Covid-19, l’eccezione tedesca. Perché in Germania il numero dei decessi è inferiore?

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Covid-19, l’eccezione tedesca. Perché in Germania il numero dei decessi è inferiore?

di Gabriella Di Cagno

Sono in molti a chiedersi con stupore come mai in Germania il numero dei decessi sia così inferiore a quello degli altri Paesi (4538 casi al 19.04.2020 su 143.724 contagiati e su una popolazione di 80 milioni). Parliamo di circa 5 morti ogni 100.000 abitanti, una percentuale incredibilmente inferiore a quella di moltissime altre nazioni europee. Ma come si spiega quella che è ormai definita “l’eccezione tedesca”, in rapporto alla diffusione del Coronavirus?

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I tedeschi nascondono i numeri?

Come riportato da Tonia Mastrobuoni sulle pagine di Repubblica, sul basso tasso di mortalità da Coronavirus in Germania, “complice un bel po’ di nervosismo”, si sta scatenando una vera e propria “gara a chi le spara più grosse”. Tra ipotesi di complotto, speculazioni di ogni tipo e in un clima di dilagante isteria anti-tedesca, si fa fatica a capire e analizzare i risultati, che tuttavia sono disponibili e sui quali si può di sicuro condurre un approfondimento.

Fattori demografici, abitudini sociali, numero e modalità di esecuzione dei test, ma non solo, sono gli elementi da analizzare per comprendere questa differenza, come spiegato recentemente in un articolo del Die Nachrichten, risalente al 19 aprile del 2020.

A chi volesse verificare i dati diffusi in Germania, consigliamo inoltre di seguire questo link ufficiale, le cui immagini, cifre e grafici sono comprensibili anche da chi non conosce la lingua tedesca.

Riportiamo, in sintesi, le principali ipotesi analizzate, che potrebbero spiegare qualcosa.

L’interruzione tempestiva della catena dei contagi

Cominciamo dal principio: il 24 gennaio 2020 è stato reso pubblico il primo caso di contagio a Monaco di Baviera, in un’azienda che ha contatti con la Cina. La persona di Wuhan che ha contagiato l’azienda bavarese ha subito avvertito l’azienda tedesca di essersi ammalata, una volta rientrata in Cina.
Da lì in poi, i contagi sono stati tutti tracciati con una sorta di indagine di una commissione e 250 individui sono subito stati messi in quarantena preventiva. Mentre in Lombardia, ad esempio, è stata commessa la leggerezza di permettere ai contagiati l’accesso al pronto soccorso degli ospedali, infettando un numero di pazienti in maniera esponenziale, alcuni dei quali già ammalati di gravi patologie.

Lo ha spiegato, Tobias Piller, corrispondente della Frankfurter Allgemeine Zeitung, nel corso della trasmissione televisiva Coffee break andata in onda su La7 il 6 marzo 2020, e incentrata sulle differenze tra la gestione tedesca e quella italiana, e nello specifico lombarda, dell’emergenza.

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Il numero dei test 

L’epidemia è esplosa nei vari Länder tedeschi in maniera diversa e con qualche settimana di ritardo rispetto all’Italia e subito è stato effettuato un gran numero di test: nella settimana dal 9 al 15 Marzo, infatti, in Germania sono stati eseguiti 160.000 tamponi mentre in Italia il numero totale dei tamponi, fino al 15 Marzo, è stato di 125.000.

Secondo il Direttore dell’Istituto di virologia della Charité di Berlino, Christian Drosten, al 30 marzo scorso risultavano eseguiti 500.000 test a settimana e su questo elemento si fonderebbe la principale ragione della cosiddetta “eccezione tedesca”, cioè della bassa mortalità da Coronavirus in Germania.
Si tratta, in sostanza, di intercettare i malati prima che questi possano contagiare in maniera esponenziale altre persone.

Come nota Tonia Mastrobuoni, quando si fanno moltissimi test “il numero degli intercettati è probabilmente vicino a quello dei contagiati reali“. Per contro, l’Italia dal 28 febbraio ha dovuto ridurre il numero dei tamponi, inizialmente più elevato, per seguire le indicazioni dell’OMS e per non sovraccaricare i laboratori autorizzati alle analisi. Lo ha spiegato bene Matteo Villa, dell’Ispi.

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Le modalità con cui i test sono stati condotti

Può aver contribuito a configurare l'”eccezione tedesca” anche il fatto che in Germania i tamponi siano stati effettuati anche nei cosiddetti Abstrichzentrum, postazioni ‘drive-in’ in cui i testati restavano seduti in macchina. Sono stati effettuati test su chi mostrava sintomi, su chi aveva avuto contatti con persone contagiate e sul personale medico.

Questo ha impedito la temuta “corsa al pronto soccorso“, che avrebbe potuto trasformare gli ospedali e le aree circostanti in focolai, come ha riferito Piller al quotidiano Il Tempo. Ogni paziente è stato seguito dal primo momento, i meno gravi a casa, dove hanno cominciato le cure prima che la situazione si aggravasse. Solamente dal 22 marzo sono state applicate le misure restrittive di social distancing.

