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Sgomberata Lützerath, diversi feriti. Greta Thunberg agli attivisti: “la lotta non è finita”

Cannoni ad acqua, manganelli, spray al peperoncino. Lo sgombero di Lützerath è riuscito e non ci sono mai stati dubbi sul fatto che l’esito sarebbe stato questo. D’altra parte i mezzi delle forze dell’ordine di diversi Länder erano destinati a prevalere su manifestanti, per quanto numerosi, la cui principale tecnica di resistenza consisteva nell’arroccarsi in luoghi difficili da raggiungere, ma, una volta raggiunti, farsi trascinare via di peso senza muovere un muscolo. Non che non ci siano stati scontri anche violenti e lanci di pietre e petardi, ma lo squilibrio di forze è talmente palese che nessuno ha davvero mai pensato che i manifestanti avessero alcuna possibilità di farsi valere con la forza.

Lützerath
Agenti di polizia portano via un manifestante in tuta bianca.
(CC BY-SA) Lützerath Lebt 230110-10
Artist – @LuetziBleibt
License: https://creativecommons.org/licenses/by/2.0/

E se il capo della polizia di Aquisgrana Dirk Weinspach si è dichiarato “sconvolto” non è per la violenza dei manifestanti, ma per il fatto che molti di loro, dopo aver partecipato al raduno e nell’impossibilità di accedere al villaggio ormai recintato, si siano avvicinati alla cava, fino ad arrivare sul bordo del pendio, mettendosi in serio pericolo. Perché se è già sconsigliabile stazionare insieme a una folla di migliaia di persone sul ciglio di un pendio ripido, il rischio aumenta esponenzialmente quando questo avviene sotto una pioggia torrenziale che, nel corso di giorni, ha trasformato il terreno in fango scivoloso. A voler spendere del tempo per cercare paralleli poetici, si potrebbe soffermarsi a notare come, solitamente, siano gli attivisti per il clima a indicare alle istituzioni e alla società un pericolo che queste ultime sembrano non vedere, in prossimità di una cava di lignite.

Lützerath Luetzerath
Foto: David Block
License: https://creativecommons.org/licenses/by/2.0/

Greta Thunberg alla manifestazione di Keyenberg: “non ci arrendiamo”

Eppure “Il carbone è ancora nel terreno, noi siamo ancora qui, Lützerath è ancora lì”. Lo ha detto sabato Greta Thunberg, che ha partecipato alla manifestazione di Keyenberg, a quattro chilometri da Lützterath. “Finché il carbone è ancora nel terreno, la lotta non è finita” ha aggiunto. “Non abbiamo in programma di arrenderci. What happens in Lützerath doesn’t stay in Lützerath”.

E in effetti le conseguenze di quanto avvenuto a Lützerath stanno diventando palesi. Non si tratta solo della miniera a cielo aperto dalla quale l’azienda RWE potrà iniziare a estrarre lignite, ma di un terremoto politico che coinvolge tutti i partiti della coalizione di governo in Germania. “I Verdi sono in disgrazia fino al midollo” ha dichiarato allo Spiegel Raphael Thelen, portavoce di Letzte Generation ed ex giornalista dello stesso quotidiano “E anche il resto del governo ora sa qual è il prezzo da pagare per mettersi contro il movimento per il clima”.

Lützerath Luetzerath
Foto: M@rcel.press
https://creativecommons.org/licenses/by/2.0/

Gli attivisti per il clima contro i Verdi: “Lützerath è il simbolo della vostra ipocrisia”

Fin dalle settimane prima delle elezioni, in cui giovanissimi attivisti facevano lo sciopero della fame chiedendo di parlare con i rappresentanti della politica e questi ultimi promettevano loro udienza dopo il voto – promessa naturalmente mai mantenuta – i rapporti fra attivisti per il clima e centro-sinistra tedesco non hanno fatto che deteriorarsi. Già prima della guerra, gruppi come Letzte Generation ed Extinction Rebellion accusavano il governo di non fare abbastanza per gli obiettivi climatici, citando il rifiuto di imporre un limite di velocità federale sulle autostrade e gli scarsi investimenti in mobilità sostenibile ed energie rinnovabili.

Le cose sono però precipitate quando la crisi energetica ha soppiantato tutte le altre priorità e anche i Verdi si sono allineati senza esitazioni alle scelte dei compagni di coalizione, celebrando l’apertura del nuovo terminale GNL e gli accordi con i nuovi partner per l’importazione di gas e garantendo la protezione delle forze dell’ordine, anche con mezzi violenti, a progetti come quello di Lützerath, che è il simbolo di come la Germania sia talmente dipendente dai combustibili fossili da attivarne fonti nuove, invece di dismettere quelle vecchie. Un simbolo sbagliato, lo ha definito Habeck, dimostrando però di non cogliere l’importanza dei simboli, che funzionano non se sono giusti, ma se sono efficaci. E Lützerath lo è.


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E infatti alla sua affermazione di qualche giorno fa ha risposto la portavoce di Fridays For Future Elisa Baş sostenendo che “No, Robert Habeck, Lützerath non è il simbolo sbagliato. È il simbolo della vostra ipocrisia. La giustizia climatica non è la massima della vostra politica”. L’attivista ha inoltre accusato il ministro di “sacrificare Lützerath, le sue promesse elettorali e la sua credibilità”.

