al punto da renderne sopportabile il soggiorno. Sarà purtroppo una pausa di breve durata.


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Rummelsburg
Foto di Stefano Comi

L’inizio di Aktion T4

Arrivati al potere i nazionalsocialisti, qui si aprono le porte all’orrore. La sistematica persecuzione delle minoranze, la facilità con cui persone con disabilità vengono definite superflue e parassiti, il disprezzo per i senzatetto, tornano a riempire gli edifici, ad inasprire le regole e l’arbitrio. Il periodo di soggiorno si allunga notevolmente, i prigionieri sono costretti ai lavori forzati, vengono aperti reparti separati per ebrei e omosessuali. Anche se la condizione dei reclusi non è stata ancora sufficientemente studiata con ricerche approfondite, sicuramente venne praticata la sterilizzazione dei soggetti ritenuti portatori di anomalie genetiche e è invece accertato che i soggetti ritenuti particolarmente asociali siano stati inclusi nel cosiddetto piano T4 (Eutanasia).

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Foto di Stefano Comi

Lo ha testimoniato nel 1946 un’impiegata amministrativa, testimonianza confermata dal ritrovamento di un documento con la perizia sommaria di 314 prigionieri destinati alla morte. A guerra finita, nelle celle in parte danneggiate dai bombardamenti alleati, si trovavano ancora 280 prigionieri e gli edifici ormai vuoti vennero utilizzati per ospitare gli esuli dai territori orientali in condizioni igieniche e sanitarie del tutto insufficienti. La quota di mortalità a causa delle cure approssimate era altissima.

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Il carcere dell’est

Con il passaggio dell’autorità alla nascente Repubblica Popolare Tedesca (DDR), il luogo sarà trasformato in carcere maschile senza alcuna differenziazione fra internati tedeschi, stranieri, comuni e politici, dal momento che nei tribunali del socialismo reale il dissenso era giudicato un reato comune, al pari del furto e della rapina. Di qui sono passatie decine di migliaia di persone, spesso, nel caso dei “politici”, dopo processi sommari con capi d’accusa del tutto indebiti, nelle celle con una capacità di 900 ospiti, sono stati periodicamente rinchiusi fino a 2.500 carcerati. La disciplina militare, l’arbitrio, l’umiliazione della dignità personale sono state sapientemente e metodicamente usate per reprimere ogni possibile velleità di contestazione e di opposizione. Le pessime condizioni igieniche e sanitarie, l’approvvigionamento insufficiente di generi alimentari, i lavori forzati in condizione di nessuna sicurezza trasformavano la già precaria situazione di sopravvivenza in un inferno.

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Foto di Stefano Comi

Sopra tutto il sistema carcerario vigilava discretamente la STASI. Immediatamente dopo la riunificazione delle due Germanie, nel mese di ottobre del 1990, Rummelsburg venne definitivamente chiuso. Dopo un periodo di abbandono, gli edifici rimasti sono stati ristrutturati e in parte utilizzati come memoriale, in parte trasformati in abitazioni. Fra le vie del nuovo quartiere sono disseminate steli in acciaio con la testimonianza di alcuni degli ultimi carcerati e dettagliate informazioni storiche.

Rummelsburg
Foto di Stefano Comi

Come arrivare a Rummelsburg: Tram 21, fermata Kosanke-Siedlung.
In automobile digitare sul navigatore: Hauptstraße 8, 10317 Berlin. Parcheggi gratuiti all’interno del quartiere. A conclusione della visita consiglio una passeggiata lungo l’argine della Sprea.

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