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Il numero dei posti disponibili all’interno delle strutture sanitarie

A questa reazione di contrasto dell’emergenza fa pendant una struttura del sistema sanitario ben attrezzata per la terapia intensiva: 28.000 posti letto stabili, oltre alla capacità di trasformare ulteriori postazioni molto velocemente, fino a raggiungere la cifra di 40.000 posti letto.

Noi stessi abbiamo di recente spiegato, proprio sulle pagine del Mitte, come la “macchina” sanitaria tedesca si stava e si sta organizzando, almeno nella capitale.
Gli ospedali che dispongono di letti in terapia intensiva sono stati organizzati su tre livelli: il livello 1 è la Charité (Lo Charité-Zentrum è composto dal Campus Mitte e dal Virchow-Klinikum), ovvero la centrale che coordina tutta la situazione dell’assistenza ai pazienti affetti da Coronavirus. Qui c’è un reparto specializzato in malattie polmonari, uno dei sintomi più pericolosi della malattia da Covid-19.

La Charité coordina lo smistamento dei pazienti nei vari livelli ed è uno snodo chiave nella gestione del Coronavirus a Berlino: chi ha bisogno di terapia intensiva viene ricoverato presso il livello 1 e gli altri malati vengono inviati nelle altre 16 strutture ospedaliere della città.
A questo livello 2 appartengono, tra gli altri, l’Unfallkrankenhaus, diverse cliniche del gruppo Vivantes, il St. Joseph- e Sankt Gertrauden-Krankenhaus, l’Helios Klinikum Berlin-Buch e la Caritas Klinik Pankow.

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L’età media dei contagiati

Di recente il presidente dell’Ordine dei Medici tedesco, Klaus Reinhardt, ha evidenziato il fatto che in Italia i malati registrati siano anche, in media, significativamente più anziani e affetti da patologie molto più gravi, il che avrebbe portato molto presto a più carenze e problemi, proprio a causa dell’insufficienza di mezzi necessari a gestire l’emergenza. L’intervista, pubblicata dal Berliner Morgenpost, è stata in seguito ripresa anche dal nostro magazine.

L’età media dei contagiati accertati in Germania, infatti, è di 45 anni contro i 63 della situazione italiana. Questo dato si spiega soprattutto analizzando la fonte del contagio, ovvero i cosiddetti focolai, che in Italia sono stati gli ospedali stessi e le residenze per anziani, mentre in Germania sono stati luoghi di vacanza, oppure locali frequentati da giovanissimi.

Completerebbe il quadro, inoltre, il fatto che gli anziani tedeschi vivano tendenzialmente lontani dai giovani, che sono un perfetto veicolo di contagio, spesso perfettamente asintomatico.

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Le attuali previsioni

Quanto resterà in piedi l'”eccezione tedesca”? Al momento il sistema sanitario, in Germania, sembra aver retto bene l’ondata pandemica: i pazienti guariti sono un numero più alto di quello dei nuovi contagiati, da maggio in poi gli ospedali torneranno gradualmente a una “nuova normalità” e verranno recuperate le operazioni fino ad oggi sospese o differite. Inizialmente, tuttavia, circa il 25-30% dei posti di terapia intensiva dovrebbe essere tenuto libero per i pazienti affetti da Covid-19.

Il ministro federale della Sanità Jens Spahn ha inoltre dichiarato che sarebbero stati testati 1,7 milioni di persone in totale. La capacità teorica è di circa 700.000 tamponi a settimana, se sono disponibili i reagenti necessari a produrre i test.

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La necessità di continuare a essere prudenti

Questi successi però, sono stati definiti dalla stessa Angela Merkel “molto fragili”, ove non vengano consolidati dal rispetto di quelle norme di distanziamento sociale che, fino a quando non saranno stati messi a punto un vaccino e una cura contro il Coronavirus, restano l’unico modo di appiattire la curva dei contagi.

Contestualmente all’annuncio dell’allentamento di alcune misure restrittive a partire dai primi di maggio, la cancelliera ha infatti rappresentato la situazione tedesca usando un semplice modello matematico, che spiega quanto non rispettare le distanze potrebbe portare comunque al collasso del sistema sanitario, per quanto organizzato e dotato di risorse.

Le ha fatto eco Markus Söder, primo ministro della Baviera, uno degli stati federali più colpiti dal virus.

1 COMMENT

  1. Francamente a me sta storia della Germania convince poco
    Innanzitutto se fosse vero che loro hanno meno morti rispetto a tutto il resto dell’Europa perché sono intervenuti prima, dimostra anche una certa stronzaggine dei tedeschi nel non mettere in guardia i colleghi europei di come il contagio fosse già arrivato nel continente.
    Poi spiegatemi com’è possibile che da noi il primo a portare l’infezione sia stato un tedesco, e da noi la malattia si sia subito diffusa mentre da loro no.
    Anche la storia della separazione sociale tra vecchi e giovani ha poco senso nel giustificare l’età medi troppo bassa dei loro positivi, perché significherebbe che non giovani e vecchi vivono separati, ma che i vecchi in Germania non avrebbero proprio vita sociale.
    Vogliamo poi mettere anche il fatto dei morti di e dei morti con covid, dove quest’ultimi sono tenuti fuori dalle statistiche ufficiali della malattia? Mi chiedo a questo punto, se facciano i tamponi sulla popolazione anziana, unico vero motivo che spiegherebbe bene tutte le anomalia dall’età media alla bassa mortalità

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