Come trascorro la quarantena, #WirBleibenZuhause: Rebecca Agnes, artista

Rebecca Agnes
Rebecca Agnes

Come trascorro la quarantena, #WirBleibenZuhause: Rebecca Agnes, artista

a cura di Gabriella Di Cagno

Abbiamo intervistato alcuni italiani a Berlino, creativi e professionisti, chiedendo loro di rispondere brevemente a poche domande standard. Le risposte ci restituiscono la “fotografia” di una comunità che sta mostrando il volto migliore della socialità digitale e sfruttando al meglio le proprie risorse intellettuali. Speriamo che i lettori trovino nuovi spunti e che vogliano partecipare a questo dialogo con commenti sulla propria esperienza personale in tempi di pandemia CoronaVirus.

Rebecca Agnes
Nat* a Pavia nel 1978
a Berlino dal 2006
Attività: artista

Come trascorri il tuo tempo quotidiano in quarantena?

Seguo in genere una routine: caffè, lettura delle news e della mail, cross-trainer, computer/lavoro, pranzo sul balcone se c’è il sole, computer/lavoro, video-chat o video-training, cena, streaming di film oppure musica (nel fine settimana).

Rispetto al periodo pre-quarantena cucino molto meno visto che ora anche l*a mi*a partner si trova a casa e ha tempo, lo stesso vale per le pulizie. Tutta la giornata è poi puntellata da brevi messaggi su varie piattaforme social con famiglia e amiche/amici. Una volta alla settimana andiamo a fare la spesa. Ora che ho messo nero su bianco la mia giornata tipo, devo dire che non è diversissima dal solito, se si esclude l’incontrarsi con persone nel mondo reale, spostarmi dal mio quartiere e visitare eventi culturali.

Quali nuove abitudini ha portato con sé questa quarantena?

Abitudine nuova è fare con regolarità esercizio fisico. Non che sia diventata una sportiva, ma alcune amiche sono insegnanti, perciò seguo lezioni di Yoga da Milano, training da Amburgo, Pilates da Berlino. Spesso le lezioni sono condivise in video-chat di gruppo. È un modo per stare insieme, visto che non è possibile andare a bere una birra o visitare una mostra.

A quale delle tue abitudini non hai rinunciato?

Dal 2017 ho iniziato a fare foto alle manifestazioni a cui partecipo. Al momento ho in archivio un numero considerevole di immagini di proteste di varia forma e natura. L’ultima demo a cui ho partecipato è stata il 20 febbraio “In Gedenken an Hanau. Gegen rechten Terror und Rassimus” in Hermannplatz. Da allora inizialmente non ho avuto modo di partecipare ad altre manifestazioni e dopo non ce ne sono state (quasi) più.

Perciò quello che faccio ogni tanto è andare a fotografare le strade del mio quartiere, quello che mi interessa particolarmente è registrare i messaggi che le persone lasciano all’esterno, unica forma possibile di protesta e di sensibilizzazione al momento. Al cercare di registrare il dissenso, passeggiando da sola se è una bella giornata, non ho rinunciato.

Quali riflessioni, e/o suggestioni per la tua attività, ti ha ispirato questa situazione?

Parte del mio lavoro si concentra sul senso di inadeguatezza e la dis-funzionalità individuale nello spazio pubblico e sociale per stimolare un dialogo critico. La pandemia in atto conferma tristemente l’insostenibilità della nostra società.

Superato il primo momento di paralisi (con le notizie terribili che arrivavano dall’Italia) ho iniziato una serie di ricami che si basano sulla collaborazione da remoto con la mia famiglia, che al momento si trova in quarantena in varie città: Berlino, Brighton, Pavia e Roma. Con i voli cancellati e l’impossibilità di movimento la distanza geografica è tornata ad essere rilevante. Ai miei familiari sto chiedendo di fare una serie di disegni e di fotografarli. Dopo che ho riportato le immagini su stoffa le ricamo a mano.

Questi ricami vogliono riflettere su habitat, abitudini, tradizioni, distanza e nuove tecnologie. Nella professione come nella vita privata il continuare ad interrogarsi sulle nostre scelte e sulle conseguenze (a livello globale) delle stesse mi pare un passo fondamentale per poter ripensare sia le nostre abitudini che la struttura sociale in cui viviamo.

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