Dobbiamo avere paura di Frauke Petry?

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di Mirea Cartabbia.

Petry: Naturalmente dobbiamo impiegare un numero sufficiente di agenti federali e non dobbiamo temere di respingere delle persone. Questo deve essere imposto, se necessario, anche con fortificazioni ai confini.

Intervistatore: Quanto alte dovrebbero essere le recinzioni?

Petry: Non dovrebbero permettere il passaggio! Guardi la Spagna, anche lì hanno delle recinzioni alte.

Intervistatore: Cosa succede se un rifugiato cerca di scavalcare la recinzione?

Petry: Allora la polizia deve impedire che il rifugiato calpesti il suolo tedesco.

Intervistatore: E se questo accadesse lo stesso?

Petry: Lei mi vuole portare (con questa domanda) in una precisa direzione.

Intervistatore: Glielo chiedo di nuovo. Come dovrebbe reagire un poliziotto di confine?

Petry: Dovrebbe impedire lo sconfinamento, se necessario, anche con l’uso delle armi. Questo lo dice la legge.

Intervistatore: Esiste in Germania una legge che prevede l’ordine di sparare alle frontiere?

Petry: Io non ho usato le parole “ordine di sparare”. Nessun poliziotto vuole sparare a un rifugiato. Anch’io non lo voglio. Ma la soluzione più estrema prevede l’uso di armi. È fondamentale che blocchiamo le entrate e freniamo il flusso dei rifugiati con accordi con l’Austria e controlli alle frontiere dell’UE.

Queste parole sono state pronunciate (o forse sarebbe meglio dire ribadite, visto che qualcosa di molto simile era stata già stata sostenuto a febbraio) in un’intervista al Morgenweb del 30 gennaio 2016 da Frauke Petry, leader del partito AfD (Alternative für Deutschland), nonché la donna che il The Guardian definisce come il “volto sorridente della rinascente destra tedesca”.

Effettivamente a prima vista Frauke Petry non include alcun timore: snella, capelli neri, possiede una voce quasi dolce e una capacità innata di riuscire ad esprimere concetti molto estremi in una maniera che sembra moderata, forse anche per il suo tono tranquillo.

Ma chi è davvero questa donna? E come è possibile che un partito che nel 2013 non aveva nemmeno raggiunto il 5% necessario per entrare nel Bundestag, abbia avuto un successo così grande alle elezioni regionali?

La scorsa settimana infatti i cittadini delle regioni del Baden-Wuettemberg, della Renania-Palatinato e della Sassonia-Anhalt hanno votato e l’AfD è riuscito ad entrare in tutti e tre i parlamenti regionali, ricevendo una percentuale di voti pari rispettivamente al 14,6%, al 12,3% e al 23,9%.

Petry è a capo del partito da luglio 2015, quindi da un tempo relativamente recente. La sua elezione non ha convinto tutti e, anzi, molti membri storici del partito, tra cui lo stesso fondatore, Brand Lucke, hanno preferito dissociarsi, non condividendo la deriva xenofoba che stava già prendendo piede nel movimento e che secondo loro con Petry non avrebbe potuto che peggiorare.

A onor del vero bisogna ammettere che l’AfD non è stato mai un grande esempio di tolleranza. Nato nel 2013 come partito anti-europeista, inizialmente muoveva aspre critiche agli expat sud-europei, seppur non certo con i toni che sono stati usati recentemente nei confronti dei migranti. La crisi e un certo sentimento di insoddisfazione dei tedeschi verso alcune politiche interne lo hanno fatto crescere. Però il vero aumento di consensi si è registrato dopo che i tedeschi hanno capito che la politica di apertura della Merkel verso i migranti era, ed è tuttora, mal gestita, e che ogni giorno si riscontrano delle difficoltà oggettive.

Petry non ha mai risparmiato critiche alla Cancelliera, ma nell’ultimo periodo i toni si sono fatti sempre più forti, visto che si è spinta addirittura fino a definirla “catastrofica” per la questione dei migranti.

Eppure Petry e Merkel hanno molto in comune sul piano personale: sono entrambe nate e cresciute nella DDR, di religione luterana e laureate in chimica. La Petry però è di un’altra generazione (è nata nel 1975), di quella che non crede più alle differenze tra destra e sinistra, e infatti ci tiene a ribadirlo spesso: Alternative für Deutschland è nato perché i cittadini erano insoddisfatti dei partiti esistenti, come movimento di protesta. Ma oggi, secondo Petry, è l’AfD ad essere il vero Volkspartei, il partito del popolo.

In effetti, il successo dell’AfD si spiega anche alla luce della grave crisi che affligge l’SPD, lo storico partito socialista, ormai considerato un “prolungamento” della CDU (il partito cattolico della Merkel). Stando ai media tedeschi a votare per l’AfD sarebbero stati in maggioranza gli “insoddisfatti” della politica dell’SPD, accusato di non fare più opposizione e nemmeno politiche di sinistra, e molti di coloro che non votavano da anni e che hanno visto nell’AfD un’occasione di cambiamento.

Il programma dell’AfD ha molti punti simili a quelli di altri partiti che sono considerati di estrema destra in Europa. A grandi linee: ripristinare i confini nazionali, limitare l’accoglienza dei migranti, uscita dall’euro o per lo meno una riformarlo assicurando un maggiore controllo ad ogni stato, non riconoscere i diritti agli omosessuali.

Le elezioni nazionali si terranno nel settembre 2017, in un futuro non troppo lontano. Alla luce degli ultimi avvenimenti, nessun risultato è scontato.

Sicuramente si può dire che uno spettro si aggira per l’Europa. Ma di sicuro non è quello del comunismo. Per fortuna almeno c’è l’Heute Show.

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