Luciano Rezzolla, astrofisico italiano in Germania: tra buchi neri e stelle di neutroni

Il Professor Luciano Rezzolla. Foto di Juergen Lecher (Goethe Universität)

Luciano Rezzolla è un astrofisico e accademico italiano. Dirige il Dipartimento di Astrofisica Teorica ed è Direttore dell’Istituto di Fisica Teorica (ITP) dell’Università J.W. Goethe di Francoforte. Dal 2006 al 2013 è stato a capo del gruppo di relatività numerica dell’Istituto Max-Planck per la Fisica Gravitazionale, a Potsdam.

Tra il 2017 e il 2019, come membro del comitato direttivo della collaborazione internazionale Event Horizon Telescope, Luciano Rezzolla ha contributo alla ricerca che ha prodotto la prima immagine di un buco nero al centro della galassia M87 e ha pubblicato per Rizzoli, a ottobre del 2020, il libro di divulgazione scientifica “L’irresistibile attrazione della gravità”, selezionato come finalista al Premio Cosmos.

Abbiamo intervistato Luciano Rezzolla per voi.

(di Lucia Conti)

Il Professor Luciano Rezzolla. Di Juergen Lecher (Goethe Universität), M. Kornmesser (ESO), Maura Sandri (INAF)

Professore, dal 2017 lei dirige l’Istituto di Fisica Teorica di Francoforte, ma i suoi successi accademici in Germania iniziano nel 2006. Cosa l’ha portata qui?

In Italia ero già professore, in un’istituzione eccellente, la SISSA, la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste, che è un po’ l’alter ego della normale di Pisa, dove pure mi sono formato.

Io trovo che viaggiare per uno scienziato sia essenziale e mi sono trovato in Germania perché qui c’era un fiorire di attività culturali e scientifiche che mi interessavano molto. A Trieste ero in un gruppo interessante, ma non nel “fuoco” della ricerca e questo fa parte della logica con cui la scienza progredisce, che non è diversa da come si sviluppa l’arte.

Il Professor Luciano Rezzolla. Foto di Juergen Lecher (Goethe Universität)

In che senso?

Gli artisti sono sempre andati dove c’era fervore culturale, dove c’era una rivoluzione a livello di tecniche e idee. Pensi ai pittori, agli scultori… lo scienziato non è molto diverso, ha bisogno di stimoli continui. Andare in un luogo che in un certo momento storico è il centro dell’universo a livello di nuove tecniche, ricerca e progresso è stimolante ed è quello che ho avuto l’opportunità di fare.

Quindi nel 2006, sebbene stessi benissimo a Trieste, ho avuto l’opportunità di andare a dirigere un grosso gruppo di ricerca al Max Planck Institut per la fisica gravitazionale, che è un po’ un club esclusivo nel sistema tedesco, perché riceve fondi notevoli. Ho accettato la sfida, che non era poi così grande perché mia moglie è tedesca e i miei figli parlavano già tedesco da madrelingua. Muoversi in Germania non è stato un grosso shock culturale, almeno per loro. Per me è stato un po’ diverso.

Stella di neutroni. By Raphael.concorde, Daniel Molybdenum, NASA’s Goddard Space Flight Center – Using photoshop with NASA stock images and a background of the galaxy from space enginePreviously published: https://www.flickr.com/photos/165445115@N07/48756086492, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=93232021

Lei è nato nell’anno della scoperta delle stelle di neutroni. Quasi un presagio, perché i buchi neri, le stelle di neutroni e la gravità sono il suo settore di ricerca d’elezione. Quando ha cominciato a essere attratto dalla scienza?

Domanda interessante. Vedo che i miei figli sono ancora molto confusi su quello che vogliono fare nella vita. Io credo che già al liceo sapessi che volevo fare qualcosa di scientifico. Che fosse l’astrofisica non era chiaro, almeno fino agli ultimi anni di liceo, ma avendo scelto il liceo scientifico era chiaro che fosse questa la dimensione del mio interesse. Poi ho titubato parecchio su cosa studiare, ho pensato a medicina, poi biologia marina, perché il mare è un’altra mia grande passione, e alla fine ho capito che l’astrofisica era quello che mi interessava di più.

