“La salute mentale è un diritto umano”: Giulia Borriello e il supporto psicologico in tempi di Covid19
di Lucia Conti
Ad Aprile 2020 a Berlino è stata lanciata un’hotline gratuita di supporto psicologico a cura dell’associazione no-profit Salutare e.V., rivolta a persone di madrelingua italiana a Berlino e in Brandeburgo e bisognose di supporto psicologico durante la crisi causata dal Covid19. A distanza di qualche mese tiriamo un po’ le somme dell’iniziativa e della situazione insieme a Giulia Borriello, Vicepresidente di Salutare e.V., associazione che raccoglie psichiatri e psicologi italiani a Berlino.
Ciao Giulia, ad aprile è partita la vostra iniziativa. Com’è andata in questi mesi?
La hotline rispondeva ad un istinto di supporto immediato alla comunità italiana, della quale anche noi professioniste sanitarie italiane a Berlino facciamo parte, ed è il risultato di un impegnativo ma davvero soddisfacente coordinamento di squadra tra molte socie dell’Associazione per la salute mentale italiana in Germania.
La dott.ssa Pinto, una giovane donna con due lauree, che stimo, precisa e determinata, ha lanciato l’idea e volentieri noi psicologhe, psicoterapeute, psichiatre, Heilpraktikerinnen, counsellors italo-berlinesi abbiamo dato mani, menti e… computer a servizio dell’aiuto psicologico in un momento tragico, emergente, e direi in generale nuovo per tutti, come questo. Una linea telefonica o via Skype raggiungibile in anonimato e gratuitamente da ogni luogo: la telemedicina in formato telefono-amico insomma.
Quali sono le domande che vi sono state poste più spesso?
Le domande più frequenti vertono su dinamiche relazionali, spesso di coppia, talvolta abusive e/o violente e altre volte semplicemente complicate dai mesi di restrizioni sociali e dai cambiamenti di routine. Inoltre, ci sono stati raccontati sintomi ansiosi o depressivi sempre esacerbati dal trauma che lascia una catastrofe naturale come questa.
Una pandemia rientra nella vera e propria psicologia dell’emergenza: dopo un primo momento di sorpresa e shock i segni e sintomi inconsapevoli possono venire a galla anche dopo diverso tempo e capita che non riescano ad essere assorbiti ed elaborati completamente. In questi casi, spesso, essendo il servizio non tecnicamente terapeutico, indirizzavamo le persone ai servizi e alle risorse di competenza.
Il disagio denunciato dalle persone che si sono rivolte a voi ha presentato tratti
comuni un po’ a tutti oppure si è espresso in modo diversificato?
I tratti comuni sono il senso di isolamento, la solitudine accentuata, l’instabilità affettiva o lavorativa, le tematiche da migrante con recrudescenze dovute ai cambiamenti repentini di tutto ciò che garantisce il nostro senso di sicurezza e identità quotidiana.
Cosa vi ha colpito maggiormente in questa vostra esperienza, la prima nel suo
genere?
Abbiamo avuto conferma che in queste situazioni di sconvolgimenti globali, anche solo un ascolto attento ed empatico, per di più nella propria lingua madre, può essere un vero conforto istantaneo e può perfino ridurre alcuni stati ansiosi acuti, pur non potendosi sostituire ai casi da accogliere in vere e proprie terapie. Ma come si fa nel “triage”, l’ascolto attivo e informativo può già agire da filtro emotivo ed essere un buffer, un cuscinetto che accoglie e indica qualche luce in fondo al tunnel.
La sofferenza psicologica legata alla pandemia o alla quarantena ha statisticamente colpito particolari categorie oppure un po’ tutti?
Non posso trarre dati di ricerca statistica vera e propria da una raccolta ad ora solo relativa a quanti hanno contattato il servizio, ma posso dirvi che per quanto riguarda la nostra piccola esperienza a chiamare sono state maggiormente donne e di età compresa tra i 25 e i 50 anni.
Qual è il vostro bilancio, a oggi, e continuerete a offrire questo servizio?
Ci sono state diverse chiamate a settimana fino a luglio e stiamo considerando di offrire questo servizio volontario e gratuito fino a fine anno, prolungando quindi la chiusura,
prevista per fine agosto. Ognuna di noi lavora e ha certamente impegni personali, ma la
salute mentale credo sia una vocazione… e quando possibile andrebbe garantita a
tutti: è un diritto umano.
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