Riccardo Simonetti e il finto scandalo della “Madonna trans”: quando impareremo a parlare?

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Riccardo Simonetti. Photo credits: EPA-EFE/FOCKE STRANGMANN

Nel caso qualcuno se lo stesse domandando, nessuno, in Germania, si sta strappando le vesti perché il fashion blogger e influencer italo-tedesco Riccardo Simonetti si è messo un velo in testa e ha posato per una copertina con un bambolotto in braccio. E nemmeno perché, nell’interno dello stesso servizio fotografico, alla composizione si aggiunge un giovane dalla pelle scura con un abito rosa di taglio mediorientale, a mo’ di San Giuseppe.

In Italia, invece, si è diffuso il panico della famigerata “Madonna trans” e all’intero blocco conservatore, nonché a una certa parte della stampa, non sembra vero di poter gridare al vilipendio della religione perché una persona lgbtq+ ha vestito i panni di una figura legata alla religione cattolica. Specialmente se, per soprammercato, ci si può aggiungere qualche strale contro l’Unione Europea, che avrebbe nominato questo bestemmiatore barbuto dalle lunghe ciglia “ambasciatore UE per i diritti civili”.


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La vera storia della “Madonna trans”: Riccardo Simonetti presenta un libro e ottiene la copertina di Siegessäule

Prima di addentrarci nel folklore delle polemiche nostrane, diamo un’occhiata ai fatti, anche solo per distinguerci dalla maggior parte dei commentatori italiani, siano essi politici che non hanno guardato oltre la copertina dell'”immacolato Simonetti” o colleghi che non riescono a riportare correttamente il nome della rivista, figuriamoci a leggerla. Per il futuro: l’umlaut sulla tastiera italiana si fa con la combinazione alt+u seguita dalla vocale interessata. Oppure potreste copiare il nome della rivista da questo articolo: Siegessäule. Non è difficile.

Riccardo Simonetti, come abbiamo già detto, è un influencer e un fashion blogger. Non un teologo, non un filosofo, non un candidato cancelliere, non un direttore di giornale. È anche un giovane omosessuale e, come molte, se non tutte le persone lgbtq+, ha una storia di coming out. Questa storia è stata raccontata in un libro, scritto a quattro mani con la madre e presentato nel popolare locale berlinese SchwuZ. Lo stesso che ha ospitato il “concerto lampo” dei Maneskin lo scorso giugno, per intenderci. Dal momento che Simonetti è famoso, non ha dovuto, come molti scrittori, elemosinare recensioni presso piccole pubblicazioni online, ma si è aggiudicato la copertina della più nota rivista queer del Paese.

Qui, per quanto possa sembrare strano, dobbiamo spezzare una lancia a favore de Il Giornale, che ha riportato per primo in italiano la notizia, poi smentita dal Parlamento Europeo, di una presunta carica di “ambasciatore Ue per i diritti civili” attribuita a Simonetti. Una notizia non corretta, ma non per colpa del quotidiano italiano.

La falsità che ha mandato in brodo di giuggiole gli inquisitori nostrani, infatti, è stata riportata da Siegessäule. Il Parlamento Europeo, si è scoperto in seguito alla smentita, collabora con molti influencer per raggiungere giovani e sottoculture, ma non crea posizioni da “ambasciatori”. Piuttosto informa i suddetti influencer sulle politiche di riferimento e spera che questo aiuti a far conoscere l’azione legislativa in certi ambiti. Ma che altro si apprende dalla famigerata intervista all’influencer italo-tedesco?

Rainbow Black Madonna of Częstochowa. KamillaŚ, CC0, via Wikimedia Commons

Nell’articolo, prevedibilmente, si parla soprattutto del libro di Riccardo Simonetti – che si è fatto intervistare per venderlo, quindi era difficile che parlasse d’altro. Si parla anche del suo coming out, della difficoltà di crescere omosessuale in una piccola comunità molto religiosa e frequentando una scuola cattolica, del fatto che molte persone omosessuali, ancora oggi, in Germania, fatichino a dichiararsi, della gioia di Simonetti nel poter parlare del suo percorso insieme alla madre. E la Madonna trans?

La questione della Vergine Maria: niente di nuovo, niente di eccezionale

All’unica domanda sulla copertina, ovvero sulla foto che lo ritrae nei panni della Vergine Maria, Simonetti risponde come ci si aspetterebbe da un influencer e fashion blogger. Simonetti non condivide nessuna profonda riflessione teologica sulla natura del concepimento divino, non ha un’opinione sull’eresia ariana che vedrebbe Gesù come creato e non generato (a differenza di Salvini), non si degna neppure di dirci la sua sulla transustanziazione.

No, l’ex-chierichetto Simonetti dice, testualmente: “Il mio obiettivo non è offendere le persone in base alla loro fede, ma ricordare loro che ci sono tanti punti interrogativi nelle storie bibliche. Se Maria era una vergine che ha avuto un figlio senza fare sesso, allora possiamo altrettanto facilmente immaginarla come una persona gender non-conforming. Tutti possono ritrovarsi in lei! Nessuno di noi ha il diritto di appropriarsi di una certa immagine di Dio!”

