La propaganda scientifica nella Germania Est

(Pubblichiamo a puntate – qui trovate la prima – questo interessantissimo saggio inedito di Antonio Pilello sulla Ostalgie. Laureato in Astronomia presso l’Università degli Studi di Padova, Pilello ha collaborato con l’agenzia spaziale tedesca a Berlino e l’Università di Göttingen. Il suo blog è antoniopilello.wordpress.com)

di Antonio Pilello

Chi soffre di Ostalgie ha forse dimenticato la dittatura? Non c’era nessuna libertà di scelta, il controllo dello stato sulle “vite degli altri” era capillare, come descritto dal film del 2006 Das Leben der Anderen diretto da Florian Henckel von Donnersmarck, ed era impossibile andarsene, abbandonando il blocco sovietico. Come è possibile che ci siano ancora persone che rimpiangono il muro di Berlino e il socialismo reale? La perdita di prestigio e le difficoltà affrontate da questi soggetti non possono, da sole, spiegare il fenomeno. Ci deve essere qualcosa di più grande, radicato nella memoria collettiva delle persone, che porta addirittura al rimpianto di uno stile di vita rivelatosi poco competitivo e perdente rispetto al capitalismo.

Una risposta ci viene fornita dallo studio dei discorsi, dei manifesti e delle immagini di quegli anni. La propaganda può, in effetti, aver influenzato a tal punto la memoria delle persone, tanto da far passare in secondo piano aspetti fondamentali come la privazione della libertà di pensiero e di circolazione. Emerge, come vedremo, un quadro in cui la scienza, considerata una vera e propria forza di produzione dalla nomenklatura del partito, ha avuto un ruolo determinante nell’imporre in modo duraturo questa fuorviante visione di benessere che molti continuano ad associare erroneamente a quel periodo. Si scopre che lo sviluppo della scienza e della tecnologia nella DDR è stato funzionale all’aumento delle forze produttive e ha permesso di fornire le risorse necessarie per il socialismo, dandone nel contempo un’immagine, spesso non veritiera, di prosperità e fiducia nel futuro.

Un primo esempio è costituito dalle famose parole di Walter Ulbricht, presidente della DDR dal 1960 al 1973: “Chemie bringt Brot, Wohlstand und Schönheit” (“La chimica porta pane, benessere e bellezza”). La fiducia nel progresso scientifico è evidente, ma qui se ne fa un uso strumentale per far credere alla popolazione che la ricerca nella DDR garantirà ai propri cittadini un avvenire sano e sicuro.

Erich Honecker, alla guida del Partito Socialista Unificato di Germania (SED, Sozialistische Einheitspartei Deutschlands) dal 1971 al 1989, spostò l’interesse non solo verso le nuove tecnologie chiave come computers, laser e biotecnologia, ma anche verso la produzione di beni di consumo. Egli sottolineò a più riprese l’importanza di acquisire credibilità internazionale nella scienza e nella tecnica. La scelta di investire molti miliardi di marchi nel settore informatico, arrivando quasi a superare le competenze dell’Ovest, contribuì, tra l’altro, all’inizio del declino dell’economia socialista. Uno degli slogan più utilizzati ricorda che «Mit wissenschaftlich-technischen Spitzenleistungen zu hoher Arbeitsproduktivität und Effektivität» («Con i primati scientifici e tecnici si ottiene una più alta produttività del lavoro ed efficacia»). La tecnoscienza è in grado di produrre velocemente i prodotti di qualità necessari alle esigenze della popolazione.

In accordo con quanto affermato da Eckart Försch, possiamo evidenziare tre aspetti fondamentali nell’uso propagandistico della ricerca scientifica nella Germania orientale:

• Lo sviluppo e l’istituzionalizzazione delle politiche per governare la scienza e la tecnologia, con l’obiettivo di integrare entrambe nel sistema comunista.

• La creazione di una politica della ricerca in grado di determinare le priorità, le strategie e l’uso delle risorse, stabilendo anche come produrre e usare i dati scientifici.

