Sfidare la sindrome di Usher: a Berlino ha preso vita il progetto di Dario Sorgato

sindrome di Usher

di Lucia Conti

Dario Sorgato è un designer che vive a Berlino e ha la sindrome di Usher. Nella capitale tedesca ha fondato NoisyVision, progetto di informazione che si propone di creare una rete utile a migliorare la vita di chi è affetto da questa patologia.

Oltre a questo, Dario ha negli anni, trasformato le sue limitazioni in spinte propulsive che lo hanno portato a vincere sfide sempre nuove, in tutto il mondo, e a svolgere un’incessante attività di sensibilizzazione sul tema della disabilità. 

Ciao Dario, vuoi presentarti ai nostri lettori?

Se fossi un medico con due figli credo che non sarebbe difficile presentarmi. Lo scarto tra il mio lavoro e le mie passioni mi ha sempre creato dei problemi di identità. Ma ci provo. Dario, 39 anni, nato in provincia di Padova, trasferito a Milano per gli studi universitari in Design. A Berlino dal 2011 con una conoscenza ancora molto basilare del tedesco. Attualmente lavoro per una startup berlinese. Ho una grande passione per i viaggi.

Ho pubblicato libri, ho scritto storie e poesie. A 16 anni mi hanno diagnosticato la Sindrome di Usher, una malattia genetica rara che è una delle principali cause di sordo-cecità. Ho fondato NoisyVision ONLUS diventando un attivista sociale per i viaggiatori con disabilità sensoriali. Ho viaggiato in diversi Paesi attraverso i cinque continenti. Ho navigato per due anni su una giunca di ferro di cemento, da Città del Capo a L’Avana.

Potresti dirci qualcosa in più sulla Sindrome di Usher? Come condiziona la tua vita?

La Sindrome di Usher è una combinazione di ipoacusia e ipovisione. In pratica ci vedo e ci sento meno del normale. La vista peggiora con gli anni a causa della retinite pigmentosa. Ad oggi sono considerato cieco civile. Riesco ancora a leggere al computer, leggo libri solo su ebook, ho una visione tubolare pari al 6% di una persona normale. Riesco a muovermi autonomamente, ma solo di giorno. Di notte vedo solo le luci dei lampioni e a Berlino sono troppo fioche perché possa muovermi per strada. Per sentire uso gli apparecchi acustici.

Le difficoltá nella vita quotidiana sono molteplici, ma con il tempo ho messo a punto delle tecniche di sopravvivenza. Piano piano ho dovuto abbandonare alcune attività (sport di squadra, guidare la macchina, la bici…) e abituarmi all’uso del bastone bianco (che ancora rimane un oggetto un po’ ostico). Il processo di accettazione del bastone è paragonabile a quello delle protesi acustiche. Dapprima le nascondevo sotto folti capelli ricci, oggi penso che siano degli oggetti bellissimi. Oltre che utili ovviamente.

Com’è stato metabolizzare la malattia e come ci convivi?

La diagnosi in età adolescenziale, quando ancora i sintomi erano lievi, mi ha permesso di entrare lentamente in questo tunnel, nel senso stretto del termine. Purtroppo ai tempi non c’era internet e per sapere esattamente a cosa andavo incontro ho dovuto scontrarmi (ancora in senso stretto) con molti ostacoli. Oggi i gruppi Facebook sono una fonte infinita di informazioni e aiuto, anche se non mancano le fesserie e i ciarlatani.
Il processo di acettazione è lungo e forse continua ancora, visto che la degenerazione procede.

Tuttavia solo alla fine del 2010 credo di aver fatto un vero cambiamento, passando dal nascondermi, quasi fosse una colpa, all’ostentazione. Infatti ora la malattia è una vera e propria fonte di ispirazione, perché i limiti che mi impone sono diventati lo stimolo per cercare di superarli. In un TED talk the ho fatto a Brescia nel maggio 2017 cerco di dire proprio questo.

