“Troppe donne in una stanza”: il convegno di Rete Donne a Colonia
Per il suo 9° convegno nazionale, Rete Donne ha invitato presso l’Istituto Italiano di Cultura di Colonia le sue sostenitrici, arrivate da varie città della Germania e intenzionate a lottare per una vera parità di genere, senza accontentarsi delle sue fiacche parodie.
Queste donne sono docenti universitarie, giornaliste, parlamentari, imprenditrici, freelancer, impiegate, tutte diverse per formazione e orientamento ma con qualcosa in comune: sono tutte stufe del gap salariale, della sotto-rappresentazione delle donne nei parlamenti, nei governi e nelle principali società quotate dell’UE, nonché di discriminazioni sempre uguali e di frasi evergreen come “Assumo lui, perché mi fido di più di un uomo“, “Ci sono troppe donne in quell’ufficio“, “Sei intelligente per essere una donna” e “Quella ragazza che lavora in quel reparto“, riferita a trentacinquenni o quarantenni con ruoli di responsabilità, il cui parere spesso conta molto meno di quello di una new entry AMAB. In poche parole, di quello di un uomo.
Il focus dell’incontro è stato la comunicazione in Germania nell’esperienza degli italiani emigrati, dalla fine degli anni ’50 ad oggi e con un particolare sguardo rivolto alle donne. Dal cartaceo al digitale, dalla stampa tradizionale ai nuovi formati, dai vlog all’informazione autogestita, il tema è stato affrontato parlando delle antiche radio come delle piattaforme attuali, del vecchio analfabetismo, grammaticale o sintattico, e di quello nuovo, legato alla mancata conoscenza della tecnologia applicata alla comunicazione contemporanea.
Il convegno di Rete Donne è stato aperto con i saluti della Direttrice dell’Istituto italiano di cultura di Colonia, la Dott.ssa Maria Mazza, che avevamo intervistato all’inizio del suo mandato, e con quelli della senatrice Laura Garavini. Presente anche la parlamentare Angela Schirò, deputata al Parlamento italiano per gli italiani all’estero.
La presidente di Rete Donne, Eleonora Cucina, ha sintetizzato i punti principali del programma, spiegando il senso non solo del singolo incontro, ma di quasi dieci anni di lavori e impegno.
Hanno preso parte all’evento anche esponenti di importanti associazioni e organi rappresentativi locali, come il presidente del Comites, Giuseppe Bartolotta. A lui e agli altri uomini presenti, graditi ospiti del convegno, è andato il ringraziamento delle partecipanti, che da sempre sostengono che le pari opportunità non siano una “cosa da donne”, ma una conquista democratica che a volte neanche i movimenti o partiti di sinistra hanno saputo promuovere.
“Negli anni settanta noi ragazze eravamo al ciclostile e i maschi facevano i leader carismatici” si è lamentata una femminista della prima ora durante il dibattito, parlando di quanto trasversale, sul piano politico, sia stata la discriminazione delle donne.
Bellissimo e approfondito l’intervento di Lisa Mazzi, autrice ed ex docente universitaria, che ha parlato delle prime trasmissioni di Radio Colonia, divenute un punto riferimento per tutti i Gastarbeiter italiani arrivati in Germania dopo il 1955.
Canzoni italiane, rubriche di auguri o di consigli, piccoli rimandi a ricorrenze o anniversari italiani importanti erano momenti preziosi per chi sentiva isolato in terra straniera e ben presto gli operatori di Radio Colonia diventarono quasi degli assistenti sociali per i loro ascoltatori. Gli immigrati italiani cominciarono infatti a parlare alla radio di problemi personali, familiari, legali, in cui spesso le donne erano discriminate due volte, in quanto straniere e in quanto femmine.
La giornalista freelance e collaboratrice di Radio Colonia (Cosmo -WDR) Luciana Mella, ha invece parlato dell’evoluzione di Radio Colonia partendo dall’analisi delle sue origini.
