Unconventional Berlin Diary: il mondo vuole donne simili a bambine e corpi simili a stecchini
Una nota catena di abbigliamento, a Wilmersdorfer Straße, espone taglie di pantaloni superiori alla 42 in una nicchia minuscola, identificata dalla foto di una modella oversize. Stupisce il fatto che ancora passi l’idea che la 44 o la 46 siano taglie forti, da relegare in un’area protetta, e soprattutto che vestire la 36 sia normale.
Non so se dipenda dal fatto che gli stilisti abbiano nutrito per anni la loro ossessione per emaciate donne androgine, cucito abiti destinati a essere esaltati solo dai manichini o capito, già agli albori della moda, che meno corpo si copre, meno si spende in stoffa.
Ad ogni modo sogno la rivoluzione. Altro che la body positivity brandizzata e gli inviti ad “amarsi per come si è”. La ri-vo-lu-zio-ne. Una cosa che distrugga imperi e detronizzi tiranni, cominciando da quelli che fasciano la prima scarsa delle mannequin, perché altrimenti “cadono male le camicie”.
Dando un’occhiata al tipo di abiti esposti nel tragico punto vendita di Wilmersdorfer, poi, emerge chiaramente anche il fatto che la differenza tra donne e bambine non sia pervenuta.
Donne come bambine, tutte attorno a me
Teneri paraorecchie rosa, maglioni con fantasie di gattini che vomitano palle di gelato… ma la finiamo o no? Davvero tocca spiegare che nascere femmine non significa necessariamente avere una naturale propensione per il rosa, gli orsetti e le caramelle e che vestire come un manga ben oltre l’età del consenso andrebbe bene in un mondo immaginato da Nabokov o da Lupo Lucio, ma non per chi distingue una donna di trent’anni da una ragazzina di tredici?
Devo dire che in giro incontro regolarmente personaggi perfettamente in linea con questo immaginario, quindi, forse, il problema sono io. Recentemente, sul Ring, ho visto una donna adulta con le trecce all’insù e una scimmietta di peluche agganciata attorno al collo. Con le lentiggini disegnate e il cavallo dipinto a pallini sarebbe stata perfetta per un reboot di “Pippi Calzelunghe”.
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Da piccola, tra l’altro, adoravo Pippi e un anno mi ci sono anche vestita, a Carnevale. Avevo calze di diverso colore e trecce tenute su dal ferro dolce. A saperlo avrei conservato l’outfit. Non sarebbe risultato strano sulla S41, direzione Jungfernheide, “ovviamente” Berlino.
Donne vestite con brutti abiti che fanno tendenza
Un’altra catena di abbigliamento di recentissima genesi in cui sto incappando spesso, invece, espone abiti brutti dai colori chiassosi e cerca di convincere il mondo che siano belli. Sono SICURA che abbiate capito perfettamente di che brand parli.
Un mio amico mi ha fatto sapere di averlo inserito da tempo in una lista di cose in grado di rovinargli la giornata e che include anche “Game of thrones”, la birra Weiss, Daniele Capezzone e “chi ha comportamenti anti-socialisti”. Qualche giorno fa ho fotografato una vetrina e ho pensato di mandargli goliardicamente lo scatto, ma alla fine ho desistito per non infierire. Questo mi ha probabilmente risparmiato una risposta del tipo “Bella, ti voglio bene, ma quando fai così sei l’ultima delle buste de piscio”.
Comunque, prendo atto della situazione. A quanto pare, in questo nostro occidente dopato da un finto e perenne entusiasmo, le donne sono bambine che invecchiano in panni sempre più inadeguati. Non parlo degli uomini per mancanza di esperienza. Come donna sono stata cresciuta e da donna mi tocca scegliere tra un pigiama con le fragole innamorate e uno con gli orsetti multicolori, se mi devo ricoverare.
Di nuovo in tour: destinazione Austria
Io intanto preparo i miei, di panni, perché sono di nuovo in tour. Almeno è arrivata la primavera! Piove e tira vento, ma ogni tanto esce il sole e ti fa il gesto dell’ombrello, prima di tornare dietro le nuvole. A maggio finalmente suoniamo a Vienna e io lucido la chitarra e spazzolo le mie ali da pipistrello.
L’ultima volta che mi sono esibita in Austria, in un paesino molto suggestivo, faceva freddissimo. Ricordo statue coperte di neve in giardini ordinati e deserti e strade sommerse dal silenzio. Venivamo da una serie di date in giro per l’Europa e ne portavo addosso tutti i segni, nascosti a malapena sotto uno strato di sporcizia contingente e fastidiosa.
Quella sera, mi ero rovesciata una bottiglia di birra in testa sul palco, avevo respirato acari e fumo nel backstage, avevo rinviato, come sempre, una seria riflessione sui miei problemi ed ero finita a dormire a casa di una ragazza molto gentile. Lì mi ero fatta una lunghissima doccia bollente, forse la più bella della mia vita. Un paio d’ore dopo, mi crogiolavo in un letto soffice come pane fresco. Un momento davvero perfetto.
♠ Colonna sonora: “History Eraser”– Courtney Barnett♠
Machete
Machete vive a Berlino dal 2013.
Ama anche la musica, il cinema, la letteratura e la serotonina.
A otto anni sperava che prima o poi qualcuno avrebbe inventato una pillola contro la morte. Un po’ lo spera ancora.
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