Quella del Salon Kitty è una storia che sembra fatta apposta per suscitare curiosità morbosa e poco importa che le fonti storiche siano assai scarse, limitate ai resoconti di presunti testimoni registrati decenni dopo i fatti. C’è tutto: sesso, potere, mistero, spie, guerra e oscuri segreti. Il Salon Kitty era un bordello o meglio “il” bordello. Situato nel quartiere di Charlottenburg, era noto per essere il più esclusivo di Berlino, frequentato dagli alti ufficiali nazisti e dai loro più illustri ospiti in visita. Si dice che, fra i suoi clienti, ci sia stato anche Galeazzo Ciano, ministro degli esteri di Mussolini. A rendere davvero “piccante” la storia del Salon Kitty, però, non è solo la sua attività ufficiale, ma soprattutto quella “ufficiosa”. Diversi testimoni hanno infatti raccontato che la prestigiosa casa di piacere fosse utilizzata dal regime per spiare, attraverso microfoni nascosti e la complicità delle donne che esercitavano lì la loro professione, i suoi stessi ufficiali. Lo scopo era individuare eventuali potenziali traditori o falle nella sicurezza del regime.
Le attività di spionaggio interno si sarebbero svolte fra il 1939 e il 1942, sotto il controllo del servizio di sicurezza delle SS e successivamente dall’Ufficio Principale della Sicurezza del Reich.
La storia di Kitty Schmidt
Facciamo un passo indietro: il Salon Kitty, mascherato da pensione e situato al terzo piano di un edificio in Giesebrechtstraße 11, era gestito dalla “Madame” Kitty Schmidt. Non si sa bene come Kitty fosse finita a svolgere questa professione, considerando che di lei si hanno notizie come figlia della buona borghesia tedesca e insegnante di piano, residente in Inghilterra agli inizi del XX secolo. Si sa che Kitty, che allora si chiamava ancora Kätchen Emma Sophie Schmidt, sposò un console spagnolo, poi morto suicida. I due ebbero una figlia, Kathleen, che nacque a Cardiff, in Galles, nel 1906. Il ritorno di Kitty in Germania viene datato orientativamente dopo la prima guerra mondiale e sembra che, arrivata a Berlino, la donna abbia iniziato a svolgere l’attività di “Madame”, gestendo diversi “saloni” camuffati da pensioni.
Un altro dato non noto è come e quando Kitty abbia accettato di trasformare il suo “salone” in un centro di spionaggio interno per le SS. C’è chi sostiene che si sia offerta volontariamente, chi invece afferma che sia stata costretta, dopo essere stata sorpresa a cercare di lasciare illegalmente la Germania. Certo è che, se le autorità naziste avessero deciso di appropriarsi del bordello, per qualsiasi finalità, sarebbe stato impossibile per la proprietaria opporsi.
Il Salon Kitty, le spie e i segreti morbosi degli ufficiali nazisti
Si racconta che l’idea di trasformare il bordello in un centro di spionaggio sia stata suggerita da Reinhard Heydrich, capo della Polizia di Sicurezza e dell’SD, il Servizio di Sicurezza delle SS, e che la realizzazione del progetto sia stata affidata a Walter Schellenberg, capo dell’SD per gli affari esteri. Fu proprio nelle memorie di Schellenberg, pubblicate nel 1959, che il Salon Kitty venne menzionato per la prima volta pubblicamente e per iscritto.
