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Violenza della polizia: 4 morti in due settimane. L’esperto accusa: “errori sistemici”

In Germania si torna a discutere di violenza della polizia, dopo che un sedicenne di Dortmund è stato freddato a colpi di mitra da alcuni agenti. L’adolescente, un minore senegalese rifugiato non accompagnato, che era reduce da un ricovero in una clinica psichiatrica, prima di essere ucciso, avrebbe aggredito i poliziotti con un coltello. Trasportato d’urgenza in ospedale, è morto durante un intervento chirurgico d’urgenza. Per garantire la neutralità, le indagini sul caso sono state assegnate alla polizia di Recklinghausen.

Solo nelle ultime settimane, sono quattro i casi di uccisioni a opera delle forze di polizia sulle quali si concentra il sospetto di un abuso o di una reazione esagerata (come nel caso delle raffiche di mitra in risposta alla minaccia con un coltello). Un ventitreenne è stato freddato da alcuni colpi di pistola esplosi da poliziotti martedì scorso a Francoforte, mentre a Colonia a un quarantatreenne è stato ucciso durante l’esecuzione di uno sfratto e a Oer-Erkenschwick un uomo è morto in seguito a un’azione di polizia domenica. A Berlino, la polizia ha sparato a un uomo che brandiva una bottiglia rotta, senza però ucciderlo.


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L’intervista all’esperto dell’Accademia di polizia: gravi errori di sistema, soprattutto nelle indagini

Martedì sera, a Dortmund si è tenuta una manifestazione contro la violenza della polizia e in tutto il Paese si è riacceso il dibattito non solo sull’evitabilità di queste morti, ma anche sulle dinamiche e sull’effettiva imparzialità delle indagini interne. Proprio su questo punto si sofferma, in un’intervista a t-online, Rafael Behr, docente di criminologia e sociologia presso l’Accademia di polizia di Amburgo e direttore dell’unità di ricerca Cultura e Sicurezza.

Behr parla di “gravi errori di sistema”, non tanto per una particolare tendenza alla violenza della polizia tedesca, ma per due principali fattori che inquinano il funzionamento della pubblica sicurezza. Da una parte, sostiene Behr, le indagini interne non si possono dire veramente neutrali solo perché affidate a un altro dipartimento e, inoltre gli uffici dei pubblici ministeri e la polizia in generale sono da sempre estremamente restrittivi nel pubblicare le indagini interne e mettere il pubblico a parte di dati e fatti. Dall’altro, fra le forze dell’ordine, si è diffusa una narrativa della violenza contro la polizia, che tende a vittimizzare gli agenti con il risultato che queste indagini si risolvono, quasi sempre, nella richiesta di nuovi taser.

La violenza della polizia può essere evitata: gli esempi sono UK e Danimarca

Behr indica un possibile percorso da seguire negli esempi di Paesi come Danimarca e Inghilterra, nei quali le indagini sulle forze di polizia vengono condotte da organismi esterni e imparziali e non da altri dipartimenti dello stesso corpo e parla di questioni di mentalità. L’idea della “vittimizzazione” degli agenti e alcune ramificazioni degli addestramenti anti terrorismo, sostiene, hanno portato a cambiamenti significativi, come l’abitudine di portare i mitra su tutte le volanti, invece che solo in casi eccezionali come in passato, oltre a una mancanza di leadership chiara nelle situazioni di emergenza – circostanza alla quale attribuisce la morte del ventitreenne a Francoforte.

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