“Il sole di notte”, intervista a Nicola Campanelli. “Berlino mi ha dato l’opportunità di essere me stesso”
di Gabriella di Cagno
Avevamo già intervistato Nicola Campanelli per Il Mitte durante il lockdown causato dalla pandemia di Covid-19 nell’aprile 2020.
Adesso torniamo a colloquiare con lui, stavolta per parlare del suo ultimo romanzo, uscito a ottobre del 2020.
Nel libro è raccontato, con linguaggio schietto, asciutto e senza falsi pudori, l’incontro fra il protagonista – il quarantenne italiano Andrea, expat a Berlino – e il più giovane messicano José, conosciuto casualmente in aeroporto a Los Angeles. Tra i due scatta un immediato feeling intellettuale e un’attrazione fisica.
Quello che potrebbe essere solamente un episodio della propria vita sentimentale e sessuale si rivela invece, pagina dopo pagina, un viaggio interiore che Andrea compie, con grande fatica, per raggiungere l’altro e, attraverso di lui, se stesso. L’altro, solare, spontaneo, estroverso, contrapposto alla sua notturna malinconia e alla sua ostinata difesa dei propri confini interiori: “Se vorrai, sarai il mio sole di notte” è la dichiarazione d’amore e di coraggio del protagonista al suo amato, quando finalmente sente che deve accogliere i suoi stessi sentimenti e fare ad essi spazio dentro di sé.
Il messaggio del libro è infatti quello di non confliggere con noi stessi, di non combattere le proprie insicurezze con una falsa sicurezza che altro non è che rinuncia.
Nicola, se dovessi definire un genere di appartenenza, diresti che il tuo libro è un romanzo d’amore?
“Il sole di notte” è senza dubbio un libro sull’amore: quello che il protagonista impara a provare per se stesso nell’intento di avere una relazione sana, quello verso i luoghi in cui si svolge il racconto, quello che prova Andrea nei confronti di José e viceversa, ma più che un romanzo d’amore, direi che si tratta di un racconto in cui si cercano di analizzare alcuni aspetti della natura umana e diversi sentimenti che possono condizionare le nostre scelte nelle questioni di cuore e non solo.
Come anche tu hai giustamente detto, “Il sole di notte” descrive il processo di crescita, di presa di coscienza e di maturazione sentimentale del protagonista, il quale deve vincere paure, insicurezze e tutte le resistenze che ha costruito negli anni in sua difesa per riuscire a vivere il presente senza farsi paralizzare dal ricordo delle esperienze passate né dalla preoccupazione per il futuro. Dal mio punto di vista, quindi, direi che la storia d’amore è solo un punto d’arrivo di un viaggio interiore molto più complesso.
Il fatto che tante persone, tra quelle che a mano a mano lo stanno leggendo, mi abbiano scritto di essersi immedesimate e riconosciute, per lo meno in alcune fasi della loro vita, nei personaggi della storia, conferma che, a parte lo svolgimento della vicenda amorosa in se stessa, il libro cerca di offrire qualche spunto di riflessione riguardo a stati d’animo comuni a molti di noi.
Se due persone adulte sono felici in una maniera che gli altri non capiscono, non vuol dire che quel modo di amarsi e di stare insieme sia sbagliato.
"Il sole di notte" di #NicolaCampanelli: https://t.co/sYC3X6t6pa #Queerographies #LGBTQ pic.twitter.com/w0p4qNfy1x
— Gian Pietro Leonardi (@grammancino) October 31, 2020
Quali sono le parti del libro che ti sono venute più facili e quali più faticose?
Ne “Il sole di notte” ci sono molti riferimenti a esperienze personali, collocate in uno schema spazio-temporale che non sempre corrisponde a come questi eventi si sono realmente verificati nella mia vita, e altrettanti episodi di mera fantasia di cui mi sono servito per esprimere il mio punto di vista rispetto ad alcuni temi sociali o semplicemente per ‘esasperare’ i caratteri dei personaggi.
Con mia grande sorpresa, ho trovato più difficoltà nello scrivere a proposito delle cose reali piuttosto che quelle di fiction. Credo che questo sia dipeso dal fatto che cercare di descrivere emozioni realmente vissute, cercando di essere fedeli al ricordo e ai sentimenti provati, sia molto più difficile che scrivere di qualcosa che non ha un termine di paragone.
Quanta parte ha avuto l’esperienza berlinese nel tuo percorso interiore? Saresti d’accordo nell’affermare che non si tratta solamente di un soggiorno motivato da obiettivi professionali?
Berlino ha influito notevolmente nella mia maturazione.
