A Berlino nasce il “passamontagna di pixel”
di Valerio Bassan
(articolo pubblicato originariamente su Linkiesta.it)
Un passamontagna composto di pixel, utilissimo per confondere le telecamere di sorveglianza che sempre più frequentemente muovono il loro “occhio elettronico” nelle vie delle nostre città. Non c’è tuttavia un fine criminale dietro “Pixelhead”, l’opera dell’artista berlinese Martin Backes, quanto piuttosto un desiderio di denunciare l’eccessivo controllo che società e istituzioni, secondo lui, metterebbero in atto nei confronti dei cittadini.
Una provocazione di stoffa, che Backes realizzerà in edizione limitata: sono previsti, infatti, soltanto 333 esemplari, tutti cuciti a mano. L’artista ha speso l’ultimo anno lavorando al progetto grafico di “Pixelhead”, che è basato su una fotografia del Ministro dell’Interno tedesco Hans-Peter Friedrich, l’uomo – spiega Backes – responsabile del «controllo eccessivo» in vigore negli ultimi anni in Germania.
Ma il messaggio di Pixelhead non si ferma solo alla video-sorveglianza: uno dei punti focali del lavoro di Backes riguarda anche il rapporto troppo «libertino» delle persone con internet. Al quotidiano tedesco The Local, l’artista ha affermato di aver creato «una maschera mediatica per l’era di internet», una soluzione per le persone «stanche di mostrarsi nelle fotografie di Facebook, o preoccupate di poter apparire nelle immagini di Streetview».
Per Backes, l’obiettivo è quello di mettere in guardia le persone: «É sempre più difficile mantenere l’anonimato, la sorveglianza sta aumentando e, nonostante sia piacevole utilizzare internet o telefonare da uno smartphone, la gente deve essere informata sui risvolti pericolosi dei propri comportamenti online. Pixelhead, tuttavia, non vuole essere uno strumento educativo, quanto piuttosto un “manifesto” sulla privacy».
Un tema particolarmente sentito in Germania, dove la più grande società nazionale di credito, la Schufa, ha iniziato ad analizzare l’attendibilità finanziaria dei propri clienti, soprattutto quelli potenziali, attraverso un’attività di monitoraggio delle loro attività su Facebook, Twitter e LinkedIn. Il progetto SCHUFALab@HPI, annunciato in pompa magna lo scorso giugno, non è però appoggiato in alcun modo dal governo tedesco, che anzi ne ha contestato impostazione e modalità.
A Berlino, tuttavia, l’opera dell’artista originario della Baviera ha scatenato un notevole interesse mediatico, soprattutto sui blog di settore, scatenando un interessante dibattito. Molti si trovano comunque d’accordo nel definire il passamontagna “inquietante”. Risponde così Backes: «Io non credo sia inquietante. La cosa davvero inquietante, forse, è in ciò che rappresenta: il “regno” di Facebook, Twitter e Google, e come questo stia cambiando la nostra idea di privacy».