Fuori città

Pitzente Bianco: Quirra e l’altra faccia della medaglia

di Raffaella Enis

Per i tedeschi la Sardegna è l’isola del sole, una delle destinazioni turistiche più amate e ambite. Il mare, le coste, e i suoi colori costituiscono un paesaggio idilliaco che fa ormai parte dell’immaginario collettivo tedesco da tempi immemorabili. Ci sono però anche altri aspetti di cui non si parla, più oscuri. Il documentario „Sardiniens tödliches Geheimnis“ (Il segreto mortale della Sardegna) mandato in onda il 26 agosto dalla ZDF, il secondo canale televisivo nazionale tedesco, ha svelato uno di questi aspetti sconvolgendo la comunità tedesca. Si parla di una questione poco conosciuta a livello internazionale, finora perlopiù taciuta, che riguarda il parco esercitazioni militari più grande d’Europa: il Poligono Sperimentale del Salto di Quirra, e l’inquinamento ambientale prodotto da metalli pesanti e altre sostanze tossiche, causa di malattie tipiche delle zone in guerra.

L’idea di girare questo documentario non nasce durante una gita in Sardegna, come potrebbe sembrare nel video, ma da un lavoro che Pitzente Bianco, presidente sardo dell’Imbassiada Culturale de sa Sardinnia (ICS) con sede a Berlino, svolge da più di sette anni. L’intento di Pitzente non è mai stato quello di creare allarmismi, o quello di dissuadere i tedeschi dalla loro idea di Sardegna, ma di stimolare l’attenzione della comunità internazionale sull’inquinamento e sulla Sindrome di Quirra che da anni ormai affligge la popolazione dell’area di Quirra. Come già aveva fatto il 7 Marzo a Bruxelles parlando davanti ai membri del Parlamento Europeo di questa situazione.

Ciò che purtoppo nel documentario non è emerso è l’altra faccia della medaglia, ovvero il lavoro di tante persone che da vent’anni urlano per questa causa. «Pensavo di proporre un’immagine più completa della situazione. Sono contento che il documentario sia stato realizzato perché finalmente se ne parla e anche del peso che è stato dato alla gravità del fatto. Sono molto felice che si sappia un po’ di più, ma non sono contento della forma, di come sono presentato io e le altre persone che stanno lavorando per migliorare la situazione. Io ho messo in moto i miei contatti che sono frutto di un lavoro che dura da più di sette anni, avrei voluto dare un’informazione più equa con gli aspetti sia positivi che negativi», con queste parole Pitzente prende posizione, prendendo le distanze da un tipo di comunicazione emozionale che al fine di creare lo scoop e fare scandalo ha deliberatamente tagliato alcune parti del documentario che mostrano come l’area di Quirra non sia completamente abbandonata a se stessa.

Si tratta delle parti in cui venivano messe in rilievo molte delle personalità che stanno lavorando per poter trovare delle soluzioni concrete: «La cosa che totalmente manca è l’assemblea del 21 gennaio 2012 a Villaputzu con molti esponenti di movimenti ambientalisti e indipendentisti e altri movimenti politici. Il dirigente medico Antonio Onnis, il senatore Gian Piero Scanu, l’attuale sindaco di Villaputzu Fernando Codonesu, e altri esperti della Commissione Tecnica Mista che hanno evidenziato delle aree per le quali sono stati fatti dei piani di bonifica».

Sono stati studiati dei metodi di riconversione ed esistono delle aree che si possono salvare. Ci sono persone che da anni urlano e lavorano per questa causa come Mariella Cao, coordinatrice del comitato “Gettiamo le Basi”: «Da quando ho iniziato ad occuparmi della questione Quirra – continua Pitzente – Mariella Cao è sempre stata il mio punto di riferimento, per questo mi dispiace che anche la parte relativa al suo intervento sia stata tagliata nel documentario della ZDF”.
Come Mariella Cao, anche altre personalità che si battono attivamente per questa causa non sono state nominate, mentre di altre è stata fraintesa la funzione, come ad esempio: «Nel documentario il commissario guardia forestale Giuseppe Carboni è descritto come uno che lavora nel bosco. E’ quello che nel video mi indica due zone, la zona della discarica e quella dell’esplosione, che sono recintate perché non cresce più niente. Anche lui aveva detto cose in più che non compaiono, come il fatto che si stia lavorando seriamente su una possibilità di sanificare questo posto».

Il documentario della ZDF ha senza dubbio il merito di aver fatto conoscere anche all’estero i problemi legati alle attività militari nell’area di Quirra. Ciò che Pitzente però critica è l’incanalizzazione che è stata fatta delle informazioni, volta sì a scuotere le persone, ma tralasciando gli sforzi fatti per un miglioramento. Inoltre spiega come lui stesso sia stato messo da parte durante la fase di preparazione del documentario: «Non ho visto la documentazione né in fase di montaggio, né prima che uscisse, questa è una regola in Germania. Io ho creato i contatti, ho fatto le traduzioni, l’ho fatto con molto amore, ma non sono contento di come vengo presentato. La ZDF voleva il boom, lo scandalo, era molto romanzato, io non sono un eroe, sono un sardo cosciente e preoccupato. Sembra quasi che mi sia svegliato un giorno e sia andato in Sardegna. Io non ho scoperto niente, siamo vent’anni che gridiamo, se ho un piccolo merito è quello di aver portato il tema in Germania».