Sei molto combattivo e hai usato la tua condizione per sensibilizzare ad ampio spettro sul tema delle diverse abilità. Ci racconti alcune tue iniziative?

Le iniziative degli ultimi anni sono accomunate da un colore: il giallo. #YellowTheWorld infatti é il nome e l’hashtag di una campagna di sensibilizzazione iniziata a Helsinki nel 2014, con l’idea di colorare di giallo gli elementi urbani cosi da renderli più visibili per gli ipovedenti.

Da questo aspetto pratico siamo passati alla declinazione del significato che colorare il mondo di giallo vuol dire renderlo più accessibile. In tal senso anche i percorsi di montagna devono e possono essere resi più fruibili da chi ha limitazioni visive.
Per dimostrare come strategie individuali e una adeguata organizzazione possano essere le basi per arrivare ovunque, nel 2015 sono andato fino al Campo Base dell’Everest.
Quell’esperienza è raccontata in un bellissimo documentario.

Nel 2016 ho organizzato una camminata lungo la Via degli Dei, il sentiero che, attraverso gli Appennini, collega Bologna a Firenze. Dodici ipovedenti provenienti da tutta Europa, accompagnati dai volontari del CAI di Bologna Est, hanno camminato per 7 giorni, vivendo quella che possiamo chiamare una vera e propria avventura. Anche questa storia è diventata un film, che da pochi giorni abbiamo reso disponibile sul canale YouTube di NoisyVision (Entrambi i film sono disponibili con sottotitoli in inglese).

Come e quanto Berlino ha influito sulla tua vita e su quello che fai?

NoisyVision è nato più o meno in coincidenza con il mio trasferimento a Berlino. Non credo sia una coincidenza. Ero pronto ad un cambiamento. Ho cambiato città e atteggiamento allo stesso tempo.

Berlino mi ha fatto conoscere persone con la mia malattia che hanno un approccio molto più aperto. Ho conosciuto persone attive. In Italia non le avevo nemmeno mai cercate.
Berlino mi ha dato il tempo. La leggerezza di poter pensare solo alle mie passioni, perché alla quotidinatà ci pensa lo Stato (in termini di servizi, di costo della vita, di regole).
A Berlino ho reliazzato il progetto che ha fatto diventare NoisyVision un gruppo fuori dal blog online. Era il 2013. Abbiamo ottenuto un finanziamento dall’Unione Europea e abbiamo realizzato “The Visionary Europe”, raccontato anche dal Mitte.
Ma, indovinate un po’, c’è pure il documentario.

Se non ne avete ancora abbastanza di video, c’è anche quello della mia discutibile performance al karaoke di Mauerpark. Anche se girato per gioco é un video fatto bene, originale, che ben rappresenta il mio ingresso in questa nuova città.

Vuoi dire qualcosa ai nostri lettori? Come possiamo supportarti?

NoisyVision ha sede legale in Italia. Come se avessi un piede in due scarpe. Ma il desiderio è quello di continuare l’interscambio culturale che persone di diverse provenienze possono fornire. Accogliamo chiunque abbia voglia di fare esperienze con noi, sia persone con disabilitá sensoriale che normodotati.

Abbiamo bisogno di esperti di marketing e di comunicazione che ci diano una mano con Facebook e la manutenzione del sito web. Cerchiamo blogger che vogliano scrivere i contenuti. Cerchiamo uno spazio per una mostra fotografica sulla Sindrome di Usher, progetto di tesi di comunicazione visiva di uno studente del Politecnico di Milano. Cerchiamo anche likes, followers sui nostri social, perché abbiamo sempre delle belle notizie, delle storie da raccontare, delle iniziative da promuovere.

Grazie di cuore, Dario. A questo punto mi rivolgo direttamente ai nostri lettori, sperando che più persone possibili raccolgano il tuo appello. Magari cominciando col supportare i social della Onlus, Facebook, Youtube ed Instagram.

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