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La rivoluzione è donna: Nora Amin e il ricordo di piazza Tahrir

Nora's doors

Quando Nora Amin ha letto alcuni passi del suo libro Migrating the Feminin, al Taz Cafè di Berlino, sembrava sempre che la sua voce stesse per spezzarsi, ma non si è mai spezzata. Non deve essere stato facile parlare di quello che è successo dopo i “primi 18 giorni di Piazza Tahrir”.

Il 25 gennaio 2011 tra i 15 e i 25.000 manifestanti si riunirono in Piazza Tahrir, cuore pulsante del Cairo e luogo rappresentativo dell’intero Egitto, per protestare contro il regime del presidente egiziano Hosni Mubarak. I manifestanti si moltiplicarono di giorno in giorno in modo esponenziale e oltrepassarono il milione in poco più di una settimana. L’11 febbraio le dimissioni di Mubarak sancirono la fine di un regime durato quasi trent’anni. Diciotto giorni dopo la prima manifestazione, si sciolse il Parlamento e la Costituzione venne sospesa fino a nuove elezioni. Per un po’ sembrò che per l’Egitto si stesse aprendo un cammino di libertà. Piazza Tahrir (Piazza della Liberazione) si riempì di uomini e donne che chiedevano la fine del regime e diventò il luogo dove perdere la paura e riscrivere la Storia. Erano i giorni di quella che sarebbe stata chiamata La Primavera Araba .

Finché, nel novembre del 2012, Piazza Tahrir divenne la piazza degli stupri di massa. Divenne un luogo dove il corpo della donna fu reso oggetto di sopruso, dove l’essere donna creò un conflitto perenne fra paura della violenza, bisogno di protezione e urgenza di libertà. Da simbolo del cambiamento, Tahrir divenne il luogo in cui si scatenò la violenta reazione alla volontà di democrazia e dove la violazione del corpo delle donne divenne lo strumento per cambiare il significato della piazza, solo poco tempo prima emblema della rivoluzione.

Nora Amin è scrittrice e coreografa egiziana. É tra i membri fondatori della Compagnia di Danza Moderna della Opera House del Cairo e fondatrice del Progetto Nazionale Egiziano del Teatro degli Oppressi e fra molte altre cose ancora, è una danzatrice e una performer.
Il suo lavoro artistico si incentra sul differente significato che il corpo delle donne assume nello spazio pubblico o nello spazio privato.

A cinque anni di distanza dalla rivoluzione araba, Nora Amin ricorda Piazza Tahrir come tante piazze: quella della liberazione e della solidarietà, della successiva, violenta repressione, ma anche del miracolo che celebrava, sopra ogni cosa, la dignità umana e quella delle donne accorse in massa a occupare il simbolo del cambiamento.

Migrating the feminin

La storia dell’Egitto e di molti paesi arabi e musulmani, Iraq, Siria, Turchia, per fare un esempio, testimonia che questo contraccolpo al cambiamento non è nuovo. In Egitto è un processo iniziato nel 1970, quando la morte di Gamal Abd el-Nasser, l’allora presidente, mise fine al sogno della Repubblica Araba Unita. Un sogno per i Paesi arabi, un incubo per quelli occidentali, che si trovarono di fronte all’eventualità di dover fronteggiare, in piena Guerra Fredda, l’unificazione economica e politica dei Paesi produttori di petrolio e di quelli confinanti.

Il sogno infranto e la politica di destabilizzazione sistematica dell’occidente nei confronti dei Paesi arabi, fecero nascere in questi ultimi un forte desiderio di rivalsa identitaria. In questo scenario si generò una forma di opposizione in cui la religione, vissuta come resistenza a un potenziale secolarismo, sembrò rappresentare l’unica forma di autentica definizione culturale. La donna e la volontà di nascondere il suo corpo divennero uno dei simboli di affermazione dell’identità dell’Islam.  Scrive Nora Amin: “Nel momento in cui essere nella sfera pubblica diventa una situazione di confronto e opposizione, il corpo estraneo, quello che non si conforma, non ha vie d’uscita se non quelle della posizione di inferiorità”.

Occupare Piazza Tahrir in quanto donna divenne quindi un gesto politico denso di significati: di ridefinizione della propria identità egiziana, di riappropriazione del territorio, di trasgressione verso limiti imposti dalla società e dalla cultura in Egitto verso la femminilità. La presenza femminile nello spazio pubblico divenne quindi elemento di disturbo dell’ordine maschile e sfidò il paradigma del potere.

Nel suo teatro Nora Amin esprime tutto questo. Il “Theatre for Change” (Teatro per il Cambiamento), è il mezzo artistico con cui lei interviene nel processo di guarigione dei sopravvissuti ai traumi della rivoluzione egiziana, in una presa di coscienza che non riproduca gli schemi culturali della repressione. Nei due anni successivi alla rivoluzione, Nora Amin ha viaggiato in tutto l’Egitto, portando il teatro all’interno di spazi pubblici e chiamando in scena gli spettatori per reinterpretare il trauma vissuto. Al centro di tutto, il corpo, il suo e quello degli uomini e delle donne disposti a partecipare all’azione teatrale. Intorno a loro lo spazio aperto, per accogliere il loro desiderio di libertà.

“Migrating the Feminin” parla di tutto questo, parla di Piazza Tahrir e del suo corpo di donna, offre una lettura inedita del luogo e una panoramica su cosa significhi davvero essere donna, non solo egiziana.

Potete ascoltare qui un’intervista del giornalista dello Spiegel Georg Diez a Nora Amin. L’intervista è in lingua inglese.

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