Tredicenne accoltellato, un incontro letale: continua il processo
Continua da due settimane, a Berlino, il processo relativo al tredicenne accoltellato lo scorso anno, un ragazzo siriano di 13 anni, Mohammed, detto Momo.
La dinamica dell’omicidio
Il 31 ottobre del 2020, nell’ultimo giorno della sua vita, Momo era stato con degli amici prima ad Alexanderplatz, poi in un supermercato e infine il gruppo aveva optato per il Monbijoupark, vicino all’Isola dei Musei.
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Per raggiungere la destinazione, il gruppo di giovani ha dovuto attraversare un sottopassaggio ed è qui che si è consumato il dramma. Momo camminava con gli occhi fissi sul suo cellulare e per questa ragione si è scontrato accidentalmente con una coppia, un uomo di 41 anni e una donna di 23.
Ne è nato uno scontro verbale e l’uomo ha tirato fuori un coltello e lo ha piantato nel cuore del tredicenne, per poi ferire gravemente il 22enne Ahmed, accorso in difesa di Momo. Il 22enne è stato in seguito ricoverato e ha dovuto subire un intervento chirurgico d’urgenza. Da allora, secondo quanto dichiarato da un esperto, soffre di un grave disturbo da stress post-traumatico.
Momo è morto dissanguato in pochi minuti. Il patologo forense ha dichiarato in tribunale di aver visto raramente una ferita da taglio così profonda. Il tredicenne è stato colpito con una forza tale che entrambi i ventricoli risultano lesi dalla coltellata.
La madre del tredicenne accoltellato: “Fuggito dalla Siria per morire in Germania”
Molti dei testimoni presenti in aula in questi giorni sono appena adolescenti e visibilmente colpiti da ciò che hanno vissuto. Una ragazza non smette di piangere, un altro ha dichiarato di aver visto la maglia della vittima diventare, da bianca, completamente rossa. “È stato uno shock” ha riferito al giudice.
I genitori della vittima indossano magliette bianche con un cuore rosso e la foto di Momo, con su scritto “Ci manchi”. Ogni giorno si siedono in aula di fronte all’imputato, ascoltando l’interprete tradurre tutto quello che accade. Più volte la madre scoppia in lacrime e durante le pause scorre le foto del figlio sul cellulare.
La madre di Momo è una parrucchiera, mentre il padre è un falegname. Sono entrambi palestinesi e fino al 2015 vivevano tutti insieme a Yarmuk, vicino a Damasco. Nel 2015 la madre era fuggita in Libano con Momo e suo fratello minore, per poi trasferirsi a Berlino dopo qualche anno. Un anno e mezzo fa era arrivato nella capitale tedesca anche il padre e la famiglia si era riunita. “Sono fuggita dalla Siria per portare mio figlio al sicuro ed è morto qui in Germania”, è il commento disperato della donna.
La versione dell’imputato, Gökhan Ü.
Il 41enne Gökhan Ü., un macellaio di nazionalità turca, è al momento imputato di omicidio colposo e lesioni personali gravi. Dichiara di non sapere come sia finito in questa situazione e si rifiuta di parlare direttamente. Il suo avvocato ha però letto una sua ricostruzione degli eventi.
In base a questa ricostruzione, diffusa da diversi media tedeschi, il giorno della tragedia Gökhan Ü. era uscito con una ragazza e i due passeggiavano mano nella mano. Mentre attraversavano il sottopassaggio in direzione del Monbijoupark, avevano incrociato Momo e i suoi amici.
Sempre secondo l’imputato, il tredicenne avrebbe quindi urtato la donna, l’imputato lo avrebbe accusato di essere irrispettoso e avrebbe ricevuto come risposta uno “sguardo aggressivo” e una “frase gridata in arabo“. A quel punto Gökhan Ü. dichiara di essersi sentito minacciato e di aver tirato fuori il coltello.
L’imputato asserisce inoltre di avere una grave malattia cardiaca e di essere stato preso dal panico. Il tribunale dovrà ora valutare se si sia sentito minacciato e abbia agito per presunta autodifesa o se l’aggressione sia partita da lui.
La donna coinvolta nell’episodio: “A minacciare era soprattutto Gökhan Ü.”
A complicare la posizione di Gökhan Ü. ci sono i suoi precedenti penali per lesioni gravi e ingiuria, ma soprattutto la testimonianza della donna che era in sua compagnia in quella drammatica sera di fine ottobre. La donna, che lavora presso un dentista come assistente, ha testimoniato infatti che nella circostanza in esame aveva percepito come minaccioso verso gli altri proprio e soprattutto Gökhan Ü..
Ha aggiunto inoltre che dopo essersi “quasi scontrata” con Momo, aveva cercato di convincere l’imputato a proseguire, ma l’uomo era diventato sempre più aggressivo verso il ragazzo, al punto da allontanare con toni duri anche lei. Incontrandola più tardi, le aveva infine detto che “il piccolo arabo figlio di puttana” avrebbe dovuto “imparare dai suoi errori”.