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TEUTONICHE SCHEGGE – Azzurro

di Miriam Franchina

L’azzurro è il colore del cielo. L’insegnante di scienze a suo tempo ha provato a spiegarmi che c’entrava qualcosa la rifrazione delle onde elettromagnetiche, ma in questi giorni non posso più crederle. Da quando sono in Germania, il cielo per me è grigio o bianco, passando per tutte le possibili sfumature del lattiginoso, plumbeo, ghisa, smorto, evanescente. Del resto, in tedesco tendono ad usare sempre e comunque “blau”, anche quando noi useremmo “azzurro”, quella parola dal suono così orientale, esotico, che evoca solo a pronunciarla qualcosa che qui porterà forse solo l’apocalisse climatica cui l’umanità lavora alacremente.

Quell’azzurro che in tedesco è blu

Sarà per questo che quando qualcuno promette la luna, in tedesco promette “il blu del cielo” (“das Blaue vom Himmel herunter versprechen”): sarei pronta a far carte false per ipotecarmi uno sprazzo d’azzurro giornaliero, ma che dico, anche solo settimanale. Oggi durante l’ennesima sortita in bici casa-lavoro, dalle lenti appannate dei miei occhiali non distinguevo la linea fra Terra e cielo, tutto un confuso bianco sporco che ho smesso da tempo di considerare poetico.
Non che la Bassa Bergamasca sia una bucolica tavolozza di lapislazzulo e smeraldo: il grigio dei capannoni piuttosto che dei fumi di varia natura si accanisce contro l’azzurro, ma quello strenuo, resiste, e alle volte grazia la vista con un limpido squarcio che arriva fino alle Prealpi.

Voglia di “fare blu”

Qui è più bucolico che lì: basta uscire da quasi qualunque città (fatto salva, forse, la zona della Ruhr) per imbattersi in boschi e campagna. Verrebbe voglia di “fare blu”, ovvero bigiare il lavoro o gli impegni (“blau machen”). Così i probi tedeschi, il cui riposo dopo il lavoro è sacro (Feierabend), ogni tanto si concedono un “lunedì blu” (“Blauer Montag”), dimentichi di scadenze e to do list. Certo in questo letargo dei sensi che mi provoca l’inverno, la voglia di scampagnate è ridotta ai minimi termini, e mi sono comprata al mercato turco una bella coperta azzurro sfavillante.
Del resto, si sa, da una coperta turchese si sa mai che una fata turchina non esaudisca i miei desideri e colori un po’ questo cielo bigio: credo sia un desiderio più a buon mercato che non quello di un aitante principe azzurro sul suo bianco destriero. Sarà un caso che qui è un “principe delle favole” (Märchenprinz), cautamente (almeno nella lingua) acromatico?

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Percepisco la stessa prudenza quando i tedeschi sono particolarmente euforici, perché non bazzicano il settimo cielo, bensì si limitano a fluttuare sopra le nuvole (“über allen Wolken schweben”), senza avvicinarsi troppo a quelle alte sfere dove risiede, guarda un po’, il Padre Celeste (tinta che qui, semplicemente, meccanicamente è “himmelblau”).
azzurro nuvole cielo

C’è chi se ne esce con gli occhi azzurri

Insomma l’azzurro è merce rara da queste parti, per cui nessuna sorpresa se la meraviglia si tinge di blu: “sein blaues Wunder erleben”. Più azzurri sono, mi pare, giusto gli occhi degli abitanti, sia come frequenza, sia come intensità, che rimangono tuttavia semplicemente “blau”. Sarà per questo che quando la filano liscia, i tedeschi se ne “escono con gli occhi azzurri”(“mit einem blauen Auge davonkommen”)?

Cosa che, calcisticamente, non gli riesce molto proprio contro gli “azzurri”: di noi, lo ammettano seppur a malincuore, hanno una fifa blu. Magra consolazione, ma me la faccio bastare mentre scruto verso l’alto in cerca di quelle particelle rifratte in cui non ho più fede.

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4 Commenti

  1. Mi piaceva tanto leggerti fino a quell’uso sconsiderato di piuttosto che. Sembri una ragazza molto intelligente e acculturata, non macchiarti di tali crimini linguistici.
    Scherzosamente
    Giovanni

    1. per tenerla sul cromatico-bucolico, alle volte ho la testa a viole, piuttosto che essere crimonosamente sconsiderata

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