• La visione della scienza e della tecnologia come strumenti di modernizzazione della società, anche se la forte ideologia vincolante, l’imposizione dall’alto e il controllo politico su molti settori ne limitarono in modo sensibile l’efficacia.

Kristie Makrakis, nel volume Science under Socialism: East Germany in comparative perspective, ci ricorda il ruolo determinante del Ministero per la Sicurezza di Stato (Stasi, abbreviazione popolare di Ministerium für Staatssicherheit). La principale organizzazione di intelligence della Germania Est controllò, guidò e supportò la scienza e l’economia per mezzo di una costante ed efficiente attività di spionaggio industriale che permise di trafugare numerose conoscenze dall’Ovest all’Est. Forse troppe, visto che la DDR, a causa della propria arretratezza economica, fu spesso incapace di assorbire in modo completo le tecniche e gli equipaggiamenti del versante occidentale. Ancora più inquietante il fatto che la Stasi raccogliesse e catalogasse gli odori corporei per identificare i «nemici del popolo». I campioni, prelevati durante gli interrogatori o trafugati dalle case dei sospetti, erano conservati e analizzati. L’utilità di questa pratica pseudo-scientifica è ovviamente dubbia, ma la ricerca fu ancora una volta utilizzata per favorire l’affermazione definitiva del socialismo, identificando e riducendo al silenzio i dissidenti.

Come ricordato da John Connelly, nella DDR fu data sin da subito grande enfasi alla crescita dell’industria pesante mentre, in parallelo, l’ideologia comunista si preoccupava di glorificare la ricerca scientifica e tecnologica. Si pensi, ad esempio, al 1953, anno in cui ci fu uno straordinario incremento del 463% nel numero di iscrizioni di studenti universitari di materie scientifiche rispetto al pur rispettabile +112% nel numero di studenti di filosofia, belle arti e lingue straniere. L’Accademia delle Scienze della DDR (Akademie der Wissenschaften der DDR) fu il più grande e importante centro di ricerca della Germania Est. Nota con il nome di Accademia Prussiana delle Scienze sino al 1972, essa fu caratterizzata in una prima fase, come fatto notare da Peter Nötzoldt, da un continuo dialogo, spesso costruttivo, tra gliesponenti della SED e gli scienziati, per poi subire in modo passivo le decisioni di forze totalmente estranee alla scienza e quindi poco competenti. Quando i membri del partito furono in grado di consolidare la loro influenza, infettando le istituzioni scientifiche, essi diedero un’impronta socialista all’Accademia, delegando allo stato l’individuazione degli obiettivi della ricerca.

Prima puntata: Scienza e Ostalgie nella Germania Est
Terza (e ultima) puntata: La DDR ed il mito dell’autarchia tecnologica

5 COMMENTS

  1. L’articolo è interessante ma la domanda “Come è possibile che ci siano ancora persone che rimpiangono il muro di Berlino e il socialismo reale?” mi sembra un po’ ingenua. O forse non la capisco bene io. Ma al di là della tremenda propaganda del tempo, non vedo perché non si possa prendere in considerazione il fatto che per molti – e non solo con il cervello centrifugato dal socialismo reale – la macina capitalista e consumista sia un male peggiore. Magari perché si è estesa a livello globale e non lascia scampo – allora almeno si sapeva che al di là del muro c’era un mondo “migliore”. O magari perché le tecniche di manipolazione e distrazione di massa delle società capitalistiche non sono poi tanto dissimili da quelle ex socialiste, anzi sono più sofisticate e quindi meno intellegibili e quindi più subdole e pericolose. O magari ancora che nel socialismo reale c’era un senso di comunità, per quanto distorto, che nel capitalismo viene a mancare e a frantumarsi in una miriade di individui solitari, meschini e privi di senso, il cui massimo scopo aggregativo sono la lobby finanziaria o l’associazione di stampo mafioso.

  2. Caro Gian Maria,

    ti ringrazio per il commento e per la tua analisi. Il capitalismo ha certamente molti (troppi?) difetti, sono d’accordo. In ogni caso, non è mia intenzione stabilire quale sia il modello migliore da adottare.

