Berlinale: critiche a Israele dal palco, gli artisti per il cessate il fuoco. Critiche dalla politica
L’edizione 2024 della Berlinale è stata infiammata da polemiche di natura politica prima, durante e dopo le proiezioni. Dopo la polemica sull’invito agli esponenti di AfD, i cartelli contro l’estremismo di destra esposti sul red carpet e le critiche a Hillary Clinton, anche le tensioni relative al conflitto in Medio Oriente sono arrivate alla ribalta del festival, questa volta durante le cerimonie di premiazione. Diversi artisti premiati hanno espresso dal palco critiche nette contro l’azione militare di Israele nella Striscia di Gaza, definendola, in più di un’occasione, un genocidio, definendo Israele uno stato di apartheid ed esponendo cartelli che chiedevano il cessate il fuoco. Nella serata di sabato, il pubblico in sala ha accolto con evidente approvazione queste esternazioni, mentre il presentatore della serata ha mantenuto un profilo decisamente basso – probabilmente prevedendo le reazioni dei politici tedeschi, che non si sono fatte attendere.
Le critiche degli artisti a Israele e gli appelli per il cessate il fuoco
Quest’anno, è stato premiato dalla critica il documentario “No Other Land”, del regista palestinese Basel Adra, che tratta dell’espulsione dei palestinesi nei villaggi di Masafer Yatta, a sud di Hebron, in Cisgiordania. Adra, nel suo discorso di accettazione, ha fatto riferimento all’attuale conflitto armato nella Striscia di Gaza, dicendosi impossibilitato a gioire e festeggiare “quando decine di migliaia [di persone] della mia gente a Gaza vengono massacrate da Israele”, e ha chiesto alla Germania di smettere di fornire armi a Israele, sottolineando l’importanza di una presa di posizione etica da parte della comunità internazionale.
Anche il regista del documentario “Direct Action“, Ben Russell, ha preso posizione contro le operazioni militari di Israele nel suo discorso di accettazione, parlando apertamente di genocidio e presentandosi sul palco con una kefiah sulle spalle.
La reazione della politica
Da parte della politica tedesca, sia a livello federale che locale, non sono invece mancate le condanne per queste esternazioni. In particolare, il sindaco di Berlino, Kai Wegner (CDU), ha avuto parole durissime nei confronti di coloro che hanno utilizzato i termini “genocidio” e “apartheid” e ha chiesto alla nuova direzione del festival di adottare misure concrete per impedire fenomeni di “relativizzazione” in relazione alla situazione in medio oriente. Per il pubblico italiano, vale la pena di spiegare che “relativizzazione” è un termine che si usa spesso, in Germania, quando si intende sottolineare l’impossibilità di paragonare l’olocausto a qualsiasi altro fenomeno di genocidio nella storia moderna e contemporanea e che quindi, in questo contesto, punta a criticare espressamente la scelta dei termini utilizzati dagli artisti in questione sul palco della Berlinale.
Wegner ha sottolineato con forza che “la città di Berlino sostiene fermamente Israele” e ha attribuito la piena responsabilità per le profonde sofferenze sia in Israele che nella Striscia di Gaza al gruppo militante Hamas, sostenendo che il raggiungimento della pace e del cessate il fuoco dipenda esclusivamente dalla liberazione degli ostaggi. Questa è stata la posizione di Wegner fin dall’inizio dell’attuale crisi. Il sindaco ha quindi espresso l’aspettativa che la nuova direzione del festival agisca di conseguenza, prendendo posizione in maniera chiara e decisa. Anche altri politici della Camera dei Rappresentanti di Berlino hanno espresso critiche in merito alle dichiarazioni fatte durante la cerimonia di premiazione della Berlinale.
Melanie Kühnemann-Grunow, portavoce della politica dei media del SPD, ha criticato le esternazioni degli artisti pro-Palestina alla cerimonia di premiazione e ha ricordato che il festival cinematografico riceve due milioni di euro dal bilancio statale di Berlino, sottolineando la responsabilità che deriva dal sostegno finanziario pubblico. Daniela Billig, dei Verdi, ha espresso la sua preoccupazione per un possibile danno politico alla Berlinale e ha descritto gli incidenti come un’eredità difficile per il nuovo direttore, che dovrà affrontare le conseguenze di queste polemiche. Konstantin von Notz, dei Verdi, ha parlato su X di “perfida inversione fra carnefice e vittima” e ha definito quello della Berlinale uno “spettacolo intollerabile”.
Anne Helm, portavoce della politica dei media per Die Linke, ha criticato il fatto che non siano stati menzionati gli ostaggi e le vittime dell’offensiva terroristica di Hamas e ha affermato che è comprensibile e legittimo che gli artisti usino la loro piattaforma per opporsi alla devastante guerra a Gaza, ma che l’accusa incontestata di un genocidio pianificato va oltre il limite di tale critica e trascende i confini di un dibattito equilibrato e rispettoso delle diverse prospettive.
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