All’università ho scoperto che la gravità mi interessava più di altri aspetti dell’astrofisica, in particolare gli aspetti più matematici, quindi è da lì che è nato il mio interesse per l’astrofisica teorica.

Il Professor Luciano Rezzolla. Foto di Uwe Dettmar (Goethe Universität)

A volte gli esseri umani hanno bisogno di sperimentare, sono come una bussola che prima o poi trova il suo nord

Questo è perché molto spesso quello che si va a fare è poco correlato, se non anti-correlato a quello che si apprende. Ai miei tempi era chiaro che quello che si imparava nell’ambito di corso di laurea sarebbe stato in seguito applicato all’interno di una futura professione.

Adesso c’è un distacco tra quello che si studia e quello che si diventerà a livello professionale, perché la professionalità è diventata molto più flessibile, precaria, e di conseguenza uno deve inventarsi non solo una passione, ma anche una maniera di capire a cosa possa applicarsi la propria creatività.

Il Professor Luciano Rezzolla. Foto di Dominik Rezzolla

Lei ha fotografato per la prima volta un buco nero super-massiccio al centro della galassia M87. Rapportarsi con porzioni di infinito ha modificato la sua percezione della vita?

Questa è un’ottima domanda. Diciamo che in genere cerco di distinguere il lavoro dalla passione, nel senso che per me la scienza è un lavoro e quando io vado a fare la foto di un buco nero penso alla sfida tecnologica, scientifica, cognitiva, piuttosto che fare una riflessione più filosofica su cosa voglia dire studiare un oggetto che è a milioni di anni luce da noi o su cosa significhi in rapporto a come intendo la vita. Se vuole sono molto freddo e distaccato da questo punto di vista.

Nebulosa del Granchio. Di NASA, ESA, J. Hester and A. Loll (Arizona State University) – http://hubblesite.org/news_release/news/2005-37, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=39251681

Per me M87 è una sigla, le immagini che abbiamo ottenuto sono mappe radio che cerco di spiegare. Sono poco poetico e questo è in parte dovuto al fatto che quando si fa questo tipo di lavoro si è così immersi negli aspetti scientifici che si perde un po’ la poesia di quello che si sta facendo.

A questo aggiungo il fatto che c’è poco tempo per far poesia, perché per far poesia bisogna avere lo stato mentale adatto e io ho poche vacanze e molto lavoro e quindi molto poco tempo per questo tipo di riflessioni.

Il Professor Luciano Rezzolla. Foto di Juergen Lecher (Goethe Universität)

Nel suo libro lei parla dello spazio-tempo, che attrae molte persone anche perché proposto spesso dal cinema e dalla narrativa. Perché lo spazio-tempo è affascinante?

Io penso che nella parola spazio-tempo ciò che affascina sia il tempo più che lo spazio, cioè l’idea che in qualche maniera possiamo avere il controllo del tempo. E infatti uno degli aspetti più intriganti della teoria di Einstein è la possibilità che il tempo possa essere modificato.

Secondo me è questo che aggancia la nostra attenzione, perché la nostra concezione di spazio è abbastanza sterile, ma la concezione del tempo ha delle implicazioni profonde. Il tempo può essere il presente ma può essere anche il passato o il futuro e la possibilità che il tempo progredisca diversamente per persone differenti è una cosa che in qualche maniera intuiamo. E questo secondo me spiega il nostro interesse per lo spazio-tempo.

Una celebre illustrazione divulgativa della curvatura dello spazio-tempo dovuta alla presenza di massa, rappresentata in questo caso dalla Terra. CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=86682

Che ne pensa della valorizzazione del talento scientifico in Italia? Facciamo abbastanza? E in Germania, invece?