Radio Colonia nacque come “antidoto” governativo alle radio libere di ispirazione comunista, che rischiavano di destabilizzare il sistema. Sfogandosi con gli speaker e accontentandosi di un’intimità non contestativa, gli immigrati italiani del tempo avrebbero invece evitato di creare problemi.
Fu con l’assunzione del caporedattore italiano Zambonini che la redazione smise di funzionare come un confessionale per i Gastarbeiter e le Gastarbeiterinnen, per promuovere invece contenuti innovativi, funzionali all’effettiva evoluzione della comunità italiana sul territorio. Mella ha inoltre parlato dei social come “nuovo tipo di comunicazione autogestita” e ha fatto riferimento a circa 300 pagine e gruppi facebook italofoni in Germania, alcuni dei quali declinati al femminile.
È stata quindi la volta del nostro direttore, Lucia Conti, che ha ripercorso la storia del Mitte e parlato delle caratteristiche del magazine, della sua utenza, delle sue collaborazioni e progetti, delle nuove forme della comunicazione contemporanea e della necessità di conoscerne bene gli strumenti, soprattutto in una fase storica in cui il contenuto non può esistere senza la giusta forma.
Riguardo al tema della parità di genere ha ricordato la rubrica del Mitte “Berlino è femmina“, a cura di Valentina Risaliti, e il sostegno dato al tema dell’inclusione a fianco dell’associazione Artemisia, presieduta da Amelia Massetti, che si batte per i diritti delle persone diversamente abili.
Il direttore del Mitte ha inoltre precisato la natura intersezionale del femminismo moderno, non più legato a una battaglia ma a tutte le battaglie. Se i contenuti del nuovo femminismo non possono che essere vari e interconnessi, anche l’attivismo deve fare perno sulla coesione.
Concludendo il suo intervento per Rete Donne e riprendendo le parole di Maria Mazza, Lucia Conti ha sottolineato l’importanza di “fare cose”, di superare le rivalità tra minoranze, di creare un network stabile e forte e di fare delle differenze un valore, al fine di poter trasformare davvero la società.
Dopo una breve pausa pranzo Eleonora Lambo, videomaker, videoartista e videoblogger, ha proiettato “Da Barcellona ad Amburgo“, lavoro vincitore del primo premio al concorso “La mia Europa“, dedicato a Fabrizia di Lorenzo, la ragazza italiana vittima dell’attentato di Berlino del 2016.
Nell’ambito del suo intervento, dal simpatico titolo “Veni, vidi, video: raccontarsi in movimento“, Lambo ha parlato dei vlog come di una versione moderna degli antichi diari di viaggio, ma anche come di uno strumento con il quale raccontare il proprio vissuto su una piattaforma potenzialmente immensa.
Proprio la vastità del potenziale target, tuttavia, ha ricordato sempre Lambo, in questi casi rischia di scatenare una sorta di “dipendenza dopaminica” dai like e in generale dal feedback. Il suggerimento è quello di sganciarsi dal controllo compulsivo dell’engagement e seguire un’etica del lavoro fondata sul senso di responsabilità e sulla qualità dei contenuti.
Il convegno si è infine chiuso con un momento interattivo a cura di due artiste, Marina Siena e Marlis Brinkmann, le quali hanno prodotto un’installazione, “Cum radices vidulus”, ma anche un workshop, “La mia valigia ha profonde radici“.
Durante il workshop si è lavorato molto sul concetto di radici nell’esperienza della mobilità europea e sulla condivisione di testimonianze dirette. Le riflessioni delle partecipanti sono state scritte o registrate e hanno arricchito le installazioni in modo spontaneo e fluido, formando un simbolo perfetto dell’esperienza collettiva appena vissuta.
Per chi volesse approfondire i temi trattati nel corso del convegno, che si è protratto fino al giorno seguente con la visita al centro di documentazione sulla migrazione DOMiD, consigliamo l’approfondimento di Rete Donne.