AperturaAttualità

Giudice minacciato da un Reichsbürger ci racconta: “Come un movimento eversivo mette in subbuglio l’amministrazione della giustizia in Germania”

Vi abbiamo parlato più di qualche volta del fenomeno dei Reichsbürger, letteralmente “cittadini del Reich“, gruppo di estrema destra che non riconosce la Repubblica Federale Tedesca, le sue forze di polizia e le sue leggi. Finora abbiamo riportato le notizie di cronaca che li vedevano coinvolti e di cui i media si sono occupati. Oggi ospitiamo però un’analisi di particolare rilievo, sia per la conoscenza diretta che questa persona ha avuto del fenomeno, sia per la posizione e il ruolo che assume.

Alessandro Bellardita è infatti giudice penale a Karlsruhe e docente universitario presso la Hochschule für Rechtspflege Schwetzingen. Il suo contributo riflette infatti la sua esperienza, professionale ma anche personale, con un movimento dai tratti inquietanti.

Reichsbürger

Quando un Reichsbürger non riconobbe il mio ruolo di giudice

Correva l’anno 2014. Sembrava un giorno qualunque quel mercoledì primaverile, in pretura. Entrai nella sala 19 dell’Amtsgericht di Heidelberg, dove una volta a settimana svolgevo le mie udienze, e quello che vidi mi lasciò, a primo impatto, senza parole: un gruppo di persone, almeno dieci, erano sedute in fondo all’aula, nei posti riservati solitamente al pubblico, e alcuni di loro tenevano in mano un cellulare per filmarmi, mentre entravo. Presi posto, appoggiai i fascicoli sulla cattedra e feci inizialmente finta di niente.

Notai come l’imputato, un uomo di mezza età, con una barba folta e lunghi capelli grigi, non volesse sedersi. Lo invitai a prendere posto ma mi rispose che non riconosceva il mio ruolo di giudice e, dunque, avrebbe preferito restare in piedi. “Bene, può restare in piedi, considero il suo gesto come una particolare forma di rispetto nei confronti della Corte”, risposi, provando a mantenere la calma. Mi guardò stizzito.


reichsbürger

Leggi anche:
Berlino: automobilista Reichsbürger fugge da un controllo in auto e colpisce un poliziotto. Arrestato

Poi mi rivolsi al pubblico e dissi con chiarezza che non avrei tollerato l’utilizzo dei cellulari. Avrei punito ogni inosservanza con una sanzione a partire dai 250 euro. Mi guardavano senza commentare le mie parole, bisbigliarono tra di loro e nascosero i cellulari: temevano che glieli potessi sequestrare.

Solitamente le udienze finiscono con una sentenza di condanna o di assoluzione. In quel caso condannai l’imputato, che aveva commesso un reato stradale, nulla di particolarmente grave, ma il tumulto e le imprecazioni nei miei confronti furono tali che dovetti chiamare gli ufficiali di sicurezza per farli allontanare dalla sala. L’imputato, che non voleva accettare la condanna, continuò per molti anni a scrivermi lettere intimidatorie. Voleva un risarcimento: la mia colpa era semplicemente quella di avere fatto il mio dovere.

Cartello all’ingresso della casa di un Reichsbürger con abbreviazioni di diciture di pura fantasia (BRdvD = Repubblica federale della Germania unificata; JOIe = Iniziativa per le vittime della giustizia; Est-RJA = Ufficio di registrazione per la criminalità di governo, crimini di giustizia e abuso d’ufficio. Krawattenträger, Copyrighted free use, via Wikimedia Commons)

L’imputato renitente era un Reichsbürger, apparteneva cioè a un gruppo di destra estrema che si richiama al Deutsches Reich. I Reichsbürger non riconoscono l’autorità dell’attuale stato tedesco e sono una piaga per l’intera giustizia in Germania.

Fanno di tutto per far inceppare la macchina dello stato, se non peggio

Il mio primo incontro con questo fenomeno eversivo lo ebbi nel 2008, quando ancora ero un giovane tirocinante in una piccola pretura in Assia. L’imputato, in quel caso, aveva con sé una patente falsa, una patente del Reich“. E le forze dell’ordine, qualche mese prima dell’udienza, durante un controllo in autostrada, gli avevano sequestrato anche due armi illecite: una pistola e un fucile.

Le autorità tedesche stimano che una buona parte dei Reichsbürger possiedano armi, anche legalmente. Un dato preoccupante, che fa da eco all’omicidio di Georgensgemünd, nell’ottobre 2016, quando un Reichsbürger, che non voleva accettare la perquisizione della sua casa, sparò undici colpi ferendo tre agenti di polizia e uccidendone uno. Fu condannato all’ergastolo con sentenza definitiva della Corte federale penale nel gennaio del 2019.

