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Berlino, fondi cultura solo a chi si dichiara contro l’antisemitismo: clausola ritirata per polemiche

Dopo le critiche provenienti dal mondo artistico, il Senato di Berlino ha fatto dietrofront sulla “clausola anti-discriminazione” che subordinava il finanziamento di progetti e istituzioni culturali alla sottoscrizione di una dichiarazione esplicita contro l’antisemitismo.

Fondi cultura, ritirata clausola anti-discriminazione: contestata la definizione di antisemitismo

La clausola, presentata il 21 dicembre dal senatore alla cultura di Berlino Joe Chialo, chiedeva ai beneficiari dei finanziamenti di esprimere il proprio impegno a sostegno di una “società multiforme” e di dichiararsi contro “qualsiasi forma di antisemitismo“, secondo la definizione fornita dall’Alleanza Internazionale per la Memoria dell’Olocausto (IHRA).

La scelta di Chialo ha ricevuto aspre critiche e quasi 6.000 artisti e altri operatori del settore hanno firmato una lettera aperta “per la difesa della libertà artistica e di espressione”.

Nella missiva, si contestava in particolare l’adozione da parte del Senato della definizione di antisemitismo fornita dall’IHRA, definita controversa e oggetto di dibattito perché, in una lista di esempi di manifestazioni antisemite, include anche un riferimento allo Stato di Israele. In particolare, in base a questa definizione, vengono considerate antisemite manifestazioni che “possono avere come obiettivo lo Stato di Israele, perché concepito come una collettività ebraica“, anche se viene precisato anche che “le critiche verso Israele simili a quelle rivolte a qualsiasi altro Paese non possono essere considerate antisemite“.

Ulteriori critiche alla clausola

Nella lettera di protesta, tuttavia, gli artisti e gli operatori culturali berlinesi paventavano il rischio che la clausola, “agganciata” a questa definizione liberamente interpretabile, potesse servire unicamente a creare una “base amministrativa per impedire o annullare eventi con operatori culturali critici nei confronti di Israele” e per colpire in particolare gli artisti palestinesi, molti dei quali già riferirebbero di “sentirsi sospettati a causa di attribuzioni etniche o religiose”.

“Ciò riguarda anche gli operatori culturali ebrei che, in Germania, esprimono solidarietà con la Palestina, favorendo il dialogo e soluzioni pacifiche, e si trovano accusati di antisemitismo da parte di tedeschi non ebrei” si legge nella dichiarazione congiunta, che giudicava la situazione scritto “vergognosa e assurda”. I firmatari lamentavano inoltre il fatto che la misura fosse stata adottata senza dibattito e senza consultare nessuno, ne criticavano la natura antidemocratica e contestavano il fatto che introducesse di fatto una sorta di “gerarchia delle discriminazioni“, invece di contrastarle tutte, senza distinzioni.

La marcia indietro di Chialo. La tensione resta alta

Lunedì il senatore Chialo ha annunciato il ritiro della clausola, per il momento, precisando di aver preso sul serio i rilievi legali e le critiche ricevute. Ha tuttavia aggiunto che continuerà a lottare per una scena culturale berlinese libera dalle discriminazioni e che nei prossimi mesi il senato intende dialogare con gli operatori e le istituzioni culturali per giungere a una decisione condivisa.

La tensione legata al tema, in Germania, resta altissima e negli ultimi mesi si sono verificati diversi episodi, di cui abbiamo parlato anche noi. Ricordiamo ad esempio le accuse di censura mosse dal centro culturale Oyoun contro il senato di Berlino, oppure l’annullamento della Biennale di fotografia contemporanea, che si sarebbe dovuta tenere a Mannheim, Ludwigshafen e Heidelberg a marzo 2024, dopo la pubblicazione sui social da parte di uno dei curatori, di contenuti che le autorità cittadine hanno definito interpretabili in senso antisemita.

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