Angela Merkel difende l’appoggio a Nord Stream 2: “il gas non era un’arma”
Dopo l’incontro con il giornalista dello Spiegel Alexander Osang, che si è trasformato in uno degli eventi politico-mediatici più seguiti degli ultimi anni, l’ex cancelliera Angela Merkel ha nuovamente rilasciato un’intervista, questa volta al Redaktionsnetzwerk Deutschland (RND). In questa occasione, Merkel ha parlato delle scelte politiche che hanno caratterizzato la sua carriera, difendendo le più criticate: l’appoggio a Nord Stream 2 e la politica di accoglienza dei rifugiati.
Merkel difende le scelte fatte sui rifugiati: “conformi ai principi del partito e della Costituzione”
“Ora sono libera” ha detto di sé l’ex cancelliera, parlando del ritorno alla vita privata dopo trent’anni di politica e 16 di cancellierato. Il periodo di massima pressione, ma anche il più emozionante, afferma, l’ha sperimentato durante la crisi dei rifugiati del 2015/2016, quando le sue politiche di accoglienza le valsero critiche quasi universali dentro e fuori dal partito e dal governo. “Ero molto forte dentro, in quel momento” afferma Merkel, che difende le scelte di accoglienza definendole “Conformi alla C presente nella sigla del mio partito e all’articolo 1 della Costituzione” (che recita “La dignità umana è inviolabile. È dovere di tutte le autorità statali rispettarla e proteggerla”.
Putin, Nord Stream 2 e il commercio come elemento di mediazione. L’ex cancelliera ribatte alle critiche
Un’altra decisione fortemente criticata – più in tempi recenti che all’epoca in cui fu presa – è stato l’appoggio al progetto del gasdotto Nord Stream 2 nel Mar Baltico. Secondo gli avversatori delle politiche di Merkel rispetto alla Russia, la costruzione di nuovi vincoli commerciali ed energetici, perfino di una dipendenza in tal senso, con la Russia di Putin che aveva già invaso la Crimea erano rischiose e miopi. L’ex cancelliera difende quelle decisioni, ricordando che la Russia era la seconda potenza nucleare mondiale e dichiarando “non credevo al cambiamento attraverso i rapporti commerciali, ma alla connessione attraverso i rapporti commerciali”. Alla luce di questa convinzione che l’interdipendenza economica potesse avere un’influenza positiva sul quadro geopolitico, Merkel giustifica il via libera all’oleodotto dopo gli accordi di pace di Minsk.
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La difesa di questa particolare decisione, tuttavia, non passa solo per l’analisi politica dell’epoca, ma anche per quella attuale. Le critiche mosse prima della costruzione dell’oleodotto si concentravano, ricorda Merkel, sul fatto che, dopo il completamento di Nord Stream 2, quando l’Ucraina non fosse più stata indispensabile per il passaggio del gas russo, Putin avrebbe attaccato la repubblica ex sovietica o almeno l’avrebbe impoverita smettendo del tutto di farvi transitare il gas diretto in Europa. L’attacco all’Ucraina, invece, è partito a febbraio, quando ancora neppure un metro cubo di gas era stato trasportato nelle condutture di Nord Stream 2. Questo, secondo Merkel, farebbe cadere la tesi del gas russo come “arma” geopolitica di Putin.
Il gasdotto, afferma, era l’opzione più conveniente per la Germania, a fronte di un incremento dei prezzi dell’energia dovuti alle misure di protezione climatica che prevedevano l’abbandono graduale del carbone e del nucleare. L’alternativa – il gas liquido proveniente dall’Arabia Saudita, dagli USA e dal Qatar – era più costosa e anche meno sostenibile dal punto di vista ambientale.
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I rapporti con Putin: “nell’ultimo periodo non avevo influenza su di lui”
Sui rapporti con la Russia, Angela Merkel ammette che il suo ampiamente decantato ascendente su Putin si era notevolmente ridotto negli ultimi tempi, quando era diventato chiaro che – a differenza del leader russo – la cancelliera non sarebbe rimasta in carica ancora a lungo. Merkel arriva a ipotizzare che la fine del suo cancellierato possa aver contribuito a creare il quadro contingente che Putin ha considerato ideale per lanciare l’attacco all’Ucraina, insieme ad altri fattori come le elezioni in Francia, il ritiro delle truppe dall’Afghanistan e lo stallo dell’attuazione dell’accordo di Minsk.
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