Lützerath
(CC BY-SA) Lützerath Lebt 230111-18
https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/

Lo sa bene anche Emilia Fester, deputata dei Verdi che si è presentata alla manifestazione tentando di esprimere solidarietà agli attivisti e sostenendo di voler evitare un’escalation con la polizia, ma ha raccolto aspre critiche da quella che, un tempo, avrebbe potuto essere la sua base elettorale. “Come membro del partito e deputata, non sono mai stata a favore del disastro climatico, della distruzione di Lützerath, ma ho comunque votato a favore dell’accordo con RWE al Bundestag, perché riguardava l’eliminazione anticipata del carbone in Renania. Purtroppo Lützerath non ha mai fatto parte di queste trattative”. Ed è vero. Lützerath non è una decisione recente, ma non è di queste settimane nemmeno lo sforzo dei comitati locali per impedire che il villaggio fosse raso al suolo. I Verdi, semplicemente, hanno avuto altre priorità e si trovano ora in una situazione in cui molti partiti dal grande seguito popolare capitano quando arrivano al governo: le questioni che hanno trascurato e lasciato indietro rischiano di diventare la loro nemesi.

La nemesi, in questo caso, prende la forma dei giovani attivisti trascinati via di peso, di quelli cementati nella strada o barricati nel tunnel sotterraneo, abbarbicati nelle case sugli alberi, presi a manganellate e poi trasportati all’interno dei veicoli che non recano la scritta “Polizei”, ma il logo della RWE. Inevitabile che le istituzioni locali e lo Stato, incarnato in questa sede dalle forze dell’ordine, vengano accusati di essersi messi al servizio di interessi privati – quelli della RWE, appunto – a discapito di quelli pubblici. Perché non c’è contorcimento dialettico che possa presentare il carbone come una fonte di energia alla quale dovremmo pensare in una prospettiva futura.

A Berlino vandalizzata la rappresentanza del Nord Reno-Westfalia in solidarietà con i manifestanti

Di questa stessa opinione dovevano essere anche i due giovani di 22 e 25 anni che sabato, a Berlino, hanno vandalizzato la rappresentanza del Land del Nord Reno-Westfalia (quello dove si trova Lützerath), scrivendo sui vetri dell’edificio “Lützi lebt” (“Lützerath vive”) e “Smash” e rubando una lettera dalla scritta che sovrasta l’ingresso della sede. Gli uffici recavano infatti la scritta “NRW EU”, ma i due ragazzi, che sono stati poi identificati e rubati a piede libero, hanno rubato la “U”, lasciando quindi la scritta “NRW E”: un chiaro riferimento a quello che è percepito come un asservimento del potere del Land a quello dell’azienda che ha acquisito la cava di lignite.

Le conseguenze politiche dello sgombero di Lützerath sono destinate a durare

Che cosa rimane di Lützerath, all’indomani dello sgombero? Rimangono i segni del passaggio di decine di migliaia di persone che sono accorse da tutta la Germania per manifestare. Non rimangono le case, che giovedì erano ancora rifugio di attivisti barricati all’interno e sui tetti e oggi sono già in buona parte rase al suolo. Non rimane molto della credibilità politica dei Verdi presso lo zoccolo duro dell’elettorato che li ha portati al governo. Rimangono propositi di protesta e boicottaggio da parte di tutti i gruppi ambientalisti, che la presenza di leader del movimento come Greta Thunberg e Luisa Neubauer hanno rafforzato, attirando non poca attenzione mediatica anche a livello internazionale.

Rimane infine la questione, sempre più pressante, della veemenza che lo stato usa contro gli attivisti. Nella serata di sabato, sull’account twitter “Lützerath Lebt”, è comparso un thread che riferisce di numerosi feriti gravi in conseguenza dell’azione di polizia, uno dei quali addirittura in pericolo di vita.

Alcuni agenti sono anche accusati di aver continuato a picchiare un ferito che stava già ricevendo cure dai paramedici. Tra le lesioni causate dagli agenti di polizia ci sarebbero numerose fratture, colpi al collo con pugni e manganelli, almeno un morso di cane delle unità cinofile che ha richiesto un trattamento ospedaliero, danni causati dallo spray al peperoncino, contusioni e almeno una persona priva di sensi. Diversi attivisti sono stati portati in ospedale in ambulanza e in elicottero.

In una cornice nella quale gli attivisti non suscitano la furia di automobilisti e pendolari e in cui la contrapposizione di interessi è solo e marcatamente con il profitto di una singola azienda, rischia di essere politicamente difficile per il governo e soprattutto per i Verdi mantenere quella credibilità politica che viene dal contrapporre le istanze idealistiche degli ambientalisti a una Realpolitik che giustifica le conseguenze ambientali di ogni scelta dietro lo spettro della crisi energetica. Se del villaggio entro pochi giorni non resterà più nulla sulla mappa del Nord Reno-Westfalia, le tracce di questo evento sulla politica tedesca sono destinate a rimanere evidenti per molto tempo anche dopo il passaggio delle ruspe su ciò che resta di Lützerath.

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