L’impatto del Coronavirus sui disabili: un’emergenza che non dobbiamo ignorare

L’impatto del Coronavirus sui disabili: un’emergenza che non dobbiamo ignorare

di Amelia Massetti

In questo tempo di distanziamento sociale, a causa del coronavirus, le persone disabili hanno subito maggiormente il senso di isolamento e paura di poter contrarre il virus. La vita è cambiata improvvisamente e drasticamente per tutti, ma per coloro che necessitano di cure e di sostegno è un dramma, con ripercussioni e risvolti talvolta drammatici. I ritmi e le consuetudini quotidiane, che garantivano a queste persone una continuità ed un adattamento sociale in continua evoluzione, non sono infatti ancora stati completamente ripristinati.

Per le persone disabili, anche in Germania, questa problematica si è accentuata notevolmente e in molte situazioni, ad esempio nei laboratori di lavoro per persone diversamente abili e nelle scuole speciali (ancora purtroppo esistenti in Germania), la completa ripresa ancora non è avvenuta.

Tutte le attività quotidiane correlate sono state annullate, così come sono stati soppressi i corsi sportivi o per il tempo libero e anche i viaggi vacanza, che varie organizzazioni presenti sul territorio organizzano ogni anno, dando alle famiglie un po’ di sollievo e la possibilità di ricaricarsi, e alle persone diversamente abili l’opportunità di viaggiare in modo
autonomo in un gruppo organizzato.

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Per la maggior parte delle famiglie con figli diversamente abili e soprattutto per coloro che si trovano a gestire la responsabilità dei proprio figli da soli, questo vuol dire che i genitori e i genitori sono costretti a un accudimento continuativo che porta con sé un pesantissimo carico emotivo e di responsabilità.

Coloro che vivevano nelle residenze per persone diversamente abili e avevano avviato un percorso di autonomia, se hanno ancora la loro famiglia, sono state costrette a ritornare a casa, perché non poteva essere garantita, 24 ore su 24, la disponibilità del personale, e il rischio di contagio è più alto, nelle strutture abitative. In molte strutture viene inoltre richiesto l’uso continuativo delle mascherine e la cosa crea non pochi disagi soprattutto a coloro che hanno anche problemi respiratori.

Naturalmente per un genitore che aveva avviato un percorso di autonomia per il proprio figlio, inserendolo in una struttura abitativa (case famiglia o residenze), per svilupparne le abilità e attivare un percorso di indipendenza, questo ha significato dover implementare ritmi quotidiani completamente diversi da come erano stati gestiti precedentemente, con l’aggravante che i vari supporti erano e sono tuttora inattivi.

Anche tutta la rete di contatti è stata vanificata e questo è fonte di profondo malessere per le persone diversamente abili, che attraverso di essa fondano e danno un senso alla propria vita sociale.

Insomma, le persone diversamente abili e le loro famiglie si ritrovate improvvisamente ancora più sole, e soprattutto per le persone con disabilità cognitive o psichiche, che non hanno gli strumenti necessari per capire il contesto e quello che sta succedendo a livello mondiale con il Covid19, il disagio emozionale è stato ed è tuttora ancora più acuto.

All’inizio di giugno, il governo federale ha adottato un pacchetto completo di misure per far fronte alle conseguenze immediate e a lungo termine della pandemia. Le misure mirano a rafforzare l’economia, preservare l’occupazione, attenuare le difficoltà sociali, rafforzare i Paesi e i comuni nell’affrontare la crisi e, in particolare, sostenere i giovani e le famiglie.

Tuttavia, queste misure positive e ambiziose hanno un sapore amaro, perché le persone diversamente abili e la loro partecipazione inclusiva sono state solo in minima parte prese in considerazione.

Le misure economiche prevedono progressi rapidi nei settori dell’istruzione, della pubblica amministrazione e delle licenze degli appalti pubblici mediante investimenti adeguati e soluzioni burocraticamente snelle. La scuola, l’università e la formazione professionale dovrebbero essere gestite digitalmente e con modalità, anche linguistiche, accessibili a tutti. In tutti questi piani di ristrutturazione economica, però, non vengono considerate le persone con disabilità e il tema dell’accessibilità, che è necessario alla loro inclusione, non viene affrontato.

Ad esempio, dovrebbero essere creati corsi di formazione finalizzati alla sensibilizzazione e sulla digitalizzazione, con il coinvolgimento dei gruppi interessati. “Qui diventa ancora una volta chiaro che le persone disabili continuano a essere escluse perché non siamo affatto considerati nelle ambizioni del governo federale per il progresso digitale”, critica Horst Frehe, membro del consiglio di amministrazione del gruppo di interesse Selbstbe-Determin Leben in Deutschland eV (ISL).

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Tutte le linee guida sui finanziamenti federali e statali dovrebbero essere collegate ai requisiti minimi di accessibilità e garantite in tutte le aree. I fornitori privati di beni e servizi dovrebbero infine impegnarsi rapidamente per l’accessibilità.