Proprio dopo aver scritto “Confessioni di un ragazzo perbene”, una sorta di diario la cui pubblicazione fu una felice circostanza inaspettata, mi resi conto che nella mia vita di allora erano diversi i motivi che mi impedivano di essere felice, molte le cose a cui avevo rinunciato pensando di dovermi conformare a un certo stile di vita e tante le passioni che non avevo tempo né modo di coltivare.
Una volta scoperchiato il vaso di Pandora, non mi fu più possibile ignorare questo stato di cose, quindi, con un po’ di coraggio e un pizzico di incoscienza, presi la decisione di trasferirmi a Berlino, una città che conoscevo bene, che frequentavo da anni e dove già avevo una cerchia di persone care.
Complice una cultura e un ambiente molto più internazionale e forse anche la sensazione di non essere più l’avvocato Campanelli, ma semplicemente Nicola (o Nìcola come dicono i tedeschi), è stato proprio a Berlino che tutte le mie consapevolezze, quelle maturate negli anni precedenti la partenza, da un livello teorico sono passate ad uno pratico.
Berlino mi ha dato l’opportunità di essere me stesso, nel senso che qui mi sono sentito libero, trovando il giusto compromesso tra ‘produttività necessaria’ e ‘produttività artistica’, di spendere il mio tempo in un modo che si confacesse molto di più alle mie esigenze e alla mia natura.
Anche sentimentalmente, gli incontri e le persone frequentate a Berlino mi hanno aiutato a sciogliere nodi irrisolti e a rivendicare, nei miei stessi confronti, il diritto ad essere felice.
#LostintheCity // DAY 15
Nicola Campanelli Dancer & Choreographer#FeatureFilm #Berlin #Homeless #SupportIndieFilm pic.twitter.com/6qC942aWN5— Kalifilm Productions (@Kalifilm) August 2, 2016
Nonostante tu sia felicemente sposato, hai detto altrove che immagini il tuo futuro in una sorta di co-housing… esattamente le tue parole sono state: “Creare una piccola comunità di persone con le quali condividere la mia stessa visione delle cose”. Dunque la felicità è condivisione?
Sì, la condivisione è fonte di gioia. Mi sento molto fortunato ad avere al mio fianco un uomo che rende il mondo intorno a me più accogliente e colorato, ma credo che così come si sceglie una persona per compiere un cammino insieme, si scelgano altre persone a noi affini, che stimiamo e a cui vogliamo bene, per condividere altri tipi di esperienze, scambiarsi consigli e confidenze, superare momenti difficili e celebrare quelli felici.
È per questo che mi piace pensare di con-vivere con gli amici per me più importanti. Del resto, non credo che la mia vita potrebbe dirsi piena se le persone che amo non vi partecipassero.
Il tuo libro si conclude con la conquista dell’equilibrio interiore più profondo, quello che si regge sull’autocontrollo ma anche sul cedere all’altro quote del proprio ego. Cosa ha reso possibile questo percorso interiore?
Credo che il mio sia un percorso ancora e sempre in fieri, possibile soltanto grazie all’educazione ricevuta e alle acquisizioni fatte attraverso le esperienze vissute.
Più in generale, sono convinto che un qualsiasi percorso di consapevolezza sia possibile solo se si è disposti a guardarsi dentro, ad ammettere le proprie debolezze e a individuare i meccanismi ‘nocivi’ che impediscono la propria affermazione come individui. Credo che tutti abbiamo problemi di autostima alimentati dal nostro ego, accettare i propri limiti è, probabilmente, la chiave per superarli.
Per fare spazio a un’altra persona nella propria vita, in base alla mia esperienza, bisogna ammorbidire gli spigoli del proprio carattere e imparare ad accogliere e accettare le differenze altrui. Bisogna parlare per non accumulare risentimenti, essere disposti a chiedere scusa e smetterla di pensare che una relazione possa o debba seguire regole anacronistiche che stridono con i tempi e con la nostra natura. L’unica cosa che non può essere oggetto di compromesso è il rispetto di se stessi e dell’altro. Per il resto, come dico anche nel libro a proposito delle relazioni, ritengo che ognuno dovrebbe sentirsi libero di decidere le proprie regole per essere ‘felice’.
Nicola Campanelli è nato a Napoli (1975) e vive dal 2013 a Berlino, dove svolge l’attività di istruttore di pilates, danzatore e autore. Il suo primo romanzo, “Confessioni di un ragazzo per bene”, edito da Dante&Descartes, è uscito a Napoli nel 2011. Collabora a due magazine online campadidanza.it e feireiss.com.
Il libro “Il sole di notte”, Smith editore, Firenze 2020, è disponibile qui.