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Siamo stati al Berlin Atonal 2015

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© Camille Blake

di Daria Tombolelli

Pochi luoghi come la Heizkraftwerk in Koepnicker strasse sarebbero più indicati per accogliere il Berlin Atonal e questa è sicuramente l’impressione persistente che rimane del festival. I soffitti altissimi, gli spazi enormi, recuperati da una ex centrale elettrica, la semioscurità e una sensazione unica di smarrimento e meraviglia, accolgono chi fa il primo passo in questo imponente edificio.
Le esibizioni e le installazioni hanno luogo su diversi piani.


Il piano superiore è quello adibito a palco per le esibizioni principali che si svolgono dalle 20 all’1, anche se con qualche ritardo, a volte anche consistente, sulla scaletta. I suoni delle performance studiate ad hoc per adattarsi agli spazi offerti, sbattono incessantemente sulle pareti di cemento, mentre il pubblico, seduto o in piedi, si fa avvolgere e trasportare in un’altra dimensione. Gli act sono sicuramente tutti degni di nota. Si comincia con l’esibizione del Chor der Kulturen der Welt e il loro approccio interattivo alla tradizione corale per adattarla all’architettura del luogo. E così il pubblico può muoversi riempiendo lo spazio e sperimentando da diverse angolazioni la potenza e il riverbero delle voci del coro. Si prosegue poi con The Mother Mallard Ensemble e la collaborazione tra il tedesco Max Loderbauer e il polacco Jacek Sienkewicz. Si chiude con la prima delle due esibizioni dell’italiano Alessandro Cortini, membro dei NIN, qui in collaborazione con Lawrence English. I due chiedono al pubblico di sedersi o sdraiarsi per godere al meglio la performance, e poi lo prendono per mano e trascinano in un sogno ad occhi aperti, rimboccandogli le coperte con suoni densi e potenti.

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© Camille Blake

La programmazione del festival prosegue con le esibizioni di SUMS, ovvero Kangding Ray e Barry Burns dei Mogwai, Paul Jebansam e le proiezioni curate da Tarik Barri. Il sabato, oltre alla splendida esibizione degli Outside The Dream Syndicate e l’anteprima mondiale dell’esibizione Powerplant di Shackleton, studiata appositamente, come ricorda anche il titolo, per sfruttare al meglio gli spazi proposti, torna sul palco Alessandro Cortini, questa volta presentando il suo progetto solista, Sonno. Il tutto poi si chiude il 23 agosto con Samuel Kerridge, Ben Frost e l’oscura e potente esibizione di Lustmord, accompagnato da una parte visiva davvero interessante e azzeccata. Ultimi ad esibirsi gli storici Clock DVA, un po’ fuori luogo nel contesto generale del festival e che si confrontano con un pubblico ormai spento.

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© Camille Blake

Al piano terra invece lo stage Null, sul quale si alternano Live A/V di tutto rispetto, tra cui lo showcase curato dalla Northern Electronics, Lakker, ovvero Ian McDonnel (Eomac) e Dara Smith, e Polar Inertia. Il tutto contemporaneamente agli aftershow che invece hanno luogo in Tresor, Ohm e Globus, presenti nello stesso complesso.

Ma la kraftwerk riserva anche altre sorprese, nelle quali ci si imbatte raccogliendo l’invito ad esplorare gli angoli più nascosti e bui. E così ecco che nel piano seminterrato troviamo le installazioni di Pierre Bastien e Laytbeuis, con oggetti in movimento che producono suoni e rumori meccanici e tubi fluorescenti che rispondono agli impulsi autoprodotti, al piano terra quelle di Joanie Lemercier, Pedro Maia e Transforma. In uno spazio sulle scale che portano al piano superiore, nascosta da una pesante tenda,  troviamo l’installazione di Rainer Kohlberger. Qui, come in una camera di decompressione, sullo schermo panoramico orizzontale che ricopre un’intera parete, vengono trasmesse in loop una serie di tre proiezioni fatte di sovrapposizioni, phasing, rumori e suoni, combinati per stimolare il campo percettivo dello spettatore.

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© Camille Blake

Insomma, si esce fuori, all’aria aperta di fine agosto, la domenica notte, con la sensazione di aver partecipato ad un festival sicuramente valido dal punto di vista della programmazione musicale ma anche e soprattutto grandioso nello sfruttamento impeccabile degli spazi. Ora non ci resta che aspettare le prime notizie per l’edizione 2016, continuando ad apprezzare tutti gli altri club che la città ha da offrire, i quali durante l’inverno fanno il lavoro sporco per mantenere in fervore la scena musicale alternativa berlinese, facendo sì che Berlino sia il posto più indicato dove apprezzare festival di altissima qualità come questo.

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© Camille Blake

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