Attila Hildmann, sito hackerato da Anonymus: sull’homepage il brano “Ops, I did it again!”

hackerato da anonymous

Non c’è pace per Attila Hildmann, il cuoco vegano di estrema destra ben noto alle cronache tedesche per le sue esternazioni e per le sue peripezie. Il suo sito è stato infatti hackerato dal collettivo Anonymus, che da tempo lo attacca, mentre, dal canto suo, Hildmann non smette di superare se stesso in una costante gara al ribasso.

Antisemita, cospirazionista, negazionista del Covid19, protagonista dei tumulti no mask, a febbraio è sfuggito a un mandato di arresto a suo carico, emesso a Berlino per incitamento all’odio e istigazione a delinquere. Poi una rocambolesca fuga in Turchia, grazie a una “talpa” all’interno del tribunale di Berlino, si dice.

Anonymus contro Hildmann: sito hackerato

Andando sulla pagina web di Hildman, però, martedì non sono comparsi proclami deliranti o motti radicali, ma il logo del noto collettivo di hacker e un video di “Ops, I did it again” (Ops, l’ho fatto di nuovo), cover di Britney Spears, interpretata in versione “vintage Marylin” dall’artista Haley Reinhart.

Palese è il motteggio dell’uomo che accusa il presidente del Robert Koch Institut di essere parte del “Nuovo ordine mondiale” e che ha più volte sostenuto che il Pergamon Museum ospitasse il “Trono di Satana”. Così come è palese la presa di posizione politica di Anonymus di fronte a tutto ciò che Hildmann rappresenta.

In fondo alla pagina, campeggia lo slogan che molti hanno imparato a conoscere: Siamo Anonymous. | Siamo legione. | Noi non perdoniamo. | Noi non dimentichiamo. | Aspettaci.

Anonymus ha annunciato di avere ampio accesso all’hoster del sito web di Hildmann e si dice addirittura che possa controllare la mail dell’azienda e persino l’aria condizionata del relativo centro dati. A riprova di ciò, ha reso pubblica un’e-mail con cui Hildmann comunicava all’hoster di non poter più accedere al suo sito.

Il collettivo aveva peraltro già violato il sito web e altri canali di Hildmann, a settembre (ne avevamo scritto qui), e in quell’occasione aveva divulgato più di 100.000 tra e-mail, indirizzi, contatti privati e altri dati sensibili.

(Fonte: tsp, Tagesspiegel)


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