Ampelmann, l’omino del semaforo della Germania est… sopravvissuto fino ad oggi
Per chi vive a Berlino l’Ampelmann o Ampelmännchen (letteralmente uomo oppure omino del semaforo) fa parte del paesaggio, ma la sua presenza non è così scontata e la sua storia è molto affascinante e piena di risvolti interessanti. Partiamo dall’inizio.
Le origini dell’Ampelmann
Era la fine degli anni cinquanta e i normali semafori creavano problemi al traffico urbano. Intanto erano gli stessi per pedoni, automobili e biciclette, ma poi i diversi colori non erano percepiti dai daltonici e dagli ipovedenti e le luci risultavano troppo basse, in contrasto con quella del sole e con l’illuminazione artificiale urbana. Questo produceva confusione e frequenti incidenti, spesso mortali.
Occorreva una soluzione e fu per questo che nel 1961 la commissione per il traffico di Berlino est si rivolse a Karl Peglau, uno psicologo del traffico, vale a dire un esperto di quella branca della psicologia che studia i comportamenti umani sulla strada. Al fine di creare un’alternativa utile.
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Da destra a sinistra: un svolta… politica!
Peglau ideò un nuovo tipo di semaforo antropomorfo, sostituendo le semplici luci usate fino a quel momento con degli omini: un omino rosso frontale, con le braccia allargate, come segnale di stop, e un omino verde, laterale e in movimento, per il via libera. Originariamente l’omino laterale era rivolto a destra, ma per ragioni politiche fu in seguito girato verso sinistra.
Entrò quindi in gioco Anneliese Wegner, la segretaria di Peglau, che disegnò una prima bozza in cui dotò gli omini di cappotto, cappello, occhi naso, orecchie e dita. L’idea piacque molto, ma considerazioni di natura economica fecero sì che alla fine gli omini mantenessero solo naso, cappotto e cappello, risultando più stilizzati che nell’idea originaria.
L’Ampelmann, non solo simbolo di “ostalgie”
Il primo Ampelmann fu installato a Berlino est nel 1969, tra Unter den Linden e Friedrichstraße, ma ne seguirono altri, che si moltiplicarono in tutta la Germania est, effettivamente migliorando di molto il traffico stradale.
Dopo la riunificazione tedesca del 1990, gli omini del semaforo furono rimossi in molte città dell’ex blocco sovietico tedesco, in quanto considerati simbolo della DDR e della cosiddetta “ostalgie”, la nostalgia per la vecchia Germania est. Ma c’è un “ma”. L’Ampelmann era infatti così amato e così parte dell’identità popolare, nell’est della Germania e al di là di ogni considerazione politica, che molte pressioni vennero esercitate affinché non venisse spazzato via dal nuovo corso degli eventi.
Alla fine, grazie a un’ordinanza emessa dalle autorità competenti, l’Ampelmann fu mantenuto in molte città, inclusa Berlino. E la statua di un Ampelmann è stata eretta persino per celebrare i 25 anni dell’unificazione tedesca. È opera dall’artista Ottmar Hörl, ha un’altezza di circa 3 metri e mezzo e si trova vicino a Potsdamer Platz.
La fortuna commerciale dell’Ampelmann
Un ulteriore impulso alla fama dell’Ampelmann fu dato dal graphic designer di Tubinga Markus Heckhausen. Affascinato dai semafori antropomorfi che aveva visto per la prima volta a Berlino est nel 1980, quindici anni dopo Heckhausen lanciò una linea di lampade che ne riproducevano le fattezze.
Fu l’inizio di una fortunatissima idea commerciale, che vide moltiplicarsi i gadget a forma di Ampelmann: magliette, biciclette, portachiavi, caramelle e perfino un ristorante a tema: l’omino del traffico dell’est era diventato un’icona pop. Un accordo con l’ideatore dell’omino, inoltre, rese Hechausen l’unico detentore dei diritti sul “marchio Ampelmann”.
Oggi è possibile incontrare l’Ampelmann anche nell’ex Germania occidentale e ci sono inoltre due varianti del modello standard: con l’ombrello in mano e nella sua versione femminile, come a Zwickau, in Sassonia.
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