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Il “bombarolo” di Schöneberg confessa: “Con le esplosioni combattevo lo stress”

Nei giorni scorsi vi abbiamo parlato dell’inizio del processo contro un insegnante di 30 anni, accusato di aver fatto esplodere otto bombe a tubo nel distretto di Schöneberg. Nella stanza 500 del tribunale penale di Moabit, l’uomo, visibilmente nervoso e provato, ha chiarito martedì il motivo del suo comportamento e dichiarato che il suo intento non era di fare del male, ma solo di scaricare lo stress.


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Esplosioni per combattere lo stress

Tra dicembre 2020 e febbraio 2021, l’imputato ha lanciato alcune bombe a tubo dalla finestra del suo appartamento in Eisackstraße e dato fuoco ad altri dispositivi nel cortile dell’abitazione. Davanti al giudice si è detto sconvolto dalle sue stesse azioni e ha chiesto scusa. Ha dichiarato inoltre che con le esplosioni aveva cercato di gestire l’aumento del sovraccarico emotivo subito in quel periodo. “Volevo controllare i miei conflitti interiori in modo sempre più ossessivo, attraverso la compulsione delle esplosioni” ha dichiarato.

L’imputato: “Mi sono illuso di avere il controllo”

Il trentenne ha sottolineato che il suo intento non era assolutamente ferire persone o distruggere cose e che all’epoca si era “illuso di avere il controllo” delle esplosioni con cui combatteva lo stress, ignorando i pericoli dell’operazione.

Ha inoltre dichiarato di aver riflettuto seriamente sulla pericolosità del suo comportamento solo durante i sette mesi di detenzione preventiva seguiti al suo arresto, avvenuto nel febbraio del 2021. “È stata una fortuna che non sia successo altro” ha chiosato. Quando la polizia ha arrestato l’imputato, ha inoltre trovato nel suo appartamento e in uno scooter altri 14 dispositivi esplosivi e incendiari di fabbricazione casalinga.

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Tubo bomba esploso. Public domain

L’accusa ricorda la pericolosità delle azioni dell’imputato

L’accusa ha ricordato che dopo la mezzanotte del 20 gennaio una persona è rimasta ferita dall’esplosione di una bomba a tubo, che l’imputato aveva legato a un segnale stradale. In quella circostanza, l’imputato aveva fatto esplodere la bomba con un telecomando e un uomo, che era poco distante a fumare davanti a un’abitazione di Fritz-Reuter-Straße, è stato colpito alla gamba, fortunatamente in modo non grave.

Alcune parti del dispositivo sono inoltre volate fino a 80 metri e l’onda d’urto ha rotto il vetro della finestra di un appartamento, proiettando dei frammenti di vetro vicino al letto di un bambino che dormiva.

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L’imputato: “In quel periodo vivevo una situazione di stress estremo”

L’imputato ci ha tenuto a ribadire che alla radice di tutto ci sarebbe una situazione di ansia crescente, subita proprio in quel periodo. L’uomo era al suo secondo esame di stato e a partire dal secondo semestre la pandemia, insieme alla complicata interazione con gli studenti, lo aveva messo in una situazione di “stress estremo”. L’insegnante riteneva che non avrebbe superato l’esame e aveva cominciato a fare uso di alcol e droghe.
I fatti gli avevano dato torto e a gennaio aveva superato l’esame con un risultato “abbastanza buono”, ma il suo equilibrio emotivo era di fatto compromesso. “Ma non ho cercato aiuto” ha commentato l’imputato, esprimendo il desiderio di sottoporsi a una terapia.

Sono stati programmati finora altri sette giorni di processo, fino al 6 ottobre. La seconda udienza si terrà giovedì. L’imputato deve rispondere di aver pianificato e causato delle esplosioni e di lesioni corporali pericolose ai danni dell’uomo colpito a gennaio.

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