Unconventional Berlin Diary: donna con la barba e metamorfo senza forma
Credo che il barbiere palestinese da cui vado a farmi ritoccare l’undercut mi abbia fatto anche la barba, a tradimento.
Ha trafficato attorno alla mia mandibola con il rasoio e se adesso mi tocco il lato esterno della guancia posso sentire, al posto della mia solita lanugine visibile solo in controluce, un’ispida ricrescita di spuntoni protervi e sconosciuti.
Il barbiere ha fatto di testa sua, “in barba” alle mie indicazioni
Non avrei mai dovuto acconsentire quando mi ha chiesto se poteva fare “un lavoro completo”, anche perché quel salone è frequentato solo da arabi pettinati e rasati tutti nello stesso modo e temo che il proprietario abbia finito per assimilarmi alla clientela abituale.
Al momento, comunque, continuo a non passare inosservata, perché sono l’unica donna a frequentare quel posto e ogni volta che entro mi guardano tutti come se avessi un corno sulla fronte e un fiore per narice. Intanto io continuo a passarmi la mano sulla faccia e la sensazione è sempre quella della carta vetrata.
Sono un metamorfo, non ho una vera forma
Sto oscillando di nuovo verso un’estetica maschile, almeno secondo il canone comune. Capita ogni tanto. I capelli sempre più corti, l’idea del chest binder, i muscoli sempre più asciutti. Wolfie tende a rifiutarlo, lo so, lo capisco da tanti piccoli dettagli. Ha sempre amato i “femminoni” e quando abbiamo cominciato a vederci mi trovava identica a Catherine Zeta Jones. In realtà somiglio alla Jones come somiglio a un paracarro, ma ho sempre apprezzato il paragone, di sicuro indice di un potente innamoramento.
È comunque vero che quando ho cominciato a frequentare Wolfie vestivo da dark lady ed ero tutta un tacco, un trucco e un parrucco. Adesso sto cercando di somigliare a un crossover tra Bruce Willis e Peter Murphy e capisco che per lei sia destabilizzante. Il punto è che sono un metamorfo, che negli anni ha espresso se stesso sotto mille forme. Vorrei essere amata per tutte e nessuna, la vita è liquida e le persone cambiano costantemente. But you can’t always get what you want, come dicono gli Stones.
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Intanto, la lavatrice si è rotta. Funzionava già male e qualche giorno fa è definitivamente morta a metà del suo ultimo ciclo. Mentre mettevo a scolare nella doccia i panni ancora insaponati, ho inavvertitamente aperto l’acqua e mi sono trovata proprio nella direzione del getto, dando vita a una scena di puro slapstick. Reduce da una giornata già stressante ho cominciato a vagare per la casa urlando.
Dicono che lo stress sia un disturbo tipico del ceto borghese, ma vi garantisco che si applica benissimo anche agli indigenti. Ad ogni modo, se continua così, prima o poi esploderò.
Dalle arti marziali alla sauna: sudare per stare meglio
È anche venuta meno la mia principale valvola di sfogo e cioè le arti marziali. Non sono una campionessa, non sono neanche brava, ma in Italia andavo nei boschi a praticare Kung Fu, con un ottimo maestro e un altro paio di persone.
Iniziavamo facendo un po’ di riscaldamento e picchiando gli alberi con i guantoni, poi cominciavamo a interagire tra noi, respirando ossigeno e godendoci il bosco e il resto. A volte abbiamo anche segato o spaccato la legna. Tornavo a a casa sempre sudata e felice.
Prima ancora, avevo provato con il Taekwondo. Il corso era stato un bellissimo regalo di Natale di Wolfie, che ci aveva aggiunto anche un kimono. I maestri erano due gemelli ed io ero l’unica principiante in una classe di gente che si preparava per le gare. Non ho riportato fratture, quindi posso dirmi soddisfatta. Poi sono partita per la Germania.
Qui a Berlino mi riprometto sempre di riprendere ad allenarmi, ma non ho mai tempo. Allora ogni tanto mi chiudo in sauna e ci resto fino alla chiusura. Non la sauna al cioccolato per scambisti di cui ho sentito parlare da un amico, ma una sauna “normale”, dove la pelle si purifica, la gente si ignora e il sudore scorre con l’efficacia di un bel pianto. Per almeno un paio d’ore, dopo, ho quasi l’impressione di sentirmi meglio.
L’utopia della sauna mista in Italia
Tra l’altro, ogni volta che entro in sauna e vedo uomini e donne di ogni età condividere lo spazio, senza battere ciglio, mi rendo conto di quanto la Germania sia diversa dall’Italia Personalmente, in Germania, neanche una volta mi è capitato di subire un approccio, neanche “light”. Riuscite a immaginare una sauna mista a Roma, a Bergamo, a Palermo, a “metti un città a caso tanto è uguale”? Siate sinceri.
Conosco donne che in Italia hanno subito approcci imbarazzanti in sala pesi, perché avevano tutine troppo strette. Alcune mi hanno detto di essere state seguite nel parcheggio, dopo l’allenamento. Cosa avrebbero fatto, le persone che le hanno infastidite o seguite, qualora se le fossero trovate davanti nude?
Non voglio dire che gli uomini italiani siano per natura dei molestatori, chiariamolo. Però è palese che ci prendiamo spesso, come popolo, delle libertà che creerebbero un’atmosfera molto pesante, in una sauna mista. Parlo di forme “corteggiamento” come ammiccamenti, domande e osservazioni fuori luogo, insistenze non incoraggiate, occhi che cercano e fissano le forme. No, per carità. Abbiamo già troppi problemi con i vestiti addosso.
Poi c’è la Freikörperkultur, la cultura del nudo, che in Germania è insita nella società. Per noi, invece, il senso di imbarazzo verso la nudità è direttamente proporzionale alla morbosità che ispira. Abbiamo anche un rapporto diverso con il corpo. Nelle saune e nelle spa tedesche viene vissuto senza problemi, a ogni età. In Italia si dispensano ancora consigli su cosa sia il caso di non mostrare dopo i quaranta, i cinquanta o i sessanta. Non saremmo a nostro agio, come popolo, in un contesto in cui saltassero tutte queste riserve.
Insomma, la vita è liquida, ma ci chiede costantemente di cristallizzarci. Ci chiede di essere coerenti con qualcosa, di sembrare qualcosa, di incarnare qualcosa, di nascondere qualcosa. A Berlino è un po’ più facile essere fluidi, ma la mortalità delle maschere, Pirandello insegna, è un problema che affligge l’umanità.
Per questo sono un metamorfo. Dentro, fuori e tutto attorno. Quando pensi di aver afferrato l’essenza… scopri di aver afferrato solo la scocca.
♠ Colonna sonora: “The killing type”– Amanda Palmer ♠
Machete
Machete vive a Berlino dal 2013.
Ama anche la musica, il cinema, la letteratura e la serotonina.
A otto anni sperava che prima o poi qualcuno avrebbe inventato una pillola contro la morte. Un po’ lo spera ancora.