Berlino non l’ha mai fatto
di Costanza Antoniella
[Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.]
(Catullo)
.INTRO.
“Un giorno, mia dolce e sensuale Berlino, diventerai mia.”
Orio al Serio, inizio gennaio 2009.
“A Bologna nevica, andate piano che non avete le gomme termiche.”
“A Bergamo piove, ci teniamo aggiornati e se ce la vediamo brutta ci fermiamo.”
Nel 2009 tutto era diverso, io ero diversa.
Solo una cosa mi era chiara, al termine della vacanza più triste della mia vita, perdevo un amore e ne trovavo un altro: Berlino.
Ignoravo però che mi ero innamorata di un’idea, il pensiero che Berlino fosse la città adatta a me e alle mie esigenze, che fosse facile, che fosse come l’avevo vissuta durante quel capodanno: troppo da turista per poterne cogliere l’essenza. Da ignorante mi sono fermata all’apparenza: la Berlino che non dorme mai, ma non tanto per quello che riguarda la night life, quanto piuttosto per la possibilità di mangiare a qualunque ora qualsivoglia pietanza.
Ho tentato, in un primo momento, di vincere la borsa di studio Erasmus, ma al colloquio sia io che il professore ci rendiamo conto quanto il mio tedesco, nonostante nove anni di scuola, sia in realtà penoso. A malincuore rinuncio a far domanda per la capitale tedesca e indirizzo la mia scelta su qualcosa di più consono alle mie conoscenze.
Budapest richiesta, Budapest vinta. Si parte. Prima esperienza all’estero trascorsa egregiamente, torno con la consapevolezza che undici mesi lontano da casa mi hanno cambiata, rimpatrio con la voglia di non rimpatriare, torno con la voglia di partire di nuovo, subito.
Ricomincia a farsi largo l’idea che nel lontano 2009 mi aveva accarezzato la mente, accompagnandomi nelle scelte che poi, tristemente, avevo dovuto mettere da parte. Così, in un freddo 13 febbraio di un anno fa, una Polo blu carica di valige ed entusiasmo, imbocca la Modena-Brennero direzione Berlino, solo andata.
.ODIO.
Berlino non è nulla di ciò che mi ero immaginata, Berlino non è l’ “El Dorado” della quale parlano i media italiani, Berlino non è la città all’avanguardia che descrivono i vari bloggettari importati dal Bel Paese, Berlino non è così open-minded come vogliono far credere gli “artisti” trasferitisi in cerca di non si sa bene cosa. Berlino è semplicemente diversa.
Mi chiamo Costanza, ho ventisei anni e sono una dei tanti “Italiani a Berlino”.
A differenza di molti, io ho combattuto per arrivare qua, non ci sono capitata “per caso” come ho sentito affermare da tante persone. Io non sono scappata da casa alla ricerca di una vita migliore, ho semplicemente raggiunto il mio amore. Sono partita senza voltarmi indietro, correndo tra le braccia di una puttana.
Berlino ti fa questo: ti seduce e fa l’amore con te, ma quando ti svegli, al tuo fianco non c’è nessuno, solo la solitudine e la consapevolezza che l’amore che provavi non era corrisposto.
Mi chiamo Costanza, ho 26 anni e Berlino non è la città che fa per me.
Mi sento delusa. Vivo costantemente in bilico tra sentimenti contrastanti: prima odio, poi amore. Io non la odio, ma non la amo più e la maggior parte delle volte provo rabbia e dolore nel vedere ciò che realmente c’è.
Le storie di disperazione che quotidianamente mi capita di ascoltare mi spezzano il cuore perché io mi sento sempre più distante da chi migra verso questa città, troppo idealizzata.
Provo rabbia quando vedo ragazzi disposti a fare i lavapiatti a Berlino e non in Italia. Provo collera nei confronti di chi parte senza un obiettivo, senza sapere una parola di tedesco e parlando a malapena l’inglese. Nutro odio nei confronti dei datori di lavoro italiani che sfruttano i loro connazionali e odio ancora di più i miei connazionali che si fanno sfruttare pur di non tornare in Italia, perché “in Italia non c’è lavoro”.
Lei ti nasconde tutto ciò, Lei non te lo dice mentre stai arrivando, carico di speranze e sogni che si sgretoleranno mano a mano che i giorni passano dentro ad un ostello, mentre cerchi casa e lavoro e non trovi né l’uno né l’altro. I soldi sono sempre meno e la lingua diventa sempre più un limite.
Mi sento delusa da quell’Italia che migra credendo di trovare la città perfetta. Non riesco a capire come si possa ancora vivere nella speranza di scoprire “La città del sole” (Tommaso Campanella, nda). Come si può essere così ingenui nel credere che a Berlino ci sia la pentola d’oro sotterrata dagli gnomi di Dublino? Io qui non ho mai visto l’arcobaleno, ma solo il muro.
.AMO.
Prima amore, poi odio, poi di nuovo amore.
Il cielo sopra Berlino è quasi sempre grigio d’inverno e la neve cade candida sulle strade ricoprendole di bianco. Magica sei quando immensa mi guardi e mi sussurri freddo pungente nelle orecchie. Cammino. Respiro. Mi emoziono. Ti guardo dai tuoi ponti, le gote si fanno rosse, lo spirito si riempie di te e in silenzio rimango a fissarti per ore, immersa nella tua storia e nel tuo dolore.
Berlino è cupa, è la città dei grandi vuoti. Il vecchio e il nuovo che convivono pacificamente nel suo triste orizzonte. A Berlino non si cammina per viuzze strette che separano imponenti palazzi settecenteschi e la storia che si respira non è quella trionfale di Londra o Parigi, ma quella tormentata di una città che fino a 25 anni fa viveva nel terrore.
Questo sentimento d’irrequietezza mi ha fatto innamorare di Lei. Io non l’avevo mai vista con il sole. Ci siamo annusate e ci siamo piaciute fin da subito, ricordo il sorriso che le ho dedicato appena atterrata a Schönefeld per la seconda volta, quando il trasferimento era ormai deciso e si trattava solo di capire come e quando sarebbe successo.
Se vuoi davvero comprendere questa città, la devi vivere di notte, quando le comitive di normali turisti vanno a letto e i giovani che giungono da tutto il mondo si scatenano e la fanno urlare.
Come urla, la puttana. Geme come una cagnetta in calore e si prepara a regalarti la notte più folle che tu possa vivere.
La scelta musicale è molto ampia, ma si sa che qui il must è la techno.
Ricordo l’emozione che ho provato la prima volta che sono entrata al Berghain, senza sapere nemmeno dove mi trovassi, ignorando di essere nel tempio della musica elettronica.
Berghain/Panorama Bar, Watergate, Chalet, Club der Visionaere, Hoppetosse, Tresor, Weekend quando si è amanti della musica e dei club, Berlino sembra il paese dei balocchi, ma quando questi luoghi diventano abituali, le emozioni scompaiono e il gioco dell’ “entro o non entro?” non fa più ridere, perché ormai la tua faccia la conoscono tutti e tu entri dovunque e allora tanto hai fatto e tanto hai detto che la Routine ti ha raggiunto in ogni caso, anche a mille chilometri di distanza.
E Lei l’ha fatto di nuovo, ti ha sedotto, ha fatto l’amore con te e poi ti ha abbandonato nella noia della mattina dopo, dello “Zurückbleiben, Bitte!”, delle biciclette che sfrecciano sulle ciclabili, dell’odore del Kebap, dello Spree ghiacciato e dei poveri che salgono sui vagoni della metro cercando di venderti il loro giornalino per qualche spicciolo.
Lei ti ha lasciato nudo, la magia è scomparsa e tu sei solo un puntino fra tanti e fra tanti cerca di crearsi uno spazio per vivere ed evitare di sopravvivere come fanno in troppi.
Perché Berlino non è meglio o peggio, è solo diversa, difficile e non ti regala niente, perché gli Open Air ci sono anche a Budapest e le birrerie cool ci sono anche a Londra. Perché l’erba si può fumare anche ad Amsterdam e il fotografo lo puoi fare anche a Santo Domingo.
.ODIO E AMO.
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Questo racconto breve è stato scritto da uno degli studenti di “Le Balene Possono Volare”, un progetto di Laboratori di Scrittura Creativa per Italiani che ha preso vita a Berlino nell’estate del 2013 per iniziativa di Mattia Grigolo.Per leggere tutti i racconti, cliccate qui.
Lo definirei senza dubbio un racconto forte. Bello, fa anche un pò male.