Report PorYes: Le anarchiche creature del porno alternativo
di Lucia Conti
W la vulva!
Questo slogan è stato ripetuto più volte nel corso dell’edizione 2015 del “PorYes award”, cerimonia di consegna dell’oyster-trophy, assegnato a chi si distingua nel circuito porno promuovendo i valori del sex positive movement. Sesso sicuro, rispetto per il corpo, per le emozioni e per le donne sono solo alcuni dei parametri considerati importanti dalla giuria che ha selezionato i candidati.
La star della serata è stata indubbiamente Buck Angel, pornoattore transessuale diventato famoso con l’esplicito nome di battaglia “the man with a pussy”. La sua ascesa professionale è stata meno facile di quanto avesse previsto. “Credevo che il porno sarebbe impazzito per me” ha spiegato alla platea “dopotutto ero qualcosa di unico… ma non potevo sbagliarmi di più!”.
Raccontando i suoi esordi ha quindi precisato che persino il mondo della pornografia considerava il suo aspetto disturbante e per questo gli toccò fondare la Buck Angel Entertainment per poter lavorare. Amare il proprio corpo, qualunque aspetto abbia, e vivere il sesso per essere felici, prima ancora che per eccitare gli altri, è il punto focale della sua vita e delle sue produzioni. “Paradossalmente solo da uomo sono riuscito a godere davvero della mia vagina” ama ribadire “e solo allora ho capito che i genitali non determinano l’identità sessuale, che risiede invece nella percezione che abbiamo di noi stessi”.
Ha aggiunto di aver desiderato a lungo un pene, ma di essersi alla fine reso conto di quanto sia sopravvalutato, almeno dal punto di vista della definizione della virilità. Ed effettivamente, di fronte alle sue scene di sesso, non si ha affatto l’impressione di guardare una donna, mai. Nel frattempo quello che la società e la pornografia mainstream gli hanno fatto percepire come un’anomalia è diventato strumento di affermazione e la stessa ragione per cui il mondo ha cercato di farlo vergognare è usata per imbarazzare il mondo.
Buck Angel è insomma un ironico provocatore, sul set e nella vita. Modella bellissima e tormentata quando era ancora fisicamente una donna, oggi è un sex symbol risolto e letteralmente assediato da supporter che lo vedono come un riferimento educativo, lo braccano per farsi firmare poster e flyer e si propongo sessualmente appena possono, cosa accaduta persino alla Humboldt Universität. Nella sede della prestigiosa università, la più antica delle quattro presenti a Berlino, Buck Angel ha tenuto un pubblico dibattito insieme a Jiz Lee, altra pornostar premiata con l’oyster-trophy.
Jiz Lee è estremamente affascinante. Biologicamente donna si definisce però genderqueer e vuole che si parli della sua persona usando il pronome “loro”. Nota anche per la capacità di prodursi in quella pirotecnica forma di eiaculazione femminile comunemente definita “squirt”, ha precisato più volte di sentirsi di gran lunga più a suo agio facendo sesso che parlando in pubblico. Alla domanda “cosa ne pensi delle donne nel porno?” ha risposto sorridendo “sì, per favore! Ne vorrei di più!”.
Come tutti gli altri premiati promuove l’idea di un porno etico basato in primis sul sesso sicuro, garantito da profilattici e dighe dentali, ma anche da controlli medici regolari. Durante il dibattito alla Humboldt Universität e insieme a Buck Angel, ha accusato l’industria porno tradizionale di spingere soprattutto le attrici verso il sesso non protetto, esponendole senza scrupoli al rischio dell’aids. In appositi spot proiettati nel corso dell’intera rassegna l’invito a una corretta profilassi è stato quindi ribadito con lo slogan “Own it, use it or lose it”, motto di questa campagna. Un approccio non disgiunto da un dichiarato fine educativo, perfetto per un evento come il “PorYes”.
Durante l’assegnazione dei premi è stato reso omaggio a Candida Royalle, produttrice, regista e attrice porno femminista morta appena pochi mesi fa. In particolare è stato presentato il film “Afrodite Superstar”, prodotto e diretto dalla Royalle insieme a Venus Hottentot, nome d’arte che Abiola Abrams ha scelto per onorare la memoria della povera Saartije “Sarah” Baartman, schiava sudafricana che agli inizi del novecento fu esibita nei freak show di tutta Europa per le caratteristiche insolite dei suoi genitali. Abrams e Royalle hanno cercato di ribaltare la dinamica umiliante di questa triste vicenda anche a nome della povera Baartman, ribadendo la necessità per le donne di affermarsi nella vita e nel sesso come soggetti finalmente liberi.
Altri temi affrontati dalle registe presenti sono stati il sadomasochismo, il feticismo, il realismo (gli attori non fingono orgasmi e in generale non “simulano”), un rifiuto dell’eiaculazione maschile – che francamente a volte rasenta la fobia – e la promozione di un erotismo svincolato da riferimenti estetici e ruoli stereotipati.
Ecco quindi che, nel film di Goodyn Green, una donna vistosamente incinta usa uno strap-on su una collega, in una scena lesbica girata da Jennifer Lyon Bell una delle due ragazze è una disabile sulla sedia a rotelle e in un film di Buck Angel un ftm fa sesso con un altro ftm che ha però conservato il seno.
Il senso finale del messaggio è che il porno dovrebbe riflettere ogni realtà e ispirarsi a una felice anarchia del sesso e dei sentimenti, diventando specchio di una società più libera, giusta e vera.