    Credo che la domanda a cui ti riferisci sia legittima ed esprima bene il mio stupore di fronte a un sentimento così particolare come quello dell’Ostalgie. È davvero possibile rimpiangere lo stile di vita della DDR, nonostante la evidente privazione della libertà di pensiero e di circolazione? In particolare, che ruolo può aver avuto la scienza in tutto questo?

    Il libro “C’era una volta la DDR” di Anna Funder spiega bene l’atmosfera di quei giorni: “Fonti ufficiose affermano che nella Germania dell’Est gli informatori al servizio della Stasi, la potente polizia segreta, fossero una persona ogni sei abitanti e nel dopo-1989, all’apertura degli archivi, con grande sorpresa si è scoperto quante famiglie allevassero al proprio interno informatori incaricati di riferire allo stato i pensieri e le aspirazioni dei propri familiari.”

    Quello descritto non mi sembra il migliore dei mondi possibili (lo stesso si può dire per quello capitalista), anche se ovviamente se ne può rimpiangere qualche aspetto.

    Grazie per avermi dato l’occasione di spiegare meglio il significato della domanda.

    Antonio

  3. “rimpianto di uno stile di vita rivelatosi poco competitivo e perdente rispetto al capitalismo”

    Come puó uno stile di vita essere poco competitivo e perdente?
    Sostituendo “stile di vita”=”economia” il discorso diventa ragionevole, peró …

    “essi diedero un’impronta socialista all’Accademia, delegando allo stato l’individuazione degli obiettivi della ricerca.”

    Formalmente tragico, ma cosa c’è di diverso dall’italia degli anni ’70? Da noi c’era (o c’é ancora, brrr) addirittura la chiesa a decidere le linee di ricerca!
    O forse vuoi dire che i politici della ddr facevano degli enti di ricerca quello che volevano? ma allora il problema non sta nel “socialismo” degli stessi, quanto nell’identificazione persona-potere

  4. I grandi Imperi, quelli veramente grandi non sono mai caduti per sconfitta militare, ma perchè implosi su se stessi, su un sistema ingovernabile o per corruzione. Implode su se stesso per corruzione l’impero Romano d’Occidente, Il Sacro Romano Impero, L’impero Spagnolo, L’impero Inglese e Francese ed infine l’Impero Sovietico. Imploderà su se stesso l’Impero Statunitense, imbattibile militarmente, ma con una civiltà sociale al collasso. Imploderà quaranta o cinquanta anni dopo quello sovietico, ma imploderà, perchè la sua mentalità capitalista ha portato ad una corruzione ingovernabile. Nel mondo occidentale non arricchisce chi sa lavorare, ma chi sa rubare, come è sempre stato in effetti nella storia.

  5. “Chi soffre di Ostalgie ha forse dimenticato la dittatura? […] Come è possibile che ci siano ancora persone che rimpiangono il muro di Berlino e il socialismo reale?”

    La domanda è sbagliata e frutto di un’ignoranza tutta occidentale che si ritiene così superiore che non accetta altri modi di pensare o fare. L’Ostalgie non è il rimpianto per la DDR, ma è il ricordo di una vita passata in altre circostanze che semplicemente non si vuole dimenticare. Dopo la caduta del muro la DDR si è occidentalizzata in brevissimo tempo. Solo col passare del tempo la gente si è accorta che stava perdendo la propria identità e l’Ostalgie è una reazione a questo rischio.

    Ci sono pochi prodotti della Germania orientale che riescono a competere con la concorrenza occidentale, allora lasciateli anche vivere. Nessuno comprerebbe oggi una Trabant, ma la Vita Cola invece non è cattiva. Quando compro i Knusperflocken non è che in realtà vorrei riavere il muro.

    Il film “Sonnenallee” finisce con una bella frase che dovrebbe far riflettere: “Se mi si chiede com’era: era il tempo più bello della mia vita, perché ero giovane ed ero innamorato.” Non è certamente un’affermazione politica. Bisogna vedere l’Ostalgie così, senza mescolarla con l’ideologia comunista.

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