In Germania la PrEP, la terapia per prevenire l’HIV, sarà garantita dalla sanità pubblica. Ma non a tutti

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Da settembre 2019 in Germania i costi della PrEP saranno sostenuti dalla sanità pubblica, dopo un colloquio preliminare e in presenza di requisiti che andremo ad analizzare meglio in seguito. In poche parole qualunque medico convenzionato con le assicurazioni sanitarie pubbliche potrà prescrivere, fornire assistenza e richiedere la copertura dei costi per la PrEP.

Ma che cos’è la PrEP?

PrEP sta per Profilassi Pre-Esposizione all’HIV ed è sostanzialmente un modo con cui persone non affette dal virus cercano di ridurre le probabilità di contagio assumendo farmaci antiretrovirali, prima e dopo il rapporto sessuale. Questi farmaci, somministrati in pillole assunte regolarmente, sono gli stessi che vengono utilizzati dalle persone sieropositive. Chi ritiene di correre più rischi di contrarre il virus, cioè, può optare per la PrEP e sostanzialmente eliminare questo pericolo.

Se si segue la PrEP, si può smettere di usare il preservativo?

La PrEP protegge dal rischio di contrarre l’HIV. Teoricamente esiste il rischio che si possa comunque restare infettati da ceppi del virus HIV resistenti ai principi attivi, ma è un’eventualità molto remota. Nello specifico, secondo il gruppo di attivisti nel campo dell’HIV Lovelazers, al mondo si conterebbero solo quattro casi documentati, solo due dei quali, peraltro, potrebbero essere dovuti ad una resistenza ai farmaci.

È invece certo che, se non si usa il preservativo, la PrEP non protegga da altre malattie sessualmente trasmissibili anche potenzialmente pericolose, tra le quali l’epatite B e C, la sifilide, la gonorrea, e la clamidia. Ce lo ha confermato anche il Centro AIDS della Asl di Viterbo, con il quale ci siamo confrontati prima di pubblicare questo articolo.

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Dal 2016/2017 la PrEP è stata approvata in numerosi Paesi, compresi quelli dell’Unione Europea, gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia e molti altri.

Una questione particolare è legata ai costi della profilassi e in particolare a chi debba sostenerli. Le decisioni cambiano da Paese a Paese e in Germania, da questo settembre, i medici convenzionati con le assicurazioni sanitarie pubbliche potranno prescrivere e richiedere la copertura dei costi per la PrEP assunta quotidianamente (la PrEP on demand non è coperta). Ma ci sono delle distinzioni da fare.

A cosa si legano costi della PReP

La PReP ha dei costi che includono la consulenza preliminare e la verifica dei requisiti, gli esami di laboratorio e le prescrizioni, gli esami legati al funzionamento dei reni e i regolari test dell’HIV, al fine di controllare il corretto funzionamento della PrEP. I costi possono inoltre coprire anche i test per rilevare l’epatite B e C e alcune malattie a trasmissione sessuale, come la sifilide e la clamidia, quando si verifichino rischi particolari.


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Chi può ricevere la copertura pubblica dei costi della PrEP

L’idoneità a ricevere la copertura pubblica dei costi della PrEP viene valutata nell’ambito di un colloquio personale. Sono considerate particolarmente a rischio, al fine di poter ricevere il sostegno delle assicurazioni pubbliche, le seguenti categorie:

  1. Uomini gay o persone trans che negli ultimi 3/6 mesi hanno avuto rapporti anali non protetti o pensano di continuare ad averli, oppure hanno contratto una malattia sessualmente trasmissibile nei dodici mesi precedenti al colloquio per la prescrizione della PrEP.
  2. Partner di persone sieropositive con carica virale rilevabile.
  3. Persone che fanno uso di droghe per via intravenosa e non usano siringhe sterili.
  4. Persone che hanno rapporti sessuali senza preservativo con partner che potrebbero avere un’infezione da HIV non diagnosticata e quindi non trattata.

Gli eterosessuali e le donne omosessuali NON vengono considerati idonei a ricevere la copertura e quindi l’accesso gratuito alla PrEP, a meno che non sussistano situazioni particolari (ad es. nel caso delle sex worker).

Ma è giusto tutto questo?

