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Stefano Fusco, “Noi Denunceremo”: a Berlino chiede giustizia e verità per le vittime del Covid

Stefano Fusco è il co-fondatore del comitato “Noi Denunceremo – Verità e giustizia per le vittime del Covid-19″, nato inizialmente come gruppo Facebook a marzo del 2020, durante la tragedia di Bergamo, e diventato un comitato no-profit che persegue giustizia e verità, nel nome delle vittime del Covid e delle loro famiglie.
Il gruppo conta orma quasi 70.000 iscritti. L’obiettivo di “Noi Denunceremo” è far sì che chi ha sbagliato durante questa pandemia si assuma le sue responsabilità. A questo proposito il comitato sta raccogliendo tutte le relative denunce e le sta mettendo a disposizione della magistratura, sia nelle prime fasi delle indagini che nell’ambito dei successivi processi.
Abbiamo intervistato Stefano in vista della conferenza Behind The Mask: Whistleblowing During The Pandemic, organizzata dal Disruption Network Lab Berlin, che si terrà dal 18 al 20 marzo 2021.

di Lucia Conti

Cominciamo dall’origine di “Noi Denunceremo”, che nasce da una tua esperienza

Esatto. L’11 marzo dell’anno scorso ho perso mio nonno a causa del Covid. È stato una delle primissime vittime, sia nella bergamasca che a livello nazionale, morto da solo in un RSA, portato fuori regione con un carro funebre, da Bergamo a Cuneo, per essere cremato. Per due settimane non abbiamo saputo dove fosse finito, è stata un’epopea mostruosa, fino a quando, dopo circa 3 settimane dalla morte, siamo riusciti a portare a casa le sue ceneri.

Il 22 marzo io e mio padre ci siamo trovati a parlare della situazione che stavamo vivendo. Si era in pieno lockdown, eravamo tutti chiusi in casa, non si potevano fare funerali o elaborare il lutto tutti insieme. A quel punto ci siamo detti: perché non creare un gruppo Facebook in cui ricordiamo il nonno e diamo la possibilità di farlo anche ad altri che hanno perso qualcuno? Allora era tutto concentrato nella bergamasca, quindi pensavamo di creare un piccolo gruppo online di un centinaio di famiglie, per dare loro modo di fare una sorta di funerale collettivo.

Stefano Fusco, tra i fondatori del comitato Noi Denunceremo, porta sempre con sé una foto del nonno deceduto a marzo per coronavirus. Bergamo, febbraio 2021. Photo by Marta Clinco/The Submarine.

E invece il gruppo è letteralmente “esploso”, si è riempito di testimonianze e se ne è parlato come di una sorta di “Antologia di Spoon River” della pandemia. Ma il ricordo si è presto accompagnato alla denuncia. “Noi Denunceremo”, appunto. A cosa vi riferivate?

“Noi Denunceremo” è un nome nato di pancia dalla rabbia di quei giorni, con l’accezione più ampia del termine, cioè “Noi denunceremo la situazione che stiamo vivendo”. Anche perché allora i media non passavano questo messaggio, non rappresentavano correttamente la gravità della situazione. I genitori della mia ragazza sono pugliesi e ci dicevano “Vedendo la tv non sembra che la situazione sia così grave come la descrivete…”. Quindi abbiamo creato il gruppo per ricordare chi era morto e poi per denunciare quello che stavamo sperimentando sulla nostra pelle, in particolare la mancata zona rossa in Val Seriana, che poi è alla base di tutto quello che è nato dopo.

Quindi pensate che i media abbiamo sottovalutato la pandemia?

All’inizio no, almeno in relazione a Bergamo e provincia. Ce ne siamo accorti quando ormai era troppo tardi, quando gli ospedali erano al collasso e le ambulanze erano gli unici suoni che sentivi durante la giornata. Io vivo in un paesino a 7 km da Alzano Lombardo e considera che in un periodo normale sento in media un’ambulanza ogni due giorni. Durante una giornata di lockdown ne ho contate, in un giorno, 138 e sono sicuro che qualcuna me la sono anche persa. Giusto per farti capire com’era la situazione.

