“Berlino 1936. La storia di Luz Long e Jesse Owens”: uscito il bellissimo libro di G. Assandri
Ho iniziato a parlare con Giuseppe Assandri quando è uscito il suo primo libro per ragazzi dedicato a Sophie Scholl e intitolato “La rosa bianca di Sophie“, che nel frattempo ha riscosso molto successo e prestigiosi riconoscimenti.
Da pochissimi giorni è uscito invece il nuovo libro dello stesso autore, “Berlino 1936. La storia di Luz Long e Jesse Owens“, dedicato alla storia di un’amicizia totalmente inaspettata e “scandalosa”, che si prese la scena delle Olimpiadi di Berlino del 1936, entrando nella leggenda e dando una smacco memorabile alla Germania di Hitler.
Di Assandri apprezzo la cura che impiega nel raccogliere le informazioni e nel rendere lo Zeitgeist che fa da sfondo alle vicende che racconta, lo stile avvincente, la capacità di arricchire i dati storici con sfumature che evocano la quotidianità e le emozioni dei suoi protagonisti e la scelta di valorizzare la “Germania migliore”, quella che 80 anni fa trovò la forza di non cadere nel buio di quegli anni tragici, ma di distinguersi con esempi incredibilmente luminosi. Abbiamo parlato di tutto questo nell’intervista che segue.
Come è nata l’idea di questo libro e come è stato scriverlo?
Mentre stavo ancora lavorando alle bozze del mio libro su Sophie Scholl, nell’estate del 2020, mi era capitato tra le mani un articolo di Enrico Del Mercato su Il Venerdì di Repubblica (“Da Berlino alla Sicilia. Il lungo salto di Luz Long”). Mi colpì molto, lo ritagliai e lo misi da parte. Conoscevo, come tanti, l’episodio della sfida nel salto in lungo tra il grande Jesse Owens e il suo avversario tedesco, che termina con l’abbraccio dei due sfidanti, ma sapevo poco di Luz Long, il suo rivale: alto, biondo, con gli occhi azzurri, campione e prototipo della “razza ariana”. Tutto qui?
Chi era veramente questo giovane uomo che, sotto gli occhi di Hitler e di centomila spettatori, aveva avuto il coraggio di camminare a braccetto con il suo avversario nero, che lo aveva appena battuto? Cos’era successo dopo le Olimpiadi ai due atleti, sino alla morte di Luz Long, avvenuta in Sicilia nel 1943? Qualche mese dopo, ho riletto quell’articolo di giornale e ho deciso che volevo saperne di più. Per scrivere, deve scattare in me una scintilla di curiosità e di passione. C’è voluto un po’ di tempo, dedicato a cercare tracce e notizie di personaggi reali, per entrare nelle loro vite.
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Leggere il tuo articolo “Jesse Owens e Luz Long: un’amicizia imprevedibile entrata nella storia“, Lucia, è stato per me un incoraggiamento a continuare la ricerca. Quell’estate ho acquistato il libro scritto da Kai Long (“Luz Long – eine Sportkarriere im Dritten Reich”, in italiano “Luz Long – una carriera sportiva nel Terzo Reich”), così ricco di informazioni, notizie, testimonianze. Sì, a partire dai materiali raccolti, potevo cominciare a scrivere. La scelta era chiara: raccontare in parallelo le loro vite, così diverse. Cominciando dall’infanzia, a capitoli alternati.
Ho cercato di immaginarmi visivamente le scene, spesso a partire da un dettaglio o una fotografia. Ad esempio, nel libro su Luz Long c’è una fotografia in cui i ragazzi Long fanno ginnastica sulla spiaggia e mi sono divertito a immaginare che cosa era successo in quel momento. A poco a poco, la storia ha preso il via.
Che idea ti sei fatto di questi due uomini?
Non è facile immaginare e far rivivere attraverso un libro, rivolto in particolari ai giovani lettori, due giovani uomini, nati entrambi nel 1913, vissuti in un tempo estremamente diverso dal nostro. Senza rubare il mestiere a storici e biografi, ma mescolando verità documentata e fantasia.
Di entrambi i protagonisti mi ha colpito la loro dimensione umana, di giovani uomini segnati da debolezze e contraddizioni, come emerge chiaramente dal racconto che Jesse Owens fa della propria vita. Dei momenti difficili e dell’improvvisa fama planetaria che lo proietta in un mondo vorticoso e luccicante, da cui, almeno all’inizio, si fa travolgere.