Quello che balza all’occhio, analizzando i requisiti di idoneità previsti in caso di copertura pubblica dei costi della PrEP in Germania, è che i criteri per stabilire chi sia considerato a rischio appaiono quasi antidiluviani, almeno per una sensibilità italiana.
Nel corso degli ultimi trent’anni, infatti, in Italia si sono compiuti moltissimi sforzi per fare informazione corretta sull’HIV e sulle relative modalità di contagio.
Una delle lezioni principali è quella di non considerare a rischio le categorie, ma i comportamenti.

Non esistono categorie a rischio, esistono comportamenti a rischio

Un omosessuale non è per definizione o per natura più esposto di un eterosessuale al rischio di contagio e una persona transessuale ancora meno, non essendo l’essere transgender una caratteristica legata alla sessualità, ma piuttosto all’identità.

Dire che alcuni gruppi di individui sono più a rischio di altri significa correre due grossi rischi.

Il primo è quello di stigmatizzare omosessuali maschi e persone transessuali, inchiodandoli a una definizione che li associa al cosiddetto “sesso promiscuo” e alla malattia.
Il secondo è quello di far quasi passare il concetto che gli eterosessuali non siano a rischio, neanche se hanno un numero elevato di partner e non si proteggono con il preservativo.

Nel primo caso si vanificano decenni di lotta per i diritti LGBT e di emancipazione da quegli stereotipi che hanno impedito a lungo a omosessuali e transessuali di integrarsi all’interno della struttura sociale.

Nel secondo caso si rischia di indurre persone poco informate o poco mature a sottovalutare il potenziale negativo di un comportamento sessuale a rischio, ritenendosi “tutelate” in quanto eterosessuali. Ingenerare questa convinzione errata attraverso una fonte ufficiale è oggettivamente molto pericoloso.

Perché queste categorie?

Abbiamo parlato di queste nostre riserve con il Dott. Martin Viehweger, medico specializzato in malattie sessualmente trasmissibili e attivista per la tutela della salute sessuale.

Anche il Dott. Viehweger trova discriminatorio che si garantisca solo ad alcune categorie la copertura pubblica dei costi della PrEP. Sostiene però che le assicurazioni sanitarie non avrebbero mai coperto quei costi, se fossero stati estesi a tutti, e questo ha posto la necessità di ottenere che fosse tutelato almeno qualcuno.

La scelta è quindi ricaduta su gruppi ritenuti socialmente marginalizzati, che su base meramente statistica esprimono una percentuale maggiore di rischio e che potrebbero fronteggiare peggio eventuali problemi economici.

Si tratterebbe insomma di una scelta strategica, per cercare di migliorare la tutela sanitaria di persone a rischio, che già affrontano diverse difficoltà sociali e che potrebbero non riuscire a coprire privatamente anche i costi della PrEP.

Il Dott. Viehweger ci ha inoltre tenuto a ribadire a mezzo stampa, soprattutto come attivista per la tutela della salute sessuale, la necessità che le persone, in particolare le più marginalizzate e fragili, considerino il medico un alleato, senza vergognarsi di parlare del loro stile di vita e dei rischi che corrono, e di aprirsi completamente, al fine di essere efficacemente aiutate.

Il fine giustifica i mezzi, ma le perplessità restano

Se è possibile comprendere la politica di riduzione del rischio e la necessità di tamponare l’emergenza di fronte alle assicurazioni, che tentano di contenere il più possibile i costi che sono tenuti a pagare, restano però aperti diversi interrogativi.

È vero, in Germania e a Berlino moltissime persone appartenenti alle categorie indicate rischiano oggettivamente di contrarre l’HIV, ma non si può negare che il provvedimento lasci comunque scoperti gli indigenti che non rientrino nelle categorie previste.

 

Le donne risultano poi escluse al 100% dalla copertura, che siano eterosessuali o lesbiche (a meno che non siano sex worker), e si confermano discriminate e non considerate da una società che è sicuramente abbastanza evoluta, ma non abbastanza da proteggerle.

Sono solo alcuni esempi, ma sufficienti a provare che un testo mal scritto, anche se in buona fede, rischia di risolvere alcuni problemi creandone altri. Nello specifico limitare in modo illogico un diritto che dovrebbe essere collettivo e comunicare indirettamente agli eterosessuali meno informati una finta sicurezza, esponendoli quindi a rischi maggiori.

Ci riserviamo dunque di seguire l’evoluzione di tutto questo e magari alimentare il dibattito con l’obiettivo di tutelare la salute di tutti, nel modo più efficace possibile e senza sacrificare nessuno.

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