L’ultima benedizione ad alcuni feretri trasportati dai camion militari dell’Esercito Italiano dalla chiesa di San Giuseppe a Seriate (BG) al cimitero di Novara. Novara, aprile 2020. Photo by Marta Clinco/The Submarine

Quanto velocemente il gruppo è diventato frequentato e poi noto?

Nelle prime 24 ore ci sono arrivate 5000 richieste di adesione, nella prima settimana 14.000 e 28000 nel primo mese. Il gruppo cresceva esponenzialmente, come la curva dei contagi. Al che ci siamo dovuti fermare un attimo, avevamo tra le mani qualcosa che stava diventando più grande di noi, dovevamo fare il punto della situazione.

Intanto abbiamo creato un regolamento e tra le altre cose abbiamo detto a chiare lettere che noi non avremmo attaccato medici, infermieri, operatori sanitari e volontari del 118 e che consideravamo quelle categorie come prime vittime di questa pandemia. E il numero di medici morti purtroppo lo conferma.

Sul vostro sito citate una frase di Brecht, “Sventurata è la terra che ha bisogno di eroi”

Esattamente. Loro sono stati degli eroi a tutti gli effetti. Poi chiaramente, come in ogni categoria, ci sarà stata qualche mela marcia, qualcuno che si sarà tirato indietro e non avrà fatto il suo lavoro, ma non possiamo fare di tutta l’erba un fascio per colpa di pochi. Come categoria queste persone si sono sacrificate senza istruzioni, senza protocolli, senza protezioni e hanno fatto il meglio che potevano per cercare di salvare più vite possibili.

Medici del reparto di terapia intensiva nel padiglione Covid del Policlinico di Bari. Bari, aprile 2020. Photo by Marta Clinco/The Submarine

“Noi Denunceremo” a questo proposito ha parlato di medici con sacchetti della spazzatura ai piedi o mancanza di vaporelle per sanificare gli abiti

Abbiamo parlato anche di medici che sono andati contro il protocollo della regione Lombardia, che con la delibera del 23 marzo imponeva ai medici di medicina generale di non andare a visitare i pazienti che avessero i sintomi del Covid, ma di fare solo la diagnosi telefonica. Questo perché la regione, che tramite le ATS doveva fornire ai medici dispositivi di protezione individuale, non era in realtà in grado di farlo.

Alcuni medici hanno infranto questo protocollo, si sono procurati a loro spese dei dispositivi di protezione e hanno visitato domiciliarmente i loro pazienti e i pazienti di altri medici, che in quel momento erano ricoverati per Covid. Uno su tutti è il dottor Munda, che è diventato famoso nella provincia di Bergamo. Lui opera a Selvino e tra i 600 mutuati che è andato a visitare si sono registrati 0 ricoveri e 0 morti. Io non sono un medico, ma forse questa è la prova che se avessimo gestito la malattia nelle sue prime fasi, avremmo potuto evitare moltissimi morti.

Torniamo al vostro gruppo facebook, che come dicevi prima ha avuto un impatto incredibile. Cosa è successo a quel punto?

“Noi Denunceremo” ha avuto subito un’eco mediatica molto forte, abbiamo ricevuto l’attenzione di tutta la stampa, nazionale ma soprattutto internazionale, sono arrivati anche da oltreoceano per intervistarci. Penso che, anche sulla base di questo, la procura di Bergamo si sia sentita obbligata ad aprire un’indagine per epidemia colposa, perché avevamo allora più di 35.000 persone sul nostro gruppo, che chiedevano tutte la stesa cosa: non vogliamo risarcimenti, non vogliamo che qualcuno vada in galera, però diteci la verità, diteci perché è successo, diteci perché la zona rossa non è stata fatta, come a Codogno o a Vo’ Euganeo.

