Le cifre riportate giornalmente dal sito del Robert Koch Institut non lasciano dubbi: l’incidenza del contagio in Germania è in rapido e costante aumento, con una media nazionale attestata al momento intorno ai 15 casi settimanali per 100.000 abitanti. Nella classifica che compara i livelli nei diversi Stati e nelle Città-Stato della federazione, Berlino, con un’incidenza di 24,8, è seconda solo ad Amburgo, maglia nera con 27,6. Questo vuol dire che ci stiamo avviando verso un nuovo lockdown, l’attivazione del freno d’emergenza e restrizioni paragonabili a quelle dell’autunno? Non necessariamente. A fronte delle mutate condizioni e del progredire della campagna vaccinale, la pandemia sta trasformandosi e, di conseguenza, anche la risposta delle istituzioni pare destinata ad assumere forme diverse rispetto a quelle dell’ultimo anno.
Quanto conta l’incidenza del contagio nella quarta ondata della pandemia?
Il dibattito sulla rilevanza dei contagi settimanali come “semaforo” di orientamento per le azioni che i governi locali e quello nazionale possono mettere in atto è già in corso da alcune settimane.
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L’attuale sistema dei “semafori” prevede un livello di allerta “giallo” quando l’incidenza arriva a 20 e “rosso” quando si toccano i 30. Dal punto di vista delle azioni, al doppio semaforo giallo corrisponde una necessità di discutere sulle misure da implementare, al doppio rosso, invece, la necessità di un’azione urgente. Autorità locali ed esperti, tuttavia, non sono più convinti dell’utilità di questo sistema di regolazione.
Le soglie, che sono state definite a maggio dell’anno scorso, dovrebbero essere prese in considerazione insieme ad altri due parametri: il trend di crescita settimanale (e non più, come all’inizio della pandemia, il fattore R, ovvero il numero di persone che ogni individuo infetto può a sua volta contagiare) e la pressione sul sistema sanitario, “calcolata” in ragione dell’occupazione dei letti di terapia intensiva. Fino a questo momento, questi tre indicatori sono sempre cresciuti o calati di pari passo, in proporzioni variabili ma più o meno prevedibili. Adesso, però, le cose sembrano essere cambiate e il Senato di Berlino sta valutando la possibilità di modificare di conseguenza le politiche di gestione della pandemia.
Che cosa è cambiato?
Il fattore determinante nella differenza fra la situazione pandemica attuale e quella dello scorso autunno è, ovviamente, il progredire della campagna vaccinale, che ha cambiato significativamente il decorso medio del contagio e della malattia. Secondo quanto riportato dagli operatori sanitari che registrano i nuovi casi di Covid, a essere contagiati sono soprattutto i giovani fra i 20 e i 24 anni, che statisticamente tendono a contrarre la malattia in forma più lieve. Questo non vuol dire, ovviamente, che sia prudente per un giovane esporsi al rischio del Covid – dal momento che è possibile sviluppare la malattia in forma grave indipendentemente dall’età – ma vuol dire che, al momento, all’incremento dell’incidenza non corrisponde un aumento proporzionale dell’impegno delle terapie intensive. Se prima, quindi, il raggiungimento di un certo livello di incidenza poteva essere preso come indicatore affidabile di un’incombente pressione sul sistema sanitario di lì a pochi giorni, questa correlazione sembra oggi assente.
In altre parole, più contagi non è necessariamente sinonimo di più ricoveri, il che vuol dire che gli ospedali non rischiano di trovarsi nell’impossibilità di offrire le cure necessarie ai pazienti Covid né a rimandare altre prestazioni sanitarie per dare precedenza alle vittime della pandemia. In futuro, quindi, il Senato di Berlino potrebbe dare un peso decisamente maggiore all’impatto dei contagi sul sistema sanitario, piuttosto che all’incidenza considerata come valore a sé.
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