Il movimento dei Reichsbürger non ha un vero e proprio direttorio centrale. Tuttavia dispone di un’ampia rete di persone che non solo non riconoscono lo stato tedesco, ma lo detestano e fanno di tutto per ostacolarne il funzionamento. Qualche anno fa, ad esempio, una procura del Baden-Württemberg ricevette una serie di fax di centinaia di pagine: praticamente l’intera comunicazione con l’esterno fu bloccata per molte ore. A quei tempi anche i rapporti delle forze di polizia giungevano via fax, se riguardavano un caso impellente. Lo scopo era quello di creare caos, di dare fastidio.


Villa di Goebbels Bogensee 3

Leggi anche:
Reichsbürger cercano di comprare la villa di Goebbels vicino Berlino per fondare un regno

Ad avere problemi con i Reichsbürger non solo i membri dell’amministrazione, ma anche i semplici cittadini

I Reichsbürger, però, non si limitano a creare scompiglio per creare problemi ad autorità giudiziarie o sedi amministrative: non pochi sono infatti indebitati e rifiutano il pagamento di fatture o di alimenti divorzili, rendendo la vita difficile anche a soggetti privati, cittadini e imprenditori. In questi casi, l’unico consiglio utile è quello di non lasciarsi intimidire e di rivolgersi il più presto possibile alle forze dell’ordine.

Secondo la stima dell’ufficio federale di polizia criminale, i Reichsbürger attivi in Germania sono circa 21.000, molti di loro sono in possesso di armi, alcuni sono stati condannati per reati gravissimi. Per loro la Repubblica federale tedesca è una semplice società privata, una GmbH, dunque non esisterebbe come stato. Secondo loro il Grundgesetz, la costituzione federale tedesca, sarebbe nato come un atto provvisorio e al più tardi con la riunificazione delle due Germanie avrebbe perso la sua validità.

Le ragioni per cui i Reichsbürger non riconoscono la costituzione tedesca

Questa tesi assurda fa riferimento ad un celebre discorso del 1949 di uno dei padri della Costituzione tedesca, Carlo Schmid. Ma si tratta, ahimè, di un’interpretazione a dir poco faziosa delle parole di Schmid, che in realtà, con la sua articolata presa di posizione, intendeva giustificare l’utilizzo del nome Grundgesetz, vale a dire “legge fondamentale”, un nome inusuale per una costituzione. I motivi che, però, spinsero Carlo Schmid e gli altri membri della costituente ad evitare il termine Verfassung (costituzione, in tedesco) furono di natura politica: si voleva evitare una reazione da parte dell’Unione Sovietica, una reazione che avrebbe portato alla costituzione di uno stato nella zona di occupazione sovietica.

La strategia di Schmid, tuttavia, non servì a nulla: pochi mesi dopo l’entrata in vigore del Grundgesetz, nel maggio 1949, fu fondata la Repubblica democratica tedesca (la DDR).

La cittadina di Heidelberg, Baden-Württemberg. Horst J. Meuter, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

Giudici minacciati: un’esperienza personale

La mia vicenda personale più assurda riguarda un Reichsbürger di Heidelberg, che aveva inizialmente citato in causa tre magistrati. A suo avviso, avrebbero fatto perquisire la sua abitazione dalle forze dell’ordine illegalmente. La perquisizione era legata ad un’indagine per truffa ai danni dello Stato: l’imputato aveva percepito il sussidio sociale per molti anni, ma in realtà aveva degli introiti che aveva omesso di dichiarare al Jobcenter. In quel caso ero il giudice civile che doveva decidere se la sua richiesta di risarcimento (oltre 100.000 euro) fosse lecita.

Ovviamente non vi erano minimamente gli estremi giuridici per condannare i magistrati, che avevano svolto il loro mestiere senza aver commesso alcun tipo di irregolarità. Il Reichsbürger perse la causa ma non si arrese e cominciò a minacciarmi con ripetute lettere nelle quali chiedeva un’ingente somma di denaro. Lo rividi due anni dopo in tribunale: lui era l’imputato, io ero uno dei tanti testimoni. Fu condannato per tentata estorsione in 39 casi. Evidentemente non ero l’unico magistrato che aveva minacciato.

Solo per una pura coincidenza scoprii che aveva addirittura tentato di far annotare un falso credito nei miei confronti tramite una ditta di esazione con sede a Malta. Fortunatamente fu arrestato poche settimane prima dell’avvio della procedura giudiziaria. In quel caso avrebbe ottenuto, a mio discapito, un titolo eseguibile anche in Germania.

P.S. Se questo articolo ti è piaciuto, segui Il Mitte su Facebook!

Related Articles

Back to top button