Interviste

Klash, dall’Italia a Berlino un’app per sfidare il web

di Valerio Bassan
(articolo pubblicato originariamente su Linkiesta.it)

Cosa ci fa un annunciatore televisivo in mutande? Come mai una donna si sta lavando i denti in una fontana? E perché un uomo sta gattonando sul marciapiede, tenuto al guinzaglio da un altro uomo? Ci sono domande cui è difficile trovare una risposta: in questo caso, però, la risposta c’è, e si chiama Klash, un’applicazione fondata in Germania da un gruppo di ragazzi che permettere di sfidare – pardon, “klashare” – i propri amici e conoscenti “costringendoli” a mettere alla prova il proprio coraggio, la propria simpatia o, semplicemente, loro stessi.

L’idea alla base di Klash – modernizzare le tradizionali sfide lanciate tra amici al bancone del bar – è divertente, così come divertente è il suo primo spot, andato online soltanto poche ore fa. L’applicazione, disponibile sia su internet che (da oggi) sull’Apple Store, è una scommessa in cui pulsa tanto sangue italiano: il co-founder Alessandro Petrucciani ha 25 anni e proviene da Roma, mentre Emiliano Saurin, sviluppatore del progetto, è un trentaduenne nato in Argentina e cresciuto a Milano. Due percorsi diversi che si sono incrociati a Berlino, dove risiede oggi il quartier generale di Klash.

Ma la storia di Klash nasce altrove. Sulle spiagge di Fuerteventura, per la precisione, dove nel 2011 Alessandro, al tempo iscritto ad un Master di Economia Internazionale a Barcellona, si trovava per festeggiare la fine delle lezioni con due compagni di corso, l’austriaco Alex Napetschnig ed il turco-tedesco Baris Tamer. «Stavamo surfando, le onde erano alte. Baris, il meno bravo dei tre con la tavola, non voleva lanciarsi», racconta Petrucciani. «Per convincerlo lo abbiamo sfidato: se ce la fai, ti offriamo una birra. Luì accettò. Mezz’ora dopo, seduti sulle sdraio, mentre ridevamo della scommessa e Baris beveva la sua ricompensa, l’illuminazione: perché non offrire a tutto il mondo la possibilità di creare e condividere sfide interessanti e stimolanti?».

Da lì a decidere di creare una app, il passo è stato breve: la decisione di spostarsi a Berlino, vero cuore della scena startup europea, è venuta di conseguenza. É lì che Alessandro, Alex e Baris hanno conosciuto Emiliano: «Eravamo tre business guys alla ricerca di uno sviluppatore», ricorda Petrucciani, che (insieme a Silvia Foglia di Twago) a Berlino ha fondato DigItaly, un gruppo che riunisce periodicamente gli italiani impegnati localmente nel settore del web e dell’informatica. «Ho messo un annuncio sulla pagina Facebook del gruppo, dopo pochi minuti Emiliano ha risposto. Ci siamo conosciuti e abbiamo iniziato subito a lavorare insieme». Dopo due mesi, Klash era disponibile su Facebook in versione alpha; oggi è arrivato anche lo sbarco sull’Apple Store.

Ma come funziona Klash? L’utente ha due possibilità: sfidare direttamente un amico – a smettere di fumare, a mangiare vegetariano per un mese, a cantare “Like a virgin” di Madonna davanti al suo capo – promettendo in cambio un premio, oppure sfidare il resto del mondo, mettendo alla prova le proprie abilità in un determinato campo. Nel primo caso, la vittoria viene assegnata con una sorta di gentlemen’s agreement tra i due partecipanti; nel secondo, invece, sono i voti degli utenti a stabilire il vincitore. «Ovviamente per dimostrare la propria vittoria è necessario portare delle prove concrete», spiega Emiliano Saurin. «Per questo abbiamo implementato la possibilità di caricare foto, video e audio come testimonianza del superamento della prova».

Un’idea che i cinque Klasher (della squadra fa parte anche il designer tedesco Roland Heuger) hanno spesso dovuto testare sulla propria pelle. Come quella volta in cui Alessandro Petrucciani, per presentare l’applicazione, si è dovuto presentare in diretta nella trasmissione americana Twist vestito soltanto di un Mankini, il costume di Borat, per quello che è stato definito dal conduttore come “il miglior pitch della storia”. «L’idea è quella di coprire una fetta di mercato che per ora è scoperta», spiega Emiliano. «Per noi non è tanto importante il guadagno, in questo momento, quanto il fatto che l’applicazione diventi virale e venga utilizzata il più possibile. Anche per questa ragione abbiamo deciso di appoggiarci a Facebook».

Klash ha tutto pronto per diventare multilingue. Al momento, però, resterà soltanto in inglese: «Una scelta che ci permette di essere internazionali e, allo stesso tempo, più snelli», spiega Alessandro. «Al momento abbiamo un target mondiale, esteso e non localizzato», aggiunge Emiliano. Ora è tempo di testare la reazione degli utenti, forse il momento più importante ed atteso: «Grazie ai feedback che riceveremo cercheremo di rendere l’applicazione perfetta. Probabilmente ci vorranno dei mesi, ma è un passo necessario. Solo quando saremo sicuri al cento per cento del prodotto, ci occuperemo al cento per cento della parte economica». Intanto, sono molti i giornali che hanno parlato di loro, tra cui anche la “Bibbia” del settore, TechCrunch. Un buon modo per cominciare: «Questo è il nostro Klash, la nostra sfida. Non sappiamo come andrà a finire: sappiamo soltanto che faremo tutto il possibile per vincerla».

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