di Cristiana LaFenice Palias
Mi sono trovata a partecipare alla mia prima sessione di BDSM per caso.
Vivo a Berlino dal 2017.
Quando ancora risiedevo in Italia, avevo manifestato curiosità, rispetto all’argomento, ma in maniera totalmente esterna. Avendo 2 amiche mistress professioniste, la mia curiosità derivava principalmente da una intensa empatia nei confronti loro e di ciò che le appassiona.
Il mese scorso ho matchato un ragazzo su una nota app di incontri.
Ci siamo visti per il primo appuntamento in un bar; la seconda volta l’ho invitato a casa mia.
Dopo un caffè ed una breve chiacchierata, mi chiede se mi piace il cross dressing.
Gli rispondo di sì e lui si mette “comodo”: indossa un meraviglioso corpetto nero di pizzo con lacci di seta rosa.
Subito dopo mi chiede se ho una “safe word”.
So che tale “parola di sicurezza” è usata durante determinate pratiche BDSM, ma mi accorgo solo in quel momento che sto per parteciparvi.
Mi incuriosisco molto.
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Stabilita la parola, mi spiega che in determinati momenti mi chiederà “check” (controllo) ed io potrò replicare “check”, se è tutto ok, oppure usare la parola di sicurezza se ho qualsiasi tipo di fastidio o se qualcosa semplicemente non mi aggrada.
Stabilita questa regola, passiamo a quella che lui definisce “conversazione consapevole”, altrimenti conosciuta con l’acronimo di RBDSMA.
R sta per relationship status: entrambe le parti dichiarano onestamente se sono in un qualche tipo di relazione con qualcun*.
B è per boundaries: i limiti entro i quali ciascun* decide e vuole che l’altr* si spinga, le parti off limits, le azioni non desiderate.
D definisce i desideri, ovvero tutto ciò che è più funzionale al proprio piacere, le voglie che si vorrebbero soddisfatte.
S è “sexual health”, salute sessuale.
Questo è uno dei punti che più mi ha colpita, perché ritengo la consapevolezza al riguardo ancora abbastanza scarsa in troppi contesti.
Nel mio caso, con certificati alla mano, ci siamo scambiat* notizie riguardo gli ultimi esami del sangue, risultati di HIV, HPV e malattie veneree, presenti o passate.
M sta per “meaning”: stabilisce il significato che si vuole attribuire a quell’atto in quel preciso momento. Anche questo ha decisamente destato il mio interesse. Quasi una dichiarazione d’intenti: illuminante, a mio parere.
Infine la A, che definisce l’”After care”, ovvero la cura che ci si prenderà l’un* dell’altr” dopo. Compresa una breve disamina dei momenti più significativi.
Avendo da sempre considerato il sesso come una delle azioni più istintive e slegate da regole e schemi, questo tipo di “inquadramento” mi spiazza, dapprima; poi mi soffermo a ponderare il fatto che, mio malgrado, ho una spiccata propensione per le regole. Se riesco ad aggiungere al piacere fisico e brado quello mentale e strutturato, questa potrebbe davvero diventare un’esperienza senza precedenti. Ed è questa la mia sfida: lasciarmi andare essendo in perfetto controllo.
Dopo la conversazione consapevole passiamo al setting del dolore.
Il mio ospite ha con sé un flogger, cioè un frustino in cuoio dal manico corto e dai lunghi lacci di pelle, sottili. Può essere usato in svariati modi ed a diverse intensità. Il mio partner, mi fa provare da 0 a 5, dove 0 è un delicato e piacevolissimo sfioramento, e 5 (già 6 brucia un po’) è la mia soglia. Lui testa ogni colpo ed ogni intensità prima su sé stesso, ed alterna l’uso del frustino su di me e su di sé per tutto il tempo.
Essendo, questa persona, anche uno yogi ed un esperto nella disciplina del tantra, unisce più tecniche e tipi di stimolazione, per un risultato sorprendente.
Per indole, non credo a niente che io non possa toccare con mano.
L’esistenza dei chakra e la loro attivazione, mi hanno sempre destato molto scetticismo. Fino al mese scorso. Averne l’evidenza empirica è stata una gran bella sorpresa.
Per quel che mi è capitato di esperire, il BDSM non è necessariamente solo la gamma di pratiche relazionali ed erotiche basate sul dolore ed il gioco di potere, bensì un universo molto più vasto.
Ho scoperto che vi è molto di più che un semplice rapporto dominante-sottomesso, e che questi ruoli sfumano nella versatilità del ruolo di “switch”, anche in diversi momenti di una stessa sessione.
“Sane, safe and consensual – Consent and the Ethics of BDSM” dell’attivista David Stain, è una lettura d’approfindimento molto consigliata, sia nei confronti di chi sia interessato alle pratiche BDSM, sia ai semplici curiosi.
Alcune ricerche recenti evidenziano come le persone che praticano BDSM abbiano una diversa e più profonda consapevolezza rispetto alla propria sessualità, al proprio corpo ed alla percezione del corpo delle altre persone, e come ciò si rifletta positivamente sia nella vita privata, sia sulla sfera professionale e, più in generale, nei confronti di tutte le relazioni sociali. I loro livelli di stress sono in media del 30% più bassi; sono meno inclini alla depressione e all’ansia.
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