Sede della Croce Rossa Italiana Lombardia. Milano, maggio 2020. Photo by Marta Clinco/The Submarine

A quel punto mio padre e io ci siamo detti: sul nostro gruppo ci sono migliaia di storie che contengono informazioni forse utili a chi deve far luce su tutto questo. Perché non diamo la possibilità ai nostri membri, qualora lo volessero, di trasformare una testimonianza su Facebook in un esposto vero e proprio? È nato così il comitato no-profit e abbiamo cominciato a raccogliere degli esposti volti ad accertare eventuali responsabilità. Tutti gli esposti che abbiamo consegnato e che consegneremo sono contro ignoti, non abbiamo mai accusato direttamente nessuno, sebbene ognuno possa avere la sua idea personale. Noi chiediamo semplicemente alla magistratura di chiarire una situazione che secondo noi ha dei punti oscuri.

Come avete raccolto gli esposti?

Abbiamo organizzato tre eventi, a giugno, luglio e ottobre, chiamati “Denuncia day”, in cui persone non solo di Bergamo ma anche di altre province, e alcuni arrivati addirittura dal Lazio, hanno depositato presso la procura di Bergamo i loro esposti, per arrivare alla verità su quanto accaduto. In questo momento stiamo preparando altri 250 esposti. Purtroppo, in base alle norme vigenti, non potremo più fare presentazioni fisiche collettive in procura, ma ognuno andrà nella caserma dei carabinieri di competenza del proprio paese e consegnerà personalmente il proprio esposto.

Trasporto dei pazienti in bio-contenimento. Aeronautica Militare, CC BY 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/4.0>, via Wikimedia Commons.

Un’operazione non priva di complessità. Avete un team legale che vi fornisce un supporto?

Lo avevamo all’inizio, poi il team legale si è interessato di più alla parte civile e quindi alla richiesta di risarcimenti, che noi non abbiamo mai scelto come direzione, e quindi abbiamo proseguito separatamente, concentrandoci sugli esposti penali. La stesura di un esposto penale non richiede necessariamente la presenza di un avvocato, magari l’avvocato può impostare il testo in termini più tecnici, ma basta che un privato si presenti in procura o alla caserma dei carabinieri e può procedere anche da solo.
Solo che molti non lo sapevano e abbiamo dovuto fare delle campagne di informazione in questo senso.

Una delle cose che denunciate è che l’Italia non abbia aggiornato il piano pandemico, nonostante le direttive europee

Ormai è assodato, il piano pandemico italiano era fermo dal 2006 ed è stato un “copia e incolla” fino al 2017. Considera che sul piano pandemico del 2017 c’è scritto che 170.000 dosi di antivirali dovranno essere consegnate tassativamente “entro il 31.12 del 2006”. Non hanno neanche modificato le date! Se analizzi i metadati del documento stesso, che trovi sul sito del governo, capisci che negli anni non è stato toccato.

Questo è molto grave perché l’Oms e l’UE hanno più volte richiesto l’aggiornamento del piano pandemico, non a livello di consiglio ma di direttiva, quindi era un ordine. Noi, a quanto pare, non abbiamo applicato neanche il piano pandemico del 2006. Io credo che in Italia abbiamo avuto l’arroganza di pensare che certe cose, nell’Europa moderna, non sarebbero mai capitate e quindi non ci siamo mai preparati per tempo.

Trasporto dei pazienti in bio-contenimento. Aeronautica Militare, CC BY 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/4.0>, via Wikimedia Commons.

Avete ricevuto degli attacchi, man mano che la vostra popolarità e il vostro attivismo crescevano?

Il mondo politico ci ha proprio ignorato. Dall’inizio ci siamo sempre definiti sempre apartitici e il nostro comitato contiene persone di ogni posizione politica, quindi non abbiamo un'”etichetta” utilizzabile. E forse la politica ci ha ignorato anche perché siamo scomodi, se ci avesse attaccato si sarebbe tirata la zappa sui piedi. Gli unici attacchi diretti che abbiamo ricevuto sono arrivati dai cosiddetti no-vax di turno e complottisti vari.

Cosa provate nei confronti di chi nega la pandemia?