No, sicuramente non facciamo abbastanza, in Italia, e a mio avviso siamo ancora limitati da un certo modo di fare accademia. Un’eccezione nell’ambito accademico italiano è la fisica, forse perché è una scienza così dura che richiede comunque la valorizzazione dell’eccellenza e quindi, secondo me, c’è da sempre una selezione inevitabile di persone particolarmente dotate.

Questo però non è sempre vero per altri ambiti scientifici e se andiamo fuori dagli ambiti scientifici vediamo che il mondo accademico italiano è decisamente incrostato da meccanismi nepotistici. La Germania è molto diversa. Ci sono regole che impongono forti restrizioni al nepotismo e consentono di valorizzare, più che in Italia, secondo me, le persone meritevoli e in particolare i giovani.

Rappresentazione di un buco nero di supermassiccio realizzata dall’ESA/Hubble, CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=49042636

Come si impedisce il nepotismo accademico in Germania, tecnicamente?

Quando si fa una selezione accademica, i conflitti di interesse sono sentiti come un problema molto serio. Non ci possono essere relazioni tra candidati e membri del comitato di selezione ed è impensabile che in questo caso una persona faccia carriera nella stessa università. La mobilità nella professione delle carriere nel sistema tedesco aiuta indubbiamente il merito. L’unica maniera di far carriera è eccellere. Un piccolo ma importante espediente che dà al sistema tedesco una marcia in più.

Per il resto il progresso della conoscenza può avvenire solo con il denaro. Messa così è un po’ brutale, ma è vero. Ci sono tante persone eccellenti in Italia, Spagna, Germania, Francia e quando hanno i mezzi per esprimere al meglio la loro creatività, la trasformano in risultati scientifici.

La differenza tra il sistema italiano e quello tedesco non è che in Germania ci siano persone più intelligenti, ma che queste persone beneficiano di più fondi per amplificare la loro eccellenza. Ci sono più soldi dati alla ricerca e in questo senso il confronto tra Italia e Germania è scoraggiante.

Il palazzo IG Farben, sede dell’Università di Francoforte. Di Hannes72, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=211641

E nell’insegnamento? Vuole condividere con noi qualche considerazione sui due modelli?

Nel sistema tedesco la valutazione della capacità di insegnare gioca un ruolo molto importante nella progressione della carriera. Se un docente vuole spostarsi da un’università all’altra, deve produrre una storia della valutazione del suo insegnamento operata dagli studenti.

Questo è dirompente, perché io posso essere il miglior scienziato del mondo, ma se ricevo una valutazione negativa circa il modo in cui ho insegnato questo mi impedirà di fare carriera, perché nessuna università vorrà assumere un ottimo scienziato, che però è un pessimo insegnante. Questo costringe le persone a eccellere nell’insegnamento.


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E per quanto riguarda l’Italia?

In questo caso io posso far riferimento non tanto a quello che ho visto, ma a quello che ho sperimentato personalmente come studente. E posso dirle che alcuni degli insegnanti che ho avuto non potrebbero sopravvivere nel sistema tedesco, perché sarebbero stroncati per la loro incapacità di insegnare.

In Germania si punta a un insegnamento che sia il più possibile vicino agli studenti. Il titolo di professore è un titolo lavorativo, non onorifico, come in Italia. Insegnante è una persona che insegna, così come un idraulico è una persona che ripara lavandini. E se sono un professore devo insegnare nel miglior modo possibile.

Parliamo del suo libro, “L’irresistibile attrazione della gravità

Io passo il 99% del mio tempo, 12 ore al giorno e più a fare ricerca. Questo è quello che mi traina e mi dà energia. Ma ho voluto impegnare del tempo, l’estate scorsa, per assolvere a quello che secondo me è un debito di gratitudine.

Io faccio un lavoro estenuante ma che mi soddisfa molto e questo lo devo alla società, che mi consente di farlo. Quindi è una maniera per restituire qualcosa alla società, l’unica maniera che conosco, a parte aumentare la conoscenza globale dell’umanità. Scrivere in modo che chiunque possa capire quello che faccio.