JFK disse davvero: “Io sono un bombolone”?

JFK
John Kennedy lascia la base aerea di Tegel (Berlino) con il cancelliere Konrad Adenauer e il sindaco Willy Brandt. Di lì a poco avrebbe tenuto il celebre discorso "Ich bin ein Berliner". Philip R Hunt, CC BY 3.0 , via Wikimedia Commons
di Valerio Bassan

26 giugno 1963. In un ufficio del Rathaus Schöneberg, allora sede dell’amministrazione di Berlino Ovest, il presidente americano John Fitzgerald Kennedy ripassa mentalmente i punti salienti di un discorso che passerà alla storia. Siamo all’apice della Guerra Fredda, nel suo luogo simbolo: un piccolo lembo di terra governato dagli alleati e circondato dalle forze sovietiche, un’enclave murata all’interno della Deutsche Demokratische Republik.

Poco prima di affacciarsi al balcone da cui terrà il discorso, davanti a migliaia di berlinesi, Kennedy chiede a Robert H. Lochner, il suo fidato interprete, di tradurgli una brevissima frase: I am a Berliner, io sono un berlinese. Il 35esimo presidente Usa vuole esprimere un concetto bene preciso, quello dell’unità e della fratellanza, attraverso uno slogan di democrazia e libertà. Vuole usare il tedesco, per rendere l’espressione ancora più efficace.

Pochi minuti dopo, quella frase (la cui pronuncia, Kennedy aveva annotato su un foglietto), echeggiò attraverso Rudolph Wilde Platz: «Duemila anni fa l’orgoglio più grande era poter dire civis Romanus sum. Oggi, nel mondo libero, l’orgoglio più grande è dire ‘Ich bin ein Berliner.’ […] Tutti gli uomini liberi, dovunque essi vivano, sono cittadini di Berlino, e quindi, come uomo libero, sono orgoglioso delle parole ‘Ich bin ein Berliner!‘ ».

Tutti applaudono, sorrisi emozionati si dipingono sui volti dei berlinesi, un boato invade la piazza. Eppure, per qualcuno, quel momento iconico sarebbe in realtà stato una grande, enorme, ridicola gaffe. Kennedy, infatti, non avrebbe detto “Io sono un berlinese”, ma “Io sono un bombolone”. Anzi, “Io sono un krapfen”. Così facendo, avrebbe suscitato l’ilarità dei tedeschi presenti e dato loro un motivo in più per sorridere, anche se non certamente voluto.


umorismo tedesco

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L’errore deriverebbe dal fatto che la parola Berliner, in tedesco, è l’abbreviazione comunemente utilizzata di Berliner Pfannkuchen, e cioè quello che in Italia (e in altre zone germanofone) è conosciuto come Krapfen: un dolce fritto, di forma circolare, contenente solitamente crema o marmellata, altrimenti detto bombolone.

Berliner

Per indicare la propria provenienza in tedesco, infatti, la dicitura corretta dovrebbe essere – secondo alcuni – priva dell’articolo indeterminativo: “Ich bin Berliner”, “Ich bin Brandenburger”, “Ich bin Frankfurter” e così via. La presenza di “ein”, renderebbe automatico il riferimento alla gustosa e ipercalorica frittella. Ma è veramente così?

In realtà, si tratta di una piccola distorsione storica. L’errore grammaticale, infatti, un errore non è – la frase di Kennedy ha tutto il diritto di essere considerata corretta. “Ich bin ein Berliner” significa effettivamente “Io sono un berlinese”, e ha senso logico soprattutto dal punto di vista storico in cui è stata pronunciata: nelle intenzioni del presidente americano, infatti, quella locuzione andava intesa come “anch’io sono un berlinese”, “sono uno di voi”.

Ad ulteriore conferma della tendenziosità della teoria che vorrebbe i berlinesi divertiti dalla gaffe di JFK, c’è un altro elemento importante: il “Berliner”, stavolta inteso come dolce, a Berlino viene chiamato semplicemente Pfannkuchen. L’aggettivo che ne denota la provenienza, infatti, è stato aggiunto in altre zone della Germania. Nessun berlinese, nel 1963, avrebbe colto l’ambiguità dell’espressione di Kennedy.

La correttezza linguistica della frase è stata da più parti comprovata (anche diversi studiosi di lingua e letteratura tedesca si sono espressi a riguardo). Le testate anglofone, tuttavia, rilanciano periodicamente la leggenda metropolitana del Kennedy-bombolone. Vedere, per credere, l’Independent di poche settimane fa.

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