E Long, un privilegiato che ha avuto una vita agiata e ricca di opportunità e una famiglia aperta e propositiva. E poi, per raggiungere i suoi obiettivi, deve scendere a patti con un regime, di cui, nonostante la propaganda, non può del tutto ignorare i lati controversi e oscuri. È straordinario e quasi incredibile come due persone così diverse possano incontrarsi, capirsi e fare amicizia, tanto da poter cambiare la propria vita.
Ciò che accadde tra Long e Owens, durante le Olimpiadi del 1936 è divenuto leggenda, ma pochi hanno avuto modo di approfondire davvero la vicenda. Quali sono le tue considerazioni dopo questo lungo viaggio sulle loro orme?
Su quell’episodio si è detto e scritto moltissimo. E le versioni sono contrastanti rispetto a quel che è veramente accaduto tra i due, all’Olympiastadion e dopo. Nel libro di Kai Long c’è un capitolo che si intitola “Der Mythos um Jesse Owens und Luz Long – bis in die Gegenwart” (Il mito di Jesse Owens e Luz Long – fino ai giorni nostri). La fotografia dei due sfidanti che sorridono sdraiati sul prato dello stadio è un’icona, che celebra una leggenda che anche la famiglia Long mi sembra, in qualche modo, avallare, dato che in quarta di copertina è riprodotta la fotografia di Jesse con il figlio di Luz, nel 1964.
Secondo me – che non sono uno storico né un biografo – è verosimile che Luz Long abbia aiutato il suo avversario (anche se ciò non è mai stato confermato da Luz). Senza Jesse Owens in finale, che Olimpiadi sarebbero state?
“A volte fai solo quello che il cuore ti dice di fare”, ha detto Luz commentando il fatto di essersi congratulato con Owens abbracciandolo. Questo è quello che conta e la pagina che i due atleti hanno scritto è straordinaria e chiama in causa il coraggio di andare oltre i pregiudizi e le barriere razziali, che sono ancora oggi più che mai vive e laceranti. Trovo affascinante che i destini di questi due giovani atleti si siano intrecciati in un modo così forte e imprevedibile. L’immagine dei due che camminano abbracciati sorridendo dopo la gara all’Olympiastadion mi ha profondamente colpito, facendo nascere il desiderio di conoscere le loro vite e di provare a raccontarle anche ai ragazzi di oggi.
Vuoi condividere con i nostri lettori qualche curiosità o aneddoto particolare?
Nel settembre 1934 Luz Long ha partecipato ai campionati europei di atletica a Torino (dove vivo), vincendo la medaglia di bronzo. Ho cercato notizie sui giornali del tempo per cercare di immaginare come aveva vissuto Luz quel momento e ho raccontato con un po’ di immaginazione la sera dopo la gara, percorrendo a piedi le strade e facendomi ispirare dalle foto d’epoca.
Per il finale, che ho scritto e riscritto più volte, ho preso ispirazione dal breve film “Freunde”, di Lavinia Zammataro: leggere il nome di Luz sulla lapide, in quel silenzio del sacrario militare germanico di Motta di Sant’Anastasia è un’emozione che ho provato a restituire e spero, almeno un po’, di esserci riuscito.
Prima un libro su Sophie Scholl e ora la storia di Long e Owens. Quanto è importante raccontare storie positive e legate a una Germania “diversa”, che anche nei periodi più neri riusciva a proporre un’alternativa?
Ti ringrazio per questa domanda. Sì, è proprio quel che ho cercato di fare, anche per i legami che, ho con la Germania, avendoci vissuto e lavorato. E mi è capitato più volte, negli incontri con i giovani lettori e i loro insegnanti, di ascoltare il loro stupore a volte quasi il loro sollievo, nello scoprire che non tutta l’erba è un fascio e che anche in Germania ci sono state storie vissute di chi, in modi molto diversi, non si è riconosciuto in un regime dispostico, violento e razzista.
Luz non è diventato un oppositore e un resistente, come Sophie Scholl ma ha testimoniato che si può vivere mettendo in pratica principi di lealtà, passione, coraggio e apertura. Jesse e Luz che camminano tenendosi per mano – così come recentemente hanno fatto i tennisti Federer e Nadal – sono un simbolo potente. Un esempio e un modello valido anche per i giovani di oggi.
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