Angela Merkel, 16 anni di potere. Ritratto della Cancelliera inesorabile
Angela Merkel è al suo ultimo mandato e la sua assenza è qualcosa a cui pensano con sgomento in molti e non necessariamente solo i suoi sostenitori.
Nei quindici anni in cui questa statista ha dominato la scena politica internazionale, la sua presenza inamovibile è stata talmente costante da rendere Angela Merkel una parte del paesaggio. Un paesaggio tedesco, europeo, mondiale.
Molti sono passati, lei è sempre rimasta
Durante il suo cancellierato, iniziato nel 2005, si sono avvicendati sette presidenti del consiglio italiani, quattro presidenti francesi, cinque premier britannici, quattro presidenti americani. Prima donna a ricoprire l’incarico di cancelliere in Germania, Angela Merkel è diventata negli anni “die Mutti”, la mamma, sia per i sostenitori che per i detrattori.
Anche all’interno del suo partito la sua presenza ha lasciato tracce profonde. Quando nel 2018 ha lasciato la sua carica di leader della CDU, a succederle è stata Annegret Kramp-Karrenbauer, durata circa tre anni e vicina alle posizioni della cancelliera come del resto anche Armin Laschet, eletto capo del partito in questi giorni. Di sicuro la CDU ha fatto una scelta di continuità.
L’ascesa della “Ragazza”, tra critiche e conflitti
Prima donna a essere eletta cancelliera in Germania, Merkel è stata anche la prima donna a essere eletta presidente della CDU, partito conservatore e fino a quel momento dominato dagli uomini.
L’ascesa di quella che nel 1994 fu soprannominata Das Mädchen, la ragazza, in quanto ministro più giovane del governo Kohl, stupì all’epoca molte persone.
Ma ben presto lo stupore si trasformò nell’accettazione di un fatto pacifico: Merkel non sarebbe stata una meteora, ma un soggetto politico destinato ad acquisire sempre maggiore potere e consenso.
La sua figura, tuttavia, non è stata esente da critiche. Le posizioni favorevoli alla deregolamentazione e a politiche del lavoro tese a favorire il rilancio dell’economia in contrasto con le barriere sindacali le sono costate diversi attacchi, anche all’interno del suo partito. Così come, nel 2003, fece molto discutere a sua scelta di appoggiare l‘invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti, che vedeva l’opinione pubblica tedesca fortemente contraria.
Nel 2017 si è espressa infine contro la legge sul matrimonio ugualitario, perché “Secondo me il matrimonio è tra uomo e donna”, pur lasciando ai parlamentari della CDU piena libertà di coscienza. Ma stiamo pur sempre parlando di una democristiana, per quanto fortemente atipica.
Come presidente di turno del Consiglio europeo e negoziatrice del Trattato di Lisbona, Angela Merkel è inoltre una delle figure chiave dell’Europa e dell’Unione, istituzione tanto amata da chi la protegge, quanto avversata da chi la contesta e che vede nella Germania, e nella cancelliera in particolare, un simbolo di potenza e privilegio ai danni dei Paesi “deboli”.
Questo è successo sopratutto durante la crisi finanziaria globale, durata dal 2007 al 2013, e durante la crisi del debito sovrano nell’Eurozona (2010-2011).
In quegli anni Angela Merkel era il simbolo dell’austerity e dell’intransigenza più totale verso Grecia, Italia e Irlanda, e accusata spesso di voler trarre profitto dalla crisi degli altri Paesi al fine di consolidare il dominio della Germania in Europa.
Per questa ragione molti si sono stupiti nel ritrovarla invece più morbida durante la crisi del Coronavirus, nell’ambito delle discussioni sul recovery fund e in relazione alla sua decisione di stanziare 500 miliardi di euro a fondo perduto, destinati ai Paesi più colpiti dalla pandemia.
Ma non sono pochi i cambiamenti di direzione di Angela Merkel, che procede lasciando spesso che l’ideologia ceda il passo alla logica e alla tattica.
Con la sua scelta di mettere progressivamente al bando il nucleare, sebbene la scelta sia maturata solo dopo Fukushima e notevoli pressioni da parte dell’opinione pubblica, Angela Merkel ha inoltre promosso la cosiddetta svolta energetica della Germania (Energiewende). In questo ha cannibalizzato un tema caro ai Verdi, facendolo proprio, esattamente come ha fatto con l’abolizione della leva obbligatoria e l’introduzione salario minimo, battaglie storiche della sinistra, assimilate da Merkel sotto il cappello della CDU.