Lo spionaggio vero e proprio si sarebbe basato su due elementi fondamentali. In primo luogo c’erano le intercettazioni ambientali, che sfruttavano le più sofisticate apparecchiature di registrazione disponibili all’epoca, con microfoni nascosti nelle camere e dispositivi di trasmissione a distanza che permettevano di salvare su nastro il resoconto “sonoro” di ogni incontro. E poi c’erano le ragazze, scelte con cura non solo per la loro avvenenza e “professionalità”, ma anche in base alla comprovata fede nazionalsocialista e a un addestramento specifico a carpire segreti importanti a partire da informazioni apparentemente superficiali. Pare fossero particolarmente ricercate le poliglotte, così da poter estendere i servizi di spionaggio anche agli ospiti internazionali. La gestione tecnica era affidata a membri dei servizi segreti. A parziale conferma di questa ipotesi, negli anni ’60, durante i lavori di ristrutturazione di un locale seminterrato di dodici metri quadrati dell’edificio, furono trovate scatole non identificate e cavi che correvano dal seminterrato al terzo piano.
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L’unica delle ex-lavoratrici del bordello ad aver mai rilasciato un’intervista fu Liesel Ackermann, che parlò con lo Spiegel nel 1976. Ackermann dichiarò di aver lavorato nel bordello di Madame Kitty dal 1940 al 1945 e di non sapere nulla delle attività di spionaggio (che, stando ai resoconti di Schellenberg, si erano comunque già concluse prima del suo arrivo) e ricordò che solo poche prostitute erano presenti fisicamente nel bordello, mentre le altre lavoravano “su chiamata”, presentendosi quando un cliente le convocava, dopo averle scelte da un album fotografico.
Fra i clienti illustri c’era anche Galeazzo Ciano
Si dice che, fra i clienti del Salon Kitty, ci fossero alcuni dei più alti papaveri del potere nazista, fra i quali Sepp Dietrich, capo della 1ª Divisione Panzer SS “Leibstandarte SS Adolf Hitler”, il Ministro degli Esteri del Reich Joachim von Ribbentrop, il capo dell’organizzazione del Reich Robert Ley e persino il Ministro della Propaganda Joseph Goebbels, senza contare gli ospiti stranieri in visita, fra i quali, come già detto, Galeazzo Ciano. Nelle fonti storiche, non si ha traccia esempi specifici di successi “investigativi” derivanti da queste attività né si è trovata traccia delle registrazioni. Si è detto che esse siano state distrutte, poiché non contenevano informazioni rilevanti. Un’altra fonte sono proprio le memorie dell’interprete di Ciano, Eugen Dollmann, che, nella sua autobiografia “Dolmetscher der Diktatoren” (“Interprete dei Dittatori”) sostiene che Ciano fosse consapevole delle attività di spionaggio e che gli abbia detto “Heydrich deve essere molto stupido se pensa che io non sappia dei suoi padroni nella stanza accanto. Non dovrebbe nascondere i microfoni sotto il cuscino”.
Alcuni racconti morbosi, come è prevedibile in casi del genere, si concentrano sulle perversioni private degli ufficiali nazisti, come la presunta predilezione di Goebbels per gli spettacoli erotici che prevedevano rapporti sessuali lesbici – il che striderebbe con la sua condanna pubblica dell’omosessualità. Non ci sono prove della veridicità di questi racconti, ma è inevitabile che essi abbiano solleticato la fantasia di tutti coloro che, negli anni, hanno scritto e riscritto la storia del Salon Kitty.
Il Salon Kitty al cinema
Nel 1943, un bombardamento alleato danneggiò l’edificio che ospitava il Salon Kitty. Dopo il trasferimento del bordello al piano terra, l’interesse dell’Ufficio Principale della Sicurezza del Reich diminuì rapidamente.
Il Salon Kitty ha ispirato nel 1976 il film omonimo diretto da Tinto Brass, con Helmut Berger e Ingrid Thulin, rispettivamente nei ruoli di Walter Schellenberg (nel film “Helmut Wallenberg”) e di Kitty Schmidt (nel film “Kitty Kellermann”). Il film fu distribuito anche in Germania, dove però venne proiettato solo in una versione pesantemente censurata, non a causa dei nudi integrali e delle scene di sesso ma per via del gran numero si svastiche che compaiono sullo schermo, la cui visione nei cinema tedeschi avrebbe violato le leggi sull’uso di simboli anti-costituzionali.
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