ANTEPRIMA – 5 domande a Gaetano Savatteri
Intervista a Gaetano Savatteri
Buongiorno Gaetano Savatteri, il 2 marzo verrai a Francoforte a presentare il libro “La fabbrica delle stelle” (Sellerio, 2016), un giallo sul cinema ambientato tra la Sicilia e Venezia. Gli amici tedeschi e italiani desiderano sapere in ANTEPRIMA qualcosa dell’ospite. Se sei d’accordo vorrei proporti 5 domande perché tu possa incuriosire le nostre lettrici e i nostri lettori, prima di averli con noi al ciclo di incontri con le autrici e gli autori italiani dal titolo “Un libro al mese”. Iniziamo?
1) Siciliano di mare aperto, nato a Milano, giornalista, scrittore: chi è Gaetano Savatteri?
Sono nato a Milano, cresciuto in Sicilia e vivo a Roma. Tipico andirivieni di un’emigrazione interna che ha mischiato le carte fino a costruire italiani con radici diverse. Non c’è dubbio che la Sicilia, da cui proviene la mia famiglia, è anche il luogo determinante dell’identità. Ecco perché nel mio lavoro di giornalista e nei miei libri, la Sicilia ha un posto speciale. Come diceva Leonardo Sciascia, un autore che sento vicinissimo perché di Racalmuto, il paese in provincia di Agrigento dove sono cresciuto, la Sicilia è metafora del mondo: un luogo di osservazione privilegiato e complesso che permette di raccontare l’umanità che spesso, nell’isola, tocca i suoi estremi opposti, la viltà e il coraggio, la bellezza e la ferocia, l’ironia e la testardaggine.
2) Come nasce quest’ ultimo romanzo, “La fabbrica delle stelle”?
Nasce quasi per caso, quando il mio editore, Sellerio, mi chiede un racconto per un’antologia a più mani dedicato alle vacanze. Dopo altri tre racconti contenuti in altrettante antologie con protagonista Saverio Lamanna, ho capito che le storie piacevano e che il mondo di Lamanna (con il suo amico Peppe Piccionello, la sua quasi fidanzata Suleima) si stava pian piano definendo. Dedicargli un romanzo è stata una conseguenza naturale. Mi piaceva pensare a un siciliano di mare aperto, un giovane disoccupato intellettuale, simile a molti altri quarantenni suoi coetanei, che avesse con la Sicilia un rapporto disincantato: un personaggio che non è chiuso e recintato nel luogo (la borgata di Màkari, sul mare di San Vito Lo Capo) dove si ritrova costretto a vivere, ma che si muove, viaggia, si sposta, portandosi dietro il suo sguardo ironico e dissacratore sul mondo contemporaneo.
3) Saverio Lamanna, il protagonista del romanzo, giornalista-investigatore dalla battuta pronta, arguta e mai banale, lascia un angolo della Sicilia, dove si era rifugiato, per andare al festival del cinema di Venezia. Chi lo accompagna in questo viaggio e perché?
Dopo il licenziamento dall’incarico di portavoce di un sottosegretario agli Interni, Lamanna si rifugia in questo angolo di Sicilia, nella casetta a mare di famiglia, per prendersi una pausa e affrontare le difficoltà della disoccupazione (c’è luogo migliore della Sicilia, purtroppo, per essere disoccupati?). E qui incontra non solo una bellissima ragazza, Suleima, cameriera stagionale in un albergo, laureata in architettura, ma anche l’amico di famiglia Peppe Piccionello, che si occupa della manutenzione ordinaria della casa estiva dove il papà di Saverio non vuole più mettere piede da quando vi è morta la moglie.
Peppe Piccionello è un homo ancora sapiens, non ha mai raggiunto e forse non vuole raggiungere, lo stadio del sapiens sapiens. Piccionello gira sempre in infradito e pantaloncini corti, indossa bizzarre magliette con frasi ad effetto sulla Sicilia (opera di una sua nipote) e si difende dalla modernità evitando telefonini, televisione, internet. L’opposto di Saverio, che invece è un superconnesso, sia pure scettico. Piccionello è la sapienza antica di chi conosce uomini e cose sulla sua propria pelle. Conosce il mondo, anche se forse non si è mai spostato da Màkari. I due diventano una coppia inseparabile e il buon senso di Piccionello supplisce agli eccessi cinici e disincantati di Lamanna. Formano una coppia di detective ma anche una coppia comica, potremmo dire che sono Sherlock Holmes e Watson interpretati da Ficarra e Picone.
4) Sublime ironia, sarcasmo, scetticismo, cinismo involontario, animo inquieto: sono caratteri “siciliani” del protagonista o quintessenza di un uomo disilluso, nevrotico, ma molto contemporaneo?
Spero che siano abbastanza universali. Certo, Lamanna e Piccionello vengono da una terra che ha dovuto costruire il proprio scetticismo e ha usato l’ironia come arma di difesa. Per non soccombere, per non restare imprigionata nella perenne indignazione o nella perenne rassegnazione. Diciamo che le nevrosi del presente, in Sicilia, sono nevrosi antiche. D’altra parte, abbiamo detto che la Sicilia è una metafora. Come diceva qualcuno, la Sicilia è un’Italia all’ennesima potenza. E, lo diceva Sciascia, la linea della palma sale al nord (le palme in piazza Duomo a Milano ne sono la conferma, no?).
5) La scrittura per me è?
Un tentativo di leggere il mondo, di decodificarlo. Ma soprattutto un modo per raccontare storie. In fondo, le storie succedono solo a chi sa raccontarle.
Informazioni generali sull’evento
Cosa: presentazione del libro “La fabbrica delle stelle” e incontro con i lettori
Quando: giovedì 2 marzo, alle ore 19.00
Dove: sala eventi ENIT di Francoforte (Barckhausstr. 10).
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Gaetano Savatteri: nasce a Milano nel 1964, da genitori di Racalmuto. A dodici anni torna con la famiglia in Sicilia, proprio a Racalmuto, il paese di Leonardo Sciascia. E qui, assieme ad altri giovani, nel 1980, fonda il periodico “Malgrado tutto”, al quale Sciascia restò sempre affezionato e attorno al quale si raccolgono molte altre firme come quelle di Gesualdo Bufalino e Vincenzo Consolo.
Nel 1984 Savatteri comincia a lavorare come cronista nella redazione di Palermo del Giornale di Sicilia. In seguito si trasferisce a Roma, prima come inviato dell’Indipendente, poi come collaboratore del Tg3. Dal 1997 è giornalista al Tg5 ed attualmente è capo della redazione di Matrix. Dirige un Festival sulla legalità in Calabria, e un suo romanzo, “Uno per tutti”, ha ispirato un film diretto da Mimmo Calopresti.
Intervista a cura di Michele Santoriello
Consolato Generale d’Italia Francoforte –Ufficio Cultura