Proviamo rabbia, rabbia per l’ignoranza e la mancanza di rispetto altrui. Se vieni a Bergamo, puoi vedere chiaramente qual è la situazione di chi ha vissuto male la pandemia. Se sto camminando sul lato destro della strada e una persona mi viene incontro, normalmente uno dei due cambia lato, perché abbiamo paura. Nei momenti in cui la mascherina non era obbligatoria, quest’estate, noi la indossavamo comunque, perché abbiamo visto a cosa abbia portato non usare precauzioni.

E si continua a sbagliare, in tutta Italia. Quando sono stato in Puglia per una settimana, dai miei suoceri, ho visto scene aberranti di aggregazione sconsiderata, terribili per uno che ha vissuto la pandemia sulla sua pelle. E fa male vedere che certa gente non riesce a capire la gravità della situazione. Come popolo siamo molto egoisti: se va bene a me, il problema non esiste.


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Cosa dici a chi nega l’esistenza dei camion che portavano via i morti di Bergamo, che sono diventati uno dei simboli della vostra tragedia?

Guarda, uno dei miei migliori amici fa il carabiniere ed era capo pattuglia quando sono stati portati via i camion con le bare. Mi ha detto che circa l’80% dei ragazzi dell’esercito che caricavano le bare è finito dallo psichiatra. Devi considerare anche una cosa, noi abbiamo avuto talmente tanti morti che a un certo punto le bare sono finite e hanno cominciato a mettere i corpi nei sacchi neri. Caricare una bara su un camion è una cosa, significa sollevare qualcosa di rigido, ma quando sollevi un sacco nero, con all’interno una persona morta e magari rimasta stipata con altre in una chiesa per giorni, oltre al fetore e ai liquidi che possono uscire, tu stai sollevando un corpo, lo devi prendere per le braccia, per le gambe.

I ragazzi dell’esercito che fanno i volontari in ferma breve di un anno, mai si aspetterebbero di vedere un cadavere, lo fanno per farsi “l’anno di naja”, passami il termine, non pensano di essere mandati al fronte a vedere i morti. È stata durissima anche per loro.

Stefano Fusco è tra i fondatori del comitato Noi Denunceremo che chiede giustizia per le vittime di coronavirus. Bergamo, febbraio 2021. Photo by Marta Clinco/The Submarine

Abbiamo visto che a livello internazionale si sono occupate di “Noi Denunceremo” testate importanti, inclusi il Wall Street journal e il New York Times. E la stampa italiana?

Sono arrivati da tutto il mondo, sono stato intervistato da canali di Stati che neanche conoscevo. Per quanto riguarda la stampa italiana l’atteggiamento è stato diverso. Intanto preciso che noi non abbiamo mai contattato nessuno, ci contattavano loro. La stampa italiana però non è come quella anglosassone, è molto più politicizzata. Faccio un esempio pratico: quando dicevamo qualcosa che potesse per esempio essere strumentalizzato come un attacco alla regione e quindi alla Lega, tutti i giornali di sinistra ci chiamavano e ci intervistavano. Viceversa, quando dicevamo qualcosa che poteva essere strumentalizzato contro Gori, il sindaco di Bergamo, che è del PD, venivamo contattati dai giornali di destra.

Inoltre la stampa italiana per molti mesi ha insistito con quella che io chiamo la “sagra del dolore”, mi chiedevano “Raccontami di tuo nonno. Ti manca? Che persona era?”. Alla fine ho messo un punto. Mio nonno è morto come sono morte altre decine di migliaia di persone, cerchiamo di capire perché. In questo senso la stampa straniera è più interessata alle responsabilità e ai fatti, è più un giornalismo di inchiesta.

Che destino stanno avendo esposti che state presentando, a che punto sono?

Attualmente siamo ancora nella fase preliminare di indagine e quindi tutto è sotto segreto istruttorio, ma qualche settimana fa la pm di Bergamo si è lasciata scappare una dichiarazione, parlando di una responsabilità politica e quindi non imputabile della mancata zona rossa ad Alzano e Nembro. Quindi si vocifera che potrebbe essere archiviato tutto, ma noi non sappiamo nulla. Stiamo ancora aspettando la relazione del dottor Crisanti, che dovrebbe chiarire se la mancata zona rossa abbia contribuito o meno alla degenerazione della pandemia. Finché non ci sarà un eventuale rinvio a giudizio o un’eventuale archiviazione, la situazione è ferma. E purtroppo a questo si aggiunge il problema dei tempi della giustizia italiana, che sono lentissimi.