Il documentario è infatti frutto della collaborazione tra tante persone, tra le quali Pitzente cita anche: «La scienziata Antonietta Gatti, la quale è stata recentemente insignita del titolo di Fellow dell’International Union of Societies for Biomaterials Science and Engineering per il suo contributo al progresso della scienza, ma che quando parla delle possibilità di rincoversione del territorio nessuno la ascolta. Il procuratore Domenico Fiordalisi che sta svolgendo le indagini, il fisico nucleare Evandro Lodi Rizzini che lavora al Cern, il consigliere regionale Claudia Zuncheddu. Se ho raggiunto questo obiettivo è grazie al lavoro che ho fatto per sette anni, con il quale mi sono guadagnato la collaborazione di queste persone».

Durante le registrazioni per il documentario Pitzente è stato diverse volte in Sardegna, incontrando le persone che vivono in quelle aree, tra i quali anche molti suoi amici: «La zona del Salto di Quirra è una zona spudoratamente perfetta per le esercitazioni in mare, terra e aria. Sono stato a casa di un mio amico, dove finisce la sua casa, inizia il territorio del poligono con un cannone puntato verso la sua terra, certo non è in uso, però non ti trasmette una bella sensazione». La posizione di Pitzente è quella di chi ha a cuore la questione e che con l’aiuto di tante persone ha il solo intento di rendersi portavoce del problema frutto anche di tanti anni di malgoverno, su cui non si può più tacere: «Mi dispiace che la storia sia quello che è. Tutti i problemi sono il risultato di una gestione politica e sociale scellerata e disgraziata che non si è mai interessata a noi, ma solo al profitto a breve termine. Bisognerebbe lamentarsi della mancanza di una forza politica che faccia gli interessi dei sardi e della Sardegna. Il fatto che si sappia di questa cosa lo dobbiamo solo a Fiordalisi».

Sull’inquinamento nella zona del Salto di Quirra sono in corso delle indagini, avviate dal procuratore di Lanusei. La prima fase va dal disastro ambientale all’omissione d’atti d’ufficio: «Ci sono 20 persone indagate da Fiordalisi tra i quali i chimici della SGS che facevano le prove con missili e razzi, gli stessi che andavano poi a constatare l’impatto sull’ambiente. Poi anche ex generali che sono stati imputati di omissione d’atti d’ufficio. Questa fase si è conclusa col rinvio a giudizio degli indagati. La seconda fase delle indagini è stata aperta per omicidio colposo plurimo. Fiordalisi dice che occorre agire in buona fede e per il bene collettivo, ed è quello che in un certo modo, ad un altro livello, cerco di fare anche io».

L’obiettivo di Pitzente è quello di far conoscere questo problema alla comunità internazionale, in quanto solo dall’esterno è possibile guardare a Quirra con altri occhi provocando una pressione più forte: «La pressione internazionale è molto importante, a me qua nessuno mi ha chiuso le porte in faccia, in Sardegna con i miei amici e fratelli non ci permettevano neanche di parlare dei problemi, ma dall’esterno siamo come gli specchi di Archimede che a chilometri di distanza fendevano le vele dei nemici. In seguito al documentario della ZDF due istituti internazionali hanno fatto un comunicato stampa per dargli risonanza: IALANA, l’associazione degli avvocati contro le armi nucleari, e ICBUW l’associazione contro le armi a uranio. Adesso mi arrivano e-mail dall’Australia, dall’America, di questo sono contento, questo significa che siamo riusciti a muovere qualcosa. Questo obiettivo è stato raggiunto anche grazie alla comunità sarda qua a Berlino, al Sardisches Kulturzentrum Berlin e.V. che mi ha sempre sostenuto, al quotidiano tedesco TAZ, e in particolare Gaby Sohl, Marie-Claude Bianco e Ambros Waibel».

L’altra faccia della medaglia sono tutte quelle persone che, come Pitzente Bianco, dopo aver preso coscienza della gravità del disastro ambientale, non nascondono la testa sotto la sabbia, ma cercano soluzioni. Anche solo iniziare a parlare del problema è un modo per avvicinarsi alla soluzione. E finalmente se ne parla. Se ne parla a Berlino, come se ne parla a Bruxelles, ed è così che deve continuare. Bisogna insistere nel parlarne, in Sardegna come all’estero, dando risonanza alla voce di chi è stato zitto troppo a lungo.

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One Comment

  1. Come tutte le notizie sul poligono parlano di tutto e di niente. Dove sono i fatti? io leggo solo presunte conseguenze. Dove sono i dati oggettivi? c’è gente che si lamenta ok e quindi? quale é questo impatto ambientale che ho letto 5 volte sull’ articolo? chi sono i morti accertati e quali raccolti e bestiame sono stati distrutti??? mancano questi dati perché non ci sono. E forse bisognerebbe chiedersi dove sono questi dati. Bene molti li ha già fiordalisi che ancora non ha potuto chiudere il poligono dato che dalla sua indagine ha solo un niente. L’università di cagliari e la asl di lanusei hanno già fatto i loro controlli senza trovare quello che si credeva. Solo un terreno da bonificare con qualche metallo pesante. Niente che può avvicinarsi neanche anni luce da ilva, carbon sulcis o saras. Smettiamola di farci le solite domande e chiediamoci piuttosto perché tutto questo accanimento per un qualcosa che inquina molto meno di altre realtà tutt’oggi attive. Perché ce lo siamo chiesti noi. C’è un grosso interesse di qualche grosso palazzinaro. Perché? perché parliamo di 50 km di costa. La più bella del mondo e INCONTAMINATA. si é proprio così. Evitiamo giornalismo da quattro soldi e leggiamo con più criterio. Baci

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