Controverso è anche il suo rapporto con la Russia e con Vladimir Putin. Nonostante i due leader abbiano dialogato, spesso e necessariamente, anche sulla base di comune radici culturali e linguistiche, Merkel e Putin hanno visioni politiche opposte e un rapporto complicato reso ancora più difficile dopo la questione ucraina.
Non che le schermaglie non siano iniziate sin dall’insediamento della cancelliera. Nel 2006 Merkel si recò a Mosca e non solo incontrò un gruppo di dissidenti, ma chiese a Putin di fare luce sull’omicidio della giornalista dissidente Anna Politkovskaya. Anni dopo Merkel accusò più volte Mosca di atti di hackeraggio contro il Parlamento tedesco e di fornire appoggio alla destra sovranista di Afd, senza contare le pesanti e inequivoche dichiarazioni della cancelliera dopo l’avvelenamento dei dissidenti Sergei Skripal, nel 2018, e Aleksej Navalny, al centro della cronaca degli ultimi giorni, nel 2020.
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Cancelliera di Teflon o Vergine di Norimberga?
È stata descritta come la Teflon-Kanzlerin, la Cancelliera di Teflon, che in qualche modo si fa scivolare tutto addosso. Ma Merkel sa anche essere una Vergine di Norimberga pronta a stritolare nemici o avversari, o anche solo competitor.
Lo sa bene Edmund Stoiber, candidato nel 2002 e sostituito da Merkel nel 2005. Ma lo sanno anche Friedrich Merz, sostituito come capogruppo al Bundestag agli inizi dei duemila, e i rivali anti-Merkel del “Patto delle Ande”, come l’ex presidente della Repubblica Federale Christian Wulff e gli ex presidenti del Baden-Württemberg e dell’Assia Günther Oettinger e Roland Koch, tutti inesorabilmente neutralizzati nel corso degli anni.
Senza contare ovviamente tutti i candidati cancellieri dell’SPD, Schröder, Steinmeier, Steinbrück, Schulz, tutti sconfitti dall’eterna cancelliera.
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Il carisma “non carisma” di Angela Merkel
Angela Merkel non si può definire carismatica in base alla narrativa dominante, ma lo è in base alla capacità dei tedeschi di credere nel pragmatismo e nella solidità. E la sua solidità si è espressa con una serie di scelte anche coraggiose, come quando nel 1999 esortò il suo mentore Helmut Kohl a dimettersi dopo lo scandalo finanziario che lo coinvolse insieme ad altre figure di spicco della CDU, o quando nel 2015 decise di far entrare in Germania più un milione di rifugiati dalla Siria e dall’Afghanistan.
Questo originò una frattura interna al partito che ne erose anche il consenso esterno. In quegli anni, infatti, i più conservatori tra i seguaci della CDU cominciarono a supportare per protesta Afd, che capitalizzò sulla crisi dei grandi partiti attaccando a testa bassa, come molti altri partiti populisti europei, i cosiddetti rappresentanti dell’establishment.
Eppure, quando il Coronavirus si è affacciato sulla scena mondiale e le economie si sono piegate e a volte sgretolate sotto l’onda d’urto, Merkel ha fatto quello che sa fare meglio: resistere e mediare.
Mediare con i governi dei singoli Länder perché supportassero prima possibile le restrizioni, resistere a pressioni nazionali e internazionali costanti, provare a risolvere un problema senza precedenti. E in questa fase ha riguadagnato il consenso perduto, perché questa laureata in fisica con un dottorato in chimica quantistica e che ha sempre trasferito nella risoluzione dei problemi un approccio pragmatico, ai tedeschi dà sicurezza.
“Mi sono laureata in fisica proprio perché vivevo nella Germania est, sotto una dittatura. Perché gli uomini possono abolire molte cose, ma non la gravità o la velocità della luce” ha dichiarato al Bundestag a dicembre, rispondendo alle contestazioni di Afd sulla necessità di osservare le norme sul Corona.
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Nel rilanciare il suo supporto alla scienza, Merkel ha ancora un volta fatto leva sul suo punto di forza: la capacità di applicare il massimo livello di razionalità a problemi che trascendono l’ideologia. In questo modo conquistando e mantenendo il suo potere.
Il suo ritiro dalla scena politica creerà indubbiamente un vuoto che apre la scena a nuovi equilibri, ma al momento risulta difficile pensare a una figura che possa avere il suo peso e identificare in modo così totale la Germania. Sostituire la Cancelliera inesorabile non sarà facile.