Le provocazioni che fanno saltare i cattolici come pupazzi a molla

Simpatico, per carità, siamo anche contenti per lui, ma oggettivamente non la riflessione teologica più rilevante dell’ultima decade. E nemmeno una provocazione particolarmente originale, dal momento che, negli ultimi quindici anni di pride, non è mai mancato un corteo con una donna trans crocifissa, una Vergine Maria drag, innumerevoli suore barbute e probabilmente anche qualche Padre Pio con rossetto e ciglia finte.

Anche dal punto di vista dell’attivismo lgbtq+ si tratta ormai di una trovata piuttosto stantia, il cui unico scopo, in Italia, è quello di far saltare come pupazzi a molla i Pillon e le Meloni (e a quanto pare, ormai, purtroppo anche le Luxuria), con lo stesso spirito con cui nei bar di paese, un tempo, si pungolava l’ubriacone locale per farlo concionare su questo o quel tema fra la generale ilarità.

In Italia, appunto, perché altrove nessuno ha nulla da dire – e non perché la Germania sia un Paese prevalentemente protestante, ma perché è un Paese non congelato negli anni ’50. Il che è buffo, se si pensa che in Germania esiste ancora un partito accostabile alla Democrazia Cristiana e che è stato al potere per gli ultimi 16 anni, mentre da noi la DC non è che un lontano ricordo.

Un’occasione persa per non essere incivili

Per chiunque si occupi, a qualsiasi livello, di diritti lgbtq+ non c’è nulla di più sfiancante che dover constatare, per l’ennesima volta, che il discorso collettivo in merito, in Italia, ristagna, indietro di parecchie decadi rispetto al resto d’Europa. E non solo perché l’Italia non riconosce il matrimonio egualitario né la stepchild adoption, perché ancora si dibatte sul diritto delle persone trans a esistere o a formarsi una famiglia se lo desiderano, non solo perché Pillon, Meloni e Salvini si lanciano sulla polemica come mosche affamate, gridando alla blasfemia e dicendo che gli Eurocrati cattivi ci vogliono vietare il Natale ed eleggono un “ambasciatore dello schifo” (Cit. Pillon).

Non solo, dunque, per tutte queste validissime ragioni, ma anche perché la nostra stampa nazionale titola “Madonna trans”, quando in copertina su Siegessäule non c’è una persona trans, ma un uomo cisgender con un velo in testa e no, non è la stessa cosa. Ed è estenuante doverlo ripetere. E non ci si stupisce tanto di Giorgia Meloni che dice “un trans”: si sa che, per una certa destra, il rifiutarsi di riconoscere alle persone transessuali il genere di appartenenza è una questione di principio e che mai e poi mai la leader di FdI direbbe “una trans”. Però delude che perfino una testata moderata come Open, o una di sinistra come Fanpage, continuino a parlare di “Madonna trans” quando di “trans”, in questa foto, non c’è nulla.

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Estenua, ma non stupisce, che in Italia si perda l’ennesima occasione per fare un discorso di civiltà, per rimbeccare l’omofobia e la transfobia di casa nostra con argomenti solidi, invece di far finta che una figura religiosa associata all’omosessualità o alla transessualità sia ancora uno scandalo per qualcuno, come se Elizabeth Ohlson Wallin non avesse rappresentato un’ultima cena interamente queer nel 1998, come se Gilbert & George non avessero accostato temi queer alla crocifissione per trent’anni.

Ed estenua, ma non stupisce, che ci si concentri su queste polemiche sterili invece di prendere la foto di Simonetti per quello che è: l’elaborazione di un pensiero ingenuo sull’inclusività della religione, che un po’ fa tenerezza e un po’ fa sorridere se si pensa che, sotto sotto, un influencer del suo calibro sapeva che avrebbe attirato qualche strale e un po’ di visibilità in più sul lancio del libro. E buon per lui.

Non c’è nessuna Madonna trans. In compenso in Italia c’è un problema di transfobia

Quello che non stupisce, ma fa cadere le braccia, è che ancora praticamente nessuno, fra stampa nazionale e politica italiana, sia in grado di mostrare la minima proprietà di linguaggio nel distinguere fra persone trans e persone queer in generale, fra donne trans e uomini cis con un abito lungo, fra drag queen e donne trans, fra uomini trans e donne lesbiche, fra “in altri Paesi c’è un po’ meno omofobia in giro che da noi” e “l’Europa vuole rendere illegale il Natale”.

Come se fosse tutto un complotto che parte dal Babbo Natale gay norvegese e arriva alla messa al bando del nome Maria. Come se il Grinch in salsa arcobaleno stesse tramando per obbligarci a sostituire il presepe con un tableau vivant di tutta la filmografia di Ozpetek e le maratone di “Mamma ho perso l’aereo” con repliche infinite di “Querelle” e “The L Word“. Questo gridare continuo all’oppressione da parte di una maggioranza che opprime è svilente, deprimente, sfiancante. No, non c’è nessuna Madonna trans e le parole sono importanti. E già che siamo in tema, come diceva Nanni Moretti, per cortesia, basta.

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