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La politica pro-immigrazione della Merkel salverà la Germania

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di Alessia Del Vigo

L’Indipendent propone una teoria molto interessante sul futuro della Germania e le conseguenze (positive) che la investiranno grazie alla politica pro-immigrazione che Angela Merkel ha messo in atto l’anno scorso. Nel dettaglio si tratta di una analisi della recenti misure che il governo tedesco ha adottato nell’accogliere i rifugiati e che potrebbero garantire ai tedeschi un futuro meno preoccupante, almeno in realzione alle conseguenze socio-politiche di una cattiva integrazione.
La politica delle “porte aperte” di Angela Merkel nei confronti degli immigrati che cercano rifugio dalle zone di guerra del Medio Oriente, infatti, sembrerebbe mettere la Germania a riparo, a lungo termine, dalla minaccia di possibili attacchi terroristici. Dimostrando comprensione verso centinaia di migliaia di rifugiati musulmani, la cancelliera tedesca ha come inviato un messaggio al mondo intero: la Germania non è in guerra contro l’Islam. Ancora più importante, ciò significa che la maggioranza dei musulmani residenti in Germania avrebbe tutti i motivi per cooperare con i servizi di sicurezza nella lotta al terrorismo.
Lo stesso non si può dire dei musulmani emarginati e radicali che popolano i sobborghi di Bruxelles e Parigi e che di conseguenza generano o ingrandiscono la rete dei terroristi. La chiave per sconfiggere il terrorismo sarebbe invece sottrarli alla fascinazione verso i predicatori dell’odio, l’Isis e Al Qaeda. Mentre i critici di Angela Merkel sono stati veloci a colpevolizzarla per i recenti fatti di sangue accaduti in Baviera, é realmente possibile che le azioni della cancelliera abbiano già salvato il Paese dal genere di attacchi di massa organizzati sul modello di quelli messi in atto in Francia e in Belgio. Secondo la tesi dell’Independent Parigi e Bruxelles sarebbero diventate nel tempo vere e proprie incubatrici del terrorismo, nonchè fonti di un odio e di un risentimento ormai destinati a non essere smaltiti prima dell’avvicendamento di diverse generazioni.
Certamente le banlieus parigine e il quartiere di Molenbeek, a Bruxelles, sono abitati da musulmani che sentono di non avere più un ruolo decisivo nella sfera pubblica. Alcuni di loro si sono già diretti in Siria e in Iraq, per vivere e lottare nel califfato. Quelli che hanno deciso di restare continuano a nutrire astio e a odiare uno Stato che risponde usando in modo più massiccio le forze di polizia.
Francois Hollande si è spesso dichiarato in guerra contro l’Isis. A molti musulmani che pensano di essere stati criminalizzati solo a causa della loro religione, il presidente francese potrebbe aver dato l’impressione di essere, per una sorta di equivoca metonimia, sul punto di dichiarare guerra anche a tutti loro.

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Molenbeek, Photo by stijnh©

La verità è che la politica estera gioca un ruolo primario nella lotta al terrorismo. É una lezione della quale la Francia ha beneficiato durante la Guerra in Iraq, quando il suo governo si è strenuamente opposto al conflitto. In quel periodo la Francia è stata esente da attacchi, mentre la Gran Bretagna, che aveva dichiarato guerra a Saddam Hussein, ha subito gli attacchi-bomba avvenuti a Londra il 7 luglio del 2005. Allo stesso modo la Spagna, che aveva sostenuto la medesima guerra, si è trovata ad affrontare una serie di attacchi terroristici aventi come obiettivo il sistema ferroviario, nel 2004.
In questo momento Francia e Belgio sono presi di mira sia da sofisticate operazioni terroristiche pianificate da affiliati dell’Isis in Siria e Iraq, sia azioni spontanee di “cani sciolti” o “lupi solitari”, cresciuti in Europa e diventati sempre più radicali grazie alle connessioni trovate su Internet. I servizi di sicurezza belgi e francesi sono ormai sfiduciati, in quanto sembrano non essere stati capaci di riunire una rete di informatori in queste aree dimenticate delle loro cittá. Questo significa che tali errori, che nel passato recente hano portato agli attacchi a Charlie Hebdo, al Bataclan, al sistema dei trasporti di Bruxelles e Nizza, potranno ripetersi. I critici della Merkel sostengono che annunciando un’immigrazione libera per tutti, la cancelliera abbia messo in pericolo le vite dei tedeschi. Ma la recente ondata di rifugiati dalle zone di guerra verso l’Europa non ha alzato il rischio di azioni terroristiche. Ciò è confermato dal fatto che tutti e tre i richiedenti asilo che hanno intrapreso azioni terroristiche in Germania questo luglio, hanno fatto il loro ingresso nel Paese molto prima che la Merkel annunciasse la sua politica pro-immigrazione, l’anno scorso. Mentre Francia e Belgio restano intrappolati in un circolo vizioso di politiche sempre più rigide e subiscono un incremento degli attacchi terroristici, la Germania sembrerebbe avere la possibilità  di forgiare un futuro diverso.
L’analisi dell’Independent è di per sè molto interessante e acuta, ma la questione dei rifugiati è ancora più complessa: l’emergenza sussiste infatti almeno dal 2011, quando la prima guerrra civile in Libia ha seminato il panico e distrutto le vite di moltissime persone. Da allora quasi giornalmente centinaia di migliaia di esseri umani hanno cercato di attraversare quel breve e pericoloso tratto di mare che li separava dalle coste siciliane, per scappare da una guerra che aveva strappato loro tutto. L’isola di Lampedusa ovviamente non può ospitare tutti coloro che vi arrivano e cerca, tra molte difficoltà, di identificarli e smistarli. I Paesi europei che spesso sono l’obiettivo di molti dei nuovi arrivati, potrebbero accogliere più persone, dal momento che ancora oggi il maggior numero di rifugiati è ospitato dalla Turchia, mentre ci sono Paesi come la Spagna e l’Irlanda che chiudono quasi completamente le porte. Anche la Germania e l’Italia potrebbero fare di più, ma l’opinione pubblica sembra essersi accorta di questa emergenza solo l’anno scorso, quando le prime pagine dei principali quotidiani hanno pubblicato la foto del piccolo Aylan, morto sulle coste turche mentre tentava di fuggire da Kobane assieme alla sua famiglia.
Insomma, l’analisi dell’Independent sul fatto che la nuova politica delle “porte aperte” proclamata da Angela Merkel possa essere uno scudo protettivo per la Germania e renderla molto più sicura da attacchi terroristici futuri può funzionare solo se non entra in gioco un’altra variabile: la possibile frustrazione dei riugiati arrivati in Germania tra il 2011 e il 2014 e che si sono sentiti, in più di un’occasione, persone di Serie B, prima in quanto rifugiati e poi in quanto “rifugiati meno importanti”. Si pensi ad esempio ai cinquecento uomini che per tre anni, dal 2011 al 2014, hanno vissuto nella tendopoli eretta a Oranienplatz nel centro di Berlino, nella speranza di riuscire a ottenere i documenti per poter restare in Europa legalmente.

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