Tutto questo poteva essere contenuto. Io non dico che se avessero fatto la zona rossa ad Alzano non sarebbe morto nessuno, ma probabilmente non avremmo dovuto mettere in lockdown tutta la Lombardia, che è la regione più produttiva d’Italia, né chiudere tutto il Paese.

Arriviamo alla collaborazione di “Noi Denunceremo” con il Disruption Newtork Lab, di cui sarai ospite, qui a Berlino, nell’ambito della conferenza “Behind The Mask: Whistleblowing durante la pandemia”

La prima volta che ho sentito parlare di whistleblowing ho dovuto cercare su internet cosa fosse, non avevo la più pallida idea di cosa volesse dire! Poi ho cominciato ad approfondire il tema e a un certo punto una nostra aderente, che conosceva il Disruption Network Lab di Berlino, ci ha detto che erano una realtà capace di dare voce a chi vuole denunciare “mettendoci la faccia” e siamo così entrati in contatto.

Il 18 marzo, alle 15.30, sarai uno degli speaker della conferenza. Di cosa parlerai?

Parlerò anzitutto di come abbiamo vissuto la situazione a inizio pandemia. Parlerò del primo caso italiano, che è quello di Codogno, e di come lì sia stato gestito tutto correttamente: tracciamento dei casi, chiusura e sanificazione dell’ospedale, che è durata settimane, zona rossa in paese. E parlerò di come, due giorni dopo, ci sia stata l’altra faccia della medaglia, Bergamo, dove tutto è stato gestito male: un ospedale che non è stato chiuso, una zona rossa che non è stata fatta.

Da lì andrò a ricollegare il racconto a tutta la documentazione che abbiamo raccolto nel corso dei mesi, e da cui si evincono cose come il mancato aggiornamento del piano pandemico, di cui parlavamo prima, o il fatto che mancassero i dispositivi di protezione individuale, proprio perché il piano non era stato aggiornato. Parlerò in generale di tutto quello che è successo qui in Italia, con la “presunzione” di uno che l’ha vissuto sulla sua pelle, nel luogo più devastato del Paese.

Bare nella chiesa del cimitero di Bergamo.

Al di là delle vicende legali in corso, come andrete avanti adesso? Come si muoverà “Noi Denunceremo”?

La stampa anglosassone ci ha definito dei “watch dogs”, dei cani da guardia, siamo diventati un movimento di opinione spontaneo di cittadini stanchi di avere di fronte istituzioni sorde, che non ci ascoltano, che ci abbandonano.

D’altra parte non siamo gli unici. Anche in Inghilterra c’è un gruppo di parenti delle vittime che denuncia la cattiva gestione della pandemia. Io ho avuto modo di parlare con la fondatrice e ho capito che i problemi erano gli stessi: mancanza di dispositivi di protezione individuale, mancanza di trasparenza della comunicazione della pericolosità del virus, pazienti Covid mandati nelle RSA, dove ci sono le persone più fragili, da tutelare. Insomma, sembra che l’Europa non abbia imparato nulla dagli errori commessi in Italia.

E l’Italia? Ha imparato qualcosa da questa esperienza?

Stiamo continuando a commettere errori. Dovremmo essere nel pieno della campagna vaccinale e non riusciamo a fare più di 10.000 vaccini al giorno. Da Roma sono state spedite a Milano siringhe che poi sono risultate non adatte. Insomma, una gestione alla carlona, che ormai diamo per scontata. Non ci aspettiamo che qualcosa vada bene e purtroppo la gente si sta abituando a tutto questo. Non ce la facciamo più a sopportarlo.

Link utili

Noi Denunceremo:
Sito ufficiale
Pagina Facebook

Foto di Marta Clinco/The Submarine

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