Frehe rilancia con un appello: “La digitalizzazione in particolare offre un potenziale inesauribile di innovazione che richiede accessibilità e partecipazione delle persone disabili. L’inclusione professionale, accademica e culturale potrebbe crescere e consentire a noi disabili di essere partecipi in qualità di protagonisti e consumatori di tutte queste importanti aree di pari opportunità e inclusione”. Potete leggere lo sviluppo di questo punto di vista in quest’articolo, intitolato “Il pacchetto per la ripresa economica è carente, per le persone diversamente abili“.

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Attualmente non sono state ancora definite, da parte del governo, regole specifiche per il rientro delle persone disabili nei luoghi di lavoro, ma anche nella scuola, a causa delle complessità specifiche legate alla necessità di mantenere il distanziamento. In alcune scuole di Amburgo, che hanno cominciato gradualmente ad aprire dal 25 maggio, l’inclusione viene realizzata attraverso le pareti di vetro!

“Durante la crisi del coronavirus questi studenti seguono le lezioni attraverso una “gabbia di vetro” dichiara Ralf von der Heide, descrivendo l’aula in cui suo figlio di sette anni, con la sindrome di Down, segue separatamente l’apprendimento scolastico in una scuola di Amburgo. In queste scuole, che vorrebbero praticare il distanziamento sociale senza rinunciare all’inclusione, hanno pensato di risolvere il problema costruendo, per le persone diversamente abili, dei luoghi separati all’interno della classe, dove i ragazzi possono seguire le lezioni da dietro una struttura di vetro. Ma questo naturalmente aumenta il senso del disagio personale e di diversità e questo può essere psicologicamente assai controproducente per i ragazzi.

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Tutte le battaglie per l’inclusione finora portate avanti dai genitori e dalle associazioni, in conformità della Convenzione per i diritti delle persone diversamente abili, vengono in questo contesto messe da parte.

L’inclusione è un danno collaterale della crisi del coronavirus?” afferma ancora Ralf Von der Heide.

Attualmente i Werkstatt sono ancora chiusi o hanno riaperto solo per i casi di estrema necessità, mentre, per il resto, i nostri figli continuano a rimanere a casa. Dal Teatro Thikwa, dove lavora anche Lia, mia figlia, ci arrivano settimanalmente delle proposte di attività da svolgere a casa, “Thikwa *trotz* zu hause”, se possibile da documentare con una videoclip o fotograficamente. Alcuni di questi sono visibili sulla pagina facebook ufficiale del teatro.

Naturalmente all’inizio ci siamo impegnate entusiasticamente a realizzare questi video per mantenere una continuità con il lavoro di artista di mia figlia. Ma questo ovviamente, dopo un certo periodo di tempo, è diventato un onere per chi, come me, si trova a dover svolgere il difficile compito di genitore single. E non è facile dover attivare una serie di competenze che costano tempo e risorse per realizzarle qualcosa del genere in modalità semi-professionale.

Non tutti gli artisti del Thikwa hanno realizzato questi videoclip, perché non tutti sono nelle condizioni di usufruire di un supporto adeguato. E in ogni caso, dopo tre mesi, anche mia figlia non prova più interesse ad impegnarsi in queste attività, perché il disagio e il senso di vuoto inizia sempre più a manifestarsi. Ci stiamo rendendo conto che una soluzione per i nostri figli non è stata ancora attivata, né siamo stati informati su quando riprenderà l’attività teatrale.

Nella scorsa settimana è stata realizzata dal Teatro Thikwa la prima videoconferenza sulla piattaforma zoom che ha permesso, per la prima volta dopo 3 mesi, di avere almeno un contatto audiovisivo tra i collaboratori e gli artisti del Thikwa. È stato molto emozionante vedere dal di fuori le manifestazioni di gioia, da parte dei partecipanti, che potevano finalmente ritrovarsi, anche se solo virtualmente.

I collaboratori del Thikwa hanno proposto la possibilità di dare il via a delle prove in videoconferenza. Fino a che punto questo possa essere realizzabile concretamente è ancora tutto da verificare, vista la difficoltà che alcuni partecipanti incontrano nell’uso della tecnologia e anche, a mio avviso, di fronte a un’ipotetica prova senza contatto
diretto con gli altri, elemento fondamentale per le attività teatrali.

C’è anche la proposta di realizzare il prossimo anno gli spettacoli teatrali del Thikwa in teatri con una capienza maggiore, per consentirne sia la realizzazione che la partecipazione del pubblico rispettando le normative igieniche e il distanziamento, come si evince da un’intervista della Rbb radio ai coordinatori del teatro Nicol Hummel e Gerd Hartmann.

Naturalmente ci auguriamo che tutto questo possa presto riprendere con la sua normale consuetudine in tutti i settori, in considerazione anche del fatto che la riconquista di questi mesi di distanziamento e di crisi necessita di una fase di elaborazione e di recupero dallo stress accumulato, sia da parte delle famiglie che delle persone disabili.

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