Colpo dei gioielli di Dresda, le assurde confessioni dei Remmo: “È stata solo un’avventura”

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Ci sono novità sul colpo dei gioielli della Volta Verde del castello di Dresda: ha infatti confessato anche Bashir Remmo, uno degli imputati nel processo per l’effrazione della famosa “stanza del tesoro” e per il furto di gioielli unici al mondo.

Si presume che il clan Remmo, famoso in Germana per le sue imprese criminali, volesse rubare per primo il famoso “Diamante Verde”, 41 carati, il gioiello meglio custodito della Sassonia.


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Bashir Remmo: “È stata solo un avventura”

Bashir Remmo, 24 anni, ha confessato venerdì, davanti al tribunale di Dresda, dichiarando che il suo ruolo era sostanzialmente quello di fare da palo davanti alla finestra e in seguito prendere il bottino.

Il suo avvocato ha aggiunto che per Bashir la partecipazione al furto è statauna semplice avventura”, più che la conseguenza di una pianificazione a freddo. Bashir ha aggiunto di essere stato sottoposto, per via dei preparativi, a un notevole stress e di essersi “lasciato trasportare”.

L’esterno della Volta Verde, dove si trova la cosiddetta “stanza del tesoro”, Castello di Dresda. Jörg Blobelt, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

Abdul Majeed: troppo incapace per essere colpevole

L’avvocato di un secondo imputato, Abdul Majeed, 23 anni, ha cercato invece di scagionarlo evidenziando quanto inadeguato sia stato il suo apporto. Majeed avrebbe dovuto infatti procurarsi gli attrezzi per il furto e per questo aveva rubato delle asce in un negozio di bricolage a Berlino, ma gli strumenti si erano rivelati non adatti. Le asce erano troppo piccole e i bastoni troppo corti e questo avrebbe rallentato l’effrazione.

Come se non bastasse, Majeed avrebbe commesso un errore anche nella scelta della tonalità della carta crespa usata per sostituire la griglia segata. Non sarebbe inoltre stato presente durante il furto.

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Rabieh Remo, cugino di Majeed: “Non condannatelo, non doveva neanche venire perché inaffidabile”

”Sto testimoniando perché so che altrimenti mio cugino Abdul Majed dovrà affrontare una pesante condanna” ha dichiarato Rabieh Remo, appartenente a un altro ramo del clan, che ha un nome quasi uguale a Remmo, ma una “m” di meno. “Era coinvolto, ma non doveva venire con noi a Dresda, perché considerato inaffidabile” ha spiegato, cercando di far passare il concetto che il cugino sia troppo inetto per delinquere ad alti livelli.

Mohamed Remmo, il 23enne che ha avuto l’idea

Il primo impulso al furto sarebbe venuto dal più giovane dei Remmo, Mohamed, 23 anni, che avrebbe avuto l’idea durante una gita scolastica. Anche Mohamed ha affidato le sue considerazioni all’avvocato, che le ha lette in aula. “Il furto con scasso è stata una mia idea. Un conoscente che era in gita mi ha mandato una foto del diamante verde e mi ha detto: ‘Guarda un po’!” ha dichiarato il 23enne.

Il verde di Dresda è il diamante di colore verde più grande del mondo. Andraszy, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

Mohamed Remmo ha inoltre aggiunto di aver abbandonato il progetto, dopo che alcune persone della sua cerchia si erano recate a Dresda in ricognizione. “Il Diamante Verde era troppo protetto e i gioielli del caveau molto difficili da vendere” ha spiegato.

Ha quindi aggiunto di aver appreso, appena poche settimane prima del crimine, che il furto era stato pianificato comunque. “Ero incazzato e ho insistito per essere presente, ma ero solo un esecutore al seguito di altri” ha precisato, confermando la presenza a Dresda di sei ladri. “All’epoca non mi sono reso conto dell’entità del furto” ha concluso.

Wissam Remmo: “Mi sentivo il principe dei ladri, invitato ovunque”

Wissam Remmo, 26 anni, ha parlato del periodo successivo al furto come di una fase di frenesia totale, in cui si sentiva una sorta di “principe dei ladri”, con cui tutti volevano improvvisamente fare festa. “Mi invitavano a mangiare, bere e consumare cocaina. Non ne ho mai presa così tanta”.

Wissam Remmo è effettivamente una sorta di superstar del furto “spettacolare”, considerando che è noto anche per aver rubato a Berlino una moneta da 100 chili, nel 2020. Si trattava della Big Maple Leaf e ai tempi il furto aveva fatto scalpore, nella capitale tedesca.

Giorni prima dell’irruzione nel castello di Dresda, il 26enne aveva tagliato le sbarre di una finestra del caveau: “Avevamo preso in prestito l’attrezzatura. Per tagliare una sbarra ci volevano solo pochi secondi. Abbiamo messo la musica per coprire il rumore. La griglia tagliata è stata rimessa a posto. Abbiamo coperto le interfacce con nastro adesivo e le abbiamo dipinte di nero. Nei giorni precedenti il furto, abbiamo controllato più volte se il camuffamento reggeva ancora” ha ricostruito in aula.

Un sommozzatore della polizia perlustra un canale a Neukoell, Berlino, il 25 dicembre 2022, alla ricerca dei gioielli rubati di Dresda. Foto: EPA-EFE/HANNIBAL HANSCHKE

Riguardo ai gioielli rubati, Wissam Remmo ha dichiarato di rendersi conto che il bottino non ha un valore solo materiale, ma anche sentimentale. “Mi dispiace molto che parti che non possono essere sostituite siano andate perse” ha commentato. Anche a Natale e a Santo Stefano, i sommozzatori di Berlino hanno cercato nel Landwehrkanal eventuali gioielli mancanti. Al momento, però, non c’è stato nessun ritrovamento. Il grosso dei gioielli è stato invece recuperato. Consegnato, si dice, in un ufficio legale della capitale, presumibilmente per giungere a un accordo con la procura.

Verso il patteggiamento: 7 anni invece di 15

Nella direzione di un patteggiamento potrebbero inserirsi anche le recenti confessioni degli imputati. L’avvocato difensore, Robert Zukowski, ha risposto infatti in questo senso a un’esplicita domanda della BILD. Solo l’incendio doloso aggravato nel parcheggio sotterraneo, con cui gli imputati hanno neutralizzato l’illuminazione stradale, potrebbe infatti far rischiare loro fino a 15 anni di carcere. Collaborando, possono invece arrivare a un massimo di 7 anni. Naturalmente, il tribunale dovrà ora esaminare le confessioni, per verificarne la veridicità.

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