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Disabilità, inclusione e discriminazione a Berlino: un incontro per parlarne

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di Amelia Massetti

L’associazione Artemisia e.V. inklusion für alle ha come principio fondante la tematica dell’inclusione e la sua realizzazione in Germania, anche avvalendosi del sistema didattico sperimentato in Italia da oltre 40 anni.

L’Italia ha operato un atto a dir poco rivoluzionario, grazie allo psichiatra Franco Basaglia, istituendo la legge 180 del 13 maggio 1978, che ha dato inizio alla chiusura degli ospedali psichiatrici e in seguito delle scuole speciali o differenziate, così definite in quegli anni.
Ciò ha fatto dell’Italia il primo e sinora unico Paese al mondo ad abolire gli ospedali psichiatrici.

Questo percorso è iniziato dando vita a modalità di accoglimento della diversità differenti da quelle adottate fino a quel momento, idea portante su cui si fonda l’inclusione.
Con gli anni si sono attivate sperimentazioni varie sulla didattica inclusiva ipotizzando nuove metodologie, che hanno evidenziato la possibilità di sviluppo cognitivo delle persone con abilità differenti. Ed è proprio questa visione, legata alla ricerca di modalità innovative, a elevare l’uomo oltre i limiti della sua individualità, per integrarlo, con la sua diversità, all’interno di una comunità da cui non si senta escluso.

Artemisia e.V. Inklusion für alle, oltre ad essere una rete di consulenza e di supporto reciproco, accoglie nella sua rete le istanze dei genitori di figli diversamente abili e non, italo tedeschi e non solo, delle persone disabili e dei professionisti del settore che vivono in Germania, facendosi portavoce delle loro discriminazioni.

disabili
Photo by Honza Soukup

In questa veste siamo venuti recentemente a conoscenza del non inserimento di una bambina italo-tedesca con sindrome di Down in una scuola bilingue di Berlino. Come è possibile che questo avvenga senza possibilità per la famiglia di opporsi o di denunciare apertamente questa esclusione?

Nelle scuole bilingui italo-tedesche presenti a Berlino, gli insegnanti sono in parte italiani e hanno una formazione didattica e un bagaglio culturale sull’inclusione, risorsa rilevante per la Germania.
Come mai queste scuole non si fanno carico di essere un modello d’inclusione in un Paese che ha minori strumenti di esperienza sul campo? Se l’insegnante, che ha seguito un percorso di studio in cui l’inclusione è un valore irrinunciabile, nel momento in cui si trasferisce in un altro Paese si adegua a un sistema scolastico discriminatorio senza metterlo in discussione, non perde forse la sua etica professionale?

Photo by Honza Soukup

Forse un contegno simile in Italia verrebbe apertamente contestato, mentre, trovandoci in un paese come la Germania, il rischio della perdita del posto di lavoro crea delle paure profonde. Questo però va minare un processo di unificazione europea in base al quale i diritti di tutte le persone dovrebbero essere rispettati e le esperienze e competenze reciproche dei vari Paesi valorizzate, al fine di migliorare la qualità della vita non solo delle persone diversamente abili, ma dell’intera collettività.

Una società che non si fa carico dei diritti delle persone disabili e che esclude le fasce deboli, relegandole in un sistema diverso e separato, non è una società migliore. Alimentare le divisioni e le differenze tra i popoli non è lo scopo dell’Unione Europea. Al contrario attivare le risorse esistenti nel percorso d’inclusione dovrebbe essere il compito principale di coloro che ne hanno la facoltà, soprattutto all’interno di un Paese, la Germania, in cui l’accoglienza è ancora un dilemma esistenziale complesso e difficile.

Photo by Honza Soukup

Quindi ci auguriamo, come associazione, che si instauri un dialogo aperto e di confronto tra gli insegnanti italiani presenti in Germania e le istituzioni scolastiche tedesche, per evitare che le forze populiste di destra tedesche, emerse dall’ultimo confronto elettorale, blocchino il fondamentale percorso per il diritto alla partecipazione di tutte le persone, inclusi gli stranieri. Questo era l’obiettivo dei padri fondatori dell’Unione Europea, tra i quali italiani come Alcide De Gasperi e Altiero Spinelli, che ne hanno scritto la costituzione.

Questo principio deve essere affermato fortemente anche e soprattutto partendo dalle fasce più deboli, che potranno essere parte integrante di un processo di cambiamento solo se si sentiranno realmente rappresentate. L’inclusione è un percorso del divenire e non un affermazione statica stabilita sulla carta, per questo vanno attivate tutte le competenze e le risorse umane possibili.

La convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità, sottoscritta da 50 Nazioni (Stati Uniti esclusi), obbliga i Paesi contraenti ad adoperarsi per favorire “la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società delle persone disabili”.
Nel 2010 l’Unione Europea ha ratificato tale convenzione e ha stabilito che, entro il 2020, all’interno della Comunità Europea dovranno essere chiuse tutte le scuole speciali e dovrà essere favorita la partecipazione e l’accessibilità, sia motoria che di formazione, alle persone diversamente abili. Per accessibilità si intende: “la capacità dei sistemi informatici, nelle forme e nei limiti consentiti dalle conoscenze tecnologiche, di erogare servizi e fornire informazioni fruibili, senza discriminazioni, anche da parte di coloro che a causa della disabilità necessitano di tecnologie assistive o configurazioni particolari”.

Purtroppo con la scusa della mancanza di personale e di risorse economiche, spesso e volentieri le famiglie si vedono negare quello che è un loro diritto in Germania, e, talvolta, anche in Italia.

Alcuni contestano la Convenzione delle Nazioni Unite sull’inclusione, ritenendola inattuabile in Germania e ritenendola un pericolo per il sistema scolastico tedesco.
Michael Felten ad esempio, un docente di Colonia, nel 2017 ha pubblicato il libro “Die inklusionsfalle: come un’idea ben intenzionata rovina il nostro sistema educativo”.
In febbraio invece, in un convegno sul sistema scolastico tedesco, verrà dibattuto il cosiddetto “fallimento dell’inclusione”.

Photo by Honza Soukup

Invece di cercare di capire quali sono le strade da percorrere per migliorare il diritto alla partecipazione e all’uguaglianza, insomma, il rischio che corre la Germania è di ritornare a un percorso di separazione e divisione e quindi di innalzamento di muri di ogni tipo.
Avere dei diritti sulla carta non è una garanzia che questi vengano applicati, mentre le esperienze discriminatorie innescano una grande quantità di emozioni negative come la rabbia, lo svilimento, l’isolamento, il mutismo.

I diritti umani sono universali, indivisibili, inalienabili, si condizionano a vicenda e sono correlati. Non sono legati a condizioni e abilità. Non possono essere portati via. La loro base è la dignità dell’uomo.

Vi invitiamo perciò al prossimo incontro organizzato in collaborazione con CitizenKcenter, dove l’associazione Artemisia e.V. Inklusion für alle parlerà, insieme alle relatrici e ai presenti, del percorso sull’inclusione della Germania dal 2009 ad oggi e del nuovo progetto scolastico inclusivo attuato all’inizio di quest’anno scolastico dal Senato di Berlino.

Ulteriori informazioniQuando: martedì 12 Dicembre alle ore:18.00 Dove: Lychener Straße 53, 10437 Berlin Come: U2 Eberswalder oder Tram 12Tema: Dalla teoria alla pratica: il progetto di Inclusione scolastica a BerlinoIntroduce: Amelia Massetti Presidente di Artemisia e.V. Inklusion für alle Referenti: Alice Marchetto, vice presidente Artemisia e.V. Inklusion für alle Cordula Derwisch: socia di Artemisia e.V. Inklusion für allePotete trovare altre informazioni sull’evento facebook ufficiale.

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