Genitori italiani e genitori tedeschi: pregi e difetti
Una delle cose che colpiscono di più l’attenzione dell’italiano all’estero, e in particolare in Germania, è il diverso approccio verso i bambini normalmente mostrato dai genitori tedeschi.
In alcuni casi c’è chi addirittura segnala un vero e proprio shock culturale, trovandosi di fronte a quegli aspetti che più divergono dal modello italiano e che a volte sono alla base della nostra educazione.
Genitori tedeschi vs genitori italiani: viaggio nello Spielplatz
Il primo di questi fattori è il contegno iperprotettivo, che caratterizza i genitori italiani durante l’intera infanzia dei loro figli (e a volte anche oltre) e che invece sembra essere assente nei genitori tedeschi.
In Germania, anche solo passeggiando nei pressi di uno Spielplatz, il tipico parco giochi in cui l’infanzia trova sfogo all’aperto, non è infatti infrequente osservare bambini che si arrampicano su strutture anche molto alte mentre i loro genitori li osservano imperturbabili.
Lo stesso accade quando i bambini tedeschi giocano con elementi naturali che noi associamo automaticamente al concetto di “sporcizia” (terriccio, fango, superfici non esattamente pulite).
L’esplorazione del mondo da parte del bambino tedesco incontra infatti solo raramente il veto del genitore, convinto del fatto che il contatto con la realtà esterna, anche nei suoi aspetti meno asettici, sia fondamentale per il corretto sviluppo della sua personalità.
In circostanze analoghe, in Italia, è invece molto frequente vedere i genitori rimproverare costantemente i figli per paura che cadano, si facciano male, si dedichino a giochi reputati “troppo pericolosi” o si sporchino.
Questo a volte può innescare nei bambini delle piccole e grandi frustrazioni e nei genitori una condizione di perenne ansia e se è vero che a volte il relativo “lassismo” tedesco di fronte a quelli che noi reputiamo dei rischi può diventare oggettivamente imprudente, è vero anche che l’atteggiamento iperprotettivo di molti genitori italiani appare altrettanto sbagliato.
Anche gli ambienti in cui cresce il bambino subiscono lo stesso tipo di impostazione. Nelle case tedesche il principio dominante è quello di lasciare che i piccoli giochino con tutto, dominino lo spazio, lo graffino, lo rovinino, lo facciano proprio. E le scelte nell’arredamento seguono esattamente questo principio, lasciando i bambini liberi di correre e a volte “vandalizzare” gli ambienti, senza per questo produrre danni significativi.
Molte case italiane, invece, non sono a misura di bambino ma di adulto, sono cioè piene di oggetti da proteggere dalla “furia distruttrice” dei pargoli e di aree inaccessibili ai più piccoli, almeno nei loro momenti di maggiore irruenza.
Lo stesso principio si applica anche al rapporto dei bambini con gli altri. Incoraggiati a interagire con il mondo esterno, i bambini tedeschi imparano presto che la lontananza dai loro genitori non deve spaventare e questo li mette nelle condizioni di interagire con gli altri con un maggiore senso di fiducia.
Normalmente, il genitore italiano ha bisogno di un po’ più di tempo prima di consentire agli altri di entrare in quel “circuito chiuso” che è il rapporto con suo figlio. Questo atteggiamento è più marcato sicuramente nei primi mesi di vita del bambino, ma a volte resta, anche se in forme diverse, nel corso dell’intera vita.
L’immagine stereotipata del figlio adulto che resta collegato alle dinamiche e agli equilibri della famiglia d’origine è certamente un’esasperazione comica, ma è un dato di fatto che spesso sia estremamente difficile, per come siamo soliti impostare i legami familiari in Italia, diventare emotivamente, oltre che praticamente indipendenti dai genitori.
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La crisi economica in cui versa il nostro Paese, inoltre, e il fatto che sia oggettivamente difficile per molti giovani e meno giovani staccarsi dalla famiglia, complica ulteriormente le cose.
Va detto, però, che nemmeno l’indipendenza rapida e indolore conseguita dai giovani in Germania è sempre un fatto positivo.
Abituati ad essere proiettati nel corpo sociale già a diciotto anni, e incentivati in questo dalle istituzioni, che forniscono il relativo supporto economico e strutturale, i figli tedeschi si ritrovano molto presto a sperimentare una distanza dai genitori che a volte porta con sè i germi del distacco emotivo.
Il culto della privacy, che gli adulti esercitano tanto quanto i ragazzi, e l’enfatizzazione dell’autonomia sempre e comunque, nelle loro versioni più esasperate fanno sentire genitori e figli un po’ troppo lontani e rendono più difficile verbalizzare sentimenti di affetto o praticare quel senso di accoglienza di cui a volte si finisce per sentire la mancanza. E che sono importanti, per il corretto sviluppo di un individuo, quanto la libertà e l’indipendenza.
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