Nipoti di nazisti che incarnano la Berlino culturalmente progressista: questo, in grandi linee, è il contenuto di un video recentemente pubblicato su Instagram da Moshtari Hilal e Sinthujan Varatharajah, rispettivamente artista e saggista. Il video è intitolato “Nazierbe“, cioè eredità nazista, ed è presto diventato virale.
Ich habe durch Twitter 😎 diese sehr informative, sehr kluge & trotz des Themas unterhaltsame & charmante Sendung (heißt das so?) auf Instagram entdeckt. Hilal Moshtari & Sinthujan Varatarajah sprechen über kulturelles & soziales Kapital als Nazierbe. https://t.co/VcVcYM3x2q pic.twitter.com/Eo1X8ikOq9
— Platzhalter-Account (@TiniDo) February 17, 2021
Progressisti, ma nipoti di nazisti: il dibattito
Il tema affrontato, arricchito da molti commenti e interventi, riguarda figure eminenti all’interno della scena culturale progressista di Berlino e che però discendono da esponenti di spicco del regime nazista.
“Persone con un background nazista“, vengono definite, e ad essere contestata non è tanto la mera discendenza, che non presuppone colpa, ma il fatto che siano stati ereditati ingenti patrimoni costruiti durante uno dei periodi più bui della storia. Nel video si parla infatti soprattutto di persone la cui fortuna economica, goduta nel contesto dell’élite progressista berlinese, è stata creata proprio durante e grazie al nazismo.
Als Schülerin las Emilia von Senger – wie so viele – hauptsächlich die Zeilen alter weißer Männer. Warum wir das ändern sollten, hat sie uns im Gespräch erzählt. #zettrepeat #WirLesenFrauen #SheSaid https://t.co/ah1aUtyoHz
— ze.tt (@Zett) October 5, 2020
Gli esempi concreti di cui si parla nel video
Varatharajah e Hilal citano molti esempi concreti, tra i quali due protagoniste della scena culturale di Berlino. Stiamo parlando di Emilia von Senger, proprietaria di una libreria queer a Neukölln, e della gallerista Julia Stoschek.
Emilia von Senger viene da una famiglia di alta nobiltà tedesca ed è pronipote di un generale della Wehrmacht coinvolto, tra le altre cose, nell’invasione della Polonia, mentre suo nonno ha combattuto sul fronte russo ed è in seguito diventato comandante supremo della Nato.
Il bisnonno di Julia Stoschek, Max Brose, era invece un imprenditore, arricchitosi producendo armi per la Wehrmacht, nonché membro del partito nazionalsocialista. Grazie all’impero finanziario costruito da suo nonno, oggi Julia Stoschek è miliardaria. La donna è inoltre una nota collezionista e una protagonista del panorama artistico e culturale della capitale tedesca, ma la sua fortuna, questa è la posizione di chi la “accusa”, poggia indirettamente sull’orrore nazista e sullo sfruttamento del lavoro forzato.
👏🏼👏🏼 Congratulations to collector Julia Stoschek, who was officially awarded the 2018 ART COLOGNE Prize!
More here: https://t.co/ky3PImp0HB#art #artcologne2018 #cologne #germany #artprize #contemporaryart pic.twitter.com/biTiPyklPo
— Art Cologne (@artcologne_km) April 19, 2018
Le risposte di Julia Stoschek e Amelia von Senger
Julia Stoschek non ha ancora replicato, mentre Amelia von Senger ha invece scritto su Instagram: “Aprire una libreria queer-femminista senza parlare della tua storia familiare nazista (sic.) non funziona”. Ha anche aggiunto che la sua libreria, “She said”, che vende esclusivamente libri di donne e autori queer, è un’antitesi a tutti i valori nazisti che i suoi nonni e bisnonni rappresentavano.
Giuste osservazioni oppure esagerazioni?
Carmen Miesenberger sostiene sul quotidiano Taz che i discendenti dei nazisti debbano certamente fare i conti con il loro passato, ma ricorda anche che “i discendenti più pericolosi siedono in posizioni di potere all’interno delle istituzioni tedesche e non in una libreria”. Il riferimento è Beatrix von Storch, che siede nel Bundestag, la cui politica si basa sul disprezzo dell’umanità e che è nipote di Lutz Graf Schwerin von Krosigk, ministro delle Finanze di Adolf Hitler e ultimo Capo di governo del Terzo Reich.
Con Miesenberger si allineano coloro che ritengono che non si possano processare i nipoti dei nazisti per le colpe dei nonni, soprattutto quando la loro vita si muove in una direzione radicalmente opposta all’ideologia nazionalsocialista e quando alcuni di loro, come per esempio von Senger, si sforzano di creare luoghi inclusivi e sicuri per le minoranze.
Una parte più radicale di attivisti, invece, non condivide questo punto di vista. E anche Moshtari Hilal e Sinthujan Varatharajah si chiedono fino a che punto quegli spazi siano sicuri per quelli che sono invece i discendenti delle vittime dei nazisti.
if ur from berlin or going to berlin someday i can definitely recommend the bookshop “she said” !! it sells books by female, queer, non-binary, Black authors (and so much more stuff) & the whole atmosphere is just really beautiful there 💖 pic.twitter.com/I5yk4ySd78
— jenna 💋 (@roomforletters) February 5, 2021
Il privilegio: condizione o stigma?
Le persone di cui si discute nel video sono inoltre ritenute non sufficientemente consapevoli dei loro privilegi, che dovrebbero invece dichiarare esplicitamente.
Sulla webzine “Feminismus“, ad esempio, si legge: “Emilia von Senger è privilegiata in diversi modi: è bianca, proviene da una famiglia benestante e ha potuto aprire la sua libreria su Kottbusser Damm senza un prestito bancario, tuttavia, parla raramente dei suoi notevoli privilegi”. Si aggiunge inoltre che una libreria antifascista e inclusiva come quella di von Senger possa esistere solo grazie alle sue ingenti disponibilità da ricca ereditiera, mentre i librai “di nicchia” meno ricchi sono da tempo vittime della gentrificazione.
La webzine non attribuisce colpe dirette ad Amelia von Senger e ritiene la sua iniziativa meritoria, ma ritiene doveroso precisare che il denaro e il potere hanno giocato un ruolo determinante nell’apertura di uno spazio inclusivo e progressista, possibilità oggi preclusa ai più.
Leggi anche:
Berlino anni ’20: gli anni dorati tra art déco, charleston e cabaret
Conclusioni: una questione aperta
Insomma, questo è quanto. E gli interrogativi continuano a moltiplicarsi. I discendenti di famiglie diventate potenti durante il nazismo e che esprimono una posizione di primo piano nella società sono in qualche modo “colpevoli” perché godono di una fortuna costruita ai tempi del regime?
E ancora, ci si aspetta che facciano costantemente i conti con il passato delle loro famiglie e lo denuncino, anche quando le loro scelte di vita di fatto lo rinnegano?
E infine, il privilegio deve essere un dato da accettare da parte di chi ne gode perché ad esempio bianco, ricco e legato all’establishment oppure va, come l’eventuale connessione familiare con il regime nazista, costantemente dichiarato e reso parte del dibattito sul proprio ruolo culturale nella società?
View this post on Instagram
(Fonti, Taz, Feminismuss)