Rogo Thyssenkrupp, l’ex dirigente tedesco in carcere dopo 16 anni

ThyssenKrupp
La reazione di alcuni familiari delle vittime del rogo della ThyssenKrupp, dopo la sentenza della Corte d'Assise d'Appello di Torino, che ha ridotto la pena comminata in primo grado. Photo credits: EPA/ALESSANDRO DI MARCO

Quasi sedici anni dopo il rogo della ThyssenKrupp a Torino, uno dei più spaventosi incidenti sul lavoro che l’Italia ricordi e che costò la morte a 7 operai, il 10 agosto il dirigente tedesco Harald Espenhahn è finalmente finito in carcere in Germania.

Vicenda Thyssenkrupp: entra in carcere Harald Espenhahn

Condannato in Italia in via definitiva, nel 2016, a nove anni e otto mesi di detenzione dopo un travagliato iter giudiziario (in primo grado era stato condannato a sedici anni e sei mesi), Espenhahn aveva visto la sua pena ridursi a cinque anni in Germania, il massimo consentito dalla legge tedesca per omicidio colposo. Nonostante ciò, aveva cercato in tutti i modi di opporsi alla sentenza a furia di ricorsi, incluso quello presentato presso la Corte costituzionale tedesca, che però gli ha dato torto, rendendo inevitabile l’esecuzione della pena.

La reazione delle famiglie: soddisfazione, ma anche tanta amarezza

“Dopo 5726 giorni, il signor Harald Esphenhann, dopo tanto correre, scappare dalla giustizia, ha finalmente varcato la soglia del carcere” ha scritto su Facebook Antonio Boccuzzi, sopravvissuto all’orribile incendio di Torino. Boccuzzi ha dichiarato che non si tratta né di risarcimento, né di vendetta, ma di un epilogo che da tempo doveva concretizzarsi. “Certo, questi 5 anni saranno ulteriormente ridotti, lo sappiamo e non ci facciamo strane o vane illusioni, ma un passo è stato compiuto e questo non ce lo porta via nessuno” ha commentato.

Un punto di vista più amaro è quello di Rosina Platì, madre di Giuseppe Demasi, una delle vittime. “Abbiamo appreso che Espenhahn è finalmente in carcere, ma sconterà la pena in semilibertà, restando in prigione solo per la notte. Non ne siamo soddisfatti” ha infatti dichiarato la donna.


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L’orribile vicenda della ThyssenKrupp e il processo infinito

L’incidente alla ThyssenKrupp risale a sedici anni fa, a Torino, nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007, quando una colata di olio bollente prese fuoco e un tremendo incendio si propagò in un capannone dell’impianto siderurgico. Nel tentativo di spengere le fiamme, morirono 7 operai tra i 26 e i 54 anni, alcuni dei quali erano di turno da 12 ore. I loro nomi erano Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò e Giuseppe Demasi.

La vicenda legale contro i vertici della ThyssenKrupp fu lunga e travagliata. Si partì in primo grado con un’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale, ma nei successivi gradi di giudizio l’imputazione venne riqualificata definitivamente in omicidio colposo con colpa cosciente e dopo diversi passaggi furono confermate sei condanne a manager tedeschi e italiani, il 13 maggio 2016. Harald Espenhahn fu condannato a nove anni e otto mesi, Marco Pucci e Gerald Priegnitz a 6 anni e 3 mesi, Daniele Moroni a 7 anni e 6 mesi, Raffaele Salerno a 7 anni e 2 mesi e Cosimo Cafueri a 6 anni e 8 mesi

I quattro italiani si consegnarono subito dopo la sentenza, mentre i due dirigenti tedeschi, Espenhahn e Priegnitz, videro la loro pena ridefinirsi a 5 anni in patria. Gerald Priegnitz è entrato in carcere in Germania nel 2020, scontando la sua pena in semilibertà e cioè lavorando di giorno, sempre presso ThyssenKrupp, e rientrando in carcere di notte. Secondo informazioni della procura di Essen, riferite dall’emittente WDR, da novembre 2022 Priegnitz avrebbe lasciato definitivamente il carcere per buona condotta e sarebbe quindi libero. La pena di cinque anni risulterebbe essere essere stata scontata, quindi, dopo due anni e quattro mesi.

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