Per chi vive in Germania, la Schufa esercita un potere paragonabile a quello delle istituzioni governative e la sua influenza è talmente onnipresente e rilevante che, per chi si trasferisce in questo Paese dall’estero, è facile arrivare a credere che si tratti effettivamente di un organo dello Stato. Eppure non è così, la Schufa è sì un’autorità, ma è gestita in regime di diritto privato. Esiste dal 1927 e dal 2000 è una società per azioni, anche se il valore delle sue azioni è negoziato in borsa.
Tra gli azionisti figurano banche cooperative, casse di risparmio e aziende del settore finanziario e della vendita al dettaglio. Questa autorità, di fatto, esercita un monopolio sul controllo dell’affidabilità creditizia dei cittadini, al punto che il “punteggio Schufa” è richiesto per accedere a prestiti e finanziamenti, per sottoscrivere contratti di affitto o di forniture di servizi e, in generale, per dimostrare di essere, a qualsiasi titolo, finanziariamente affidabili.
Il verdetto della Corte di Giustizia Europea
Da tempo, ormai, c’è chi brontola contro quello che viene percepito come uno strapotere, esercitato spesso con poca trasparenza, al punto che alcuni casi sono stati portati all’attenzione della Corte di Giustizia Europea. La quale ha emesso un verdetto che potrebbe avere conseguenze significative sulle modalità di erogazione di prestiti e finanziamenti in Germania.
La decisione riguarda proprio il punteggio Schufa e la sua influenza sulla determinazione della solvibilità dei clienti da parte delle aziende. Secondo la Corte, l’uso esclusivo del punteggio Schufa come criterio primario per l’ottenimento di prestiti o contratti viola la legge europea sulla protezione dei dati.
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Come funziona la Schufa
La Schufa, acronimo di “Schutzgemeinschaft für allgemeine Kreditsicherung” (Associazione per la protezione generale della sicurezza creditizia), raccoglie una vasta gamma di dati, come le transazioni bancarie, per determinare il grado di affidabilità creditizia dei consumatori. Il punteggio che ne deriva, su una scala da 0 a 100, indica la probabilità che una persona possa adempiere ai propri obblighi finanziari. Chi riceve spesso solleciti o paga regolarmente le fattura in ritardo, per esempio, avrà un punteggio più basso rispetto a chi invece non riceve frequentemente solleciti di pagamento e non è indietro con i pagamenti delle utenze.
Accuse di scarsa trasparenza
Il succitato verdetto della Corte di Giustizia Europea è stato emesso in seguito al caso di una cliente il cui prestito era stato negato a causa di un punteggio Schufa troppo basso. La donna aveva richiesto a Schufa la cancellazione di alcuni dati e l’accesso alle proprie informazioni complete, senza però ricevere risposte esaustive. Nonostante le informazioni generali fornite da Schufa sul calcolo del punteggio, il metodo esatto di valutazione non è infatti stato comunicato.
Il problema, per la Corte, si concentra sul fatto che la decisione sull’erogazione di un prestito si possa basare principalmente sul punteggio del cliente, in concomitanza col fatto che il metodo esatto di calcolo di tale punteggio e, non di rado, il punteggio stesso, non siano accessibili dal diretto interessato. In parole povere: è legittimo negare un contratto o un prestito a qualcuno in base a un punteggio, senza fargli sapere né quale sia questo punteggio né come venga calcolato né quali parametri siano presi in considerazione? In questo contesto, è stata dichiarata illegittima, per esempio, la raccolta automatizzata dei dati, in quanto questa pratica potrebbe condurre a discriminazioni ai danni di alcune categorie di cittadini.
Questo verdetto ora solleva questioni sulle leggi tedesche riguardanti la conservazione dei dati, che potrebbero essere in contrasto con i principi del diritto europeo e non fornire una sufficiente protezione agli individui.
La questione è ora nelle mani del Tribunale amministrativo di Wiesbaden. Nel frattempo, tuttavia, la Schufa continuerà a valutare la solvibilità dei clienti in Germania senza essere in alcun modo tenuta a limitare i suoi metodi o criteri operativi. Tuttavia, per le banche e altre aziende, il punteggio Schufa non dovrebbe più essere l’unico parametro in base al quale concedere o negare determinati contratti, finanziamenti o prestiti. La Corte ha sottolineato l’importanza di applicare rigorose restrizioni alla raccolta, conservazione